LA NOTA. Non conta se ci riuscirà o no: ma solo proporre Stefano Graziano segretario regionale PD è stato uno schiaffo che Enrico Letta ha dato agli intellettuali che combattono il modello De Luca

28 Marzo 2022 - 17:13

Probabilmente non ci riuscirà perché al momento sono nettamente contrari Umberto Del Basso De Caro, che da solo esprime più del 20% dei componenti dell’assemblea regionale, Gennaro Oliviero, il ministro Orlando e dunque la Sgambato, e anche Teresa Armato, che impegna dunque Franceschini nel veto al teverolese.
Di queste dinamiche abbiamo scritto solo in questo sommario perché vogliamo ragionare su altro, dato che per una volta una iniziativa interessante, quella attivata da Sales e Di Giovanni, ce lo consente

 

 

 

CASERTA (Gianluigi Guarino) – Il 9 marzo scorso, una ventina di intellettuali campani, certo non tutti implicati nel passato con la politica, hanno scritto una lettera molto dura al segretario nazionale del PD Enrico Letta.
Diciamo dura e non franca, perché l’uso di questo aggettivo nelle arcuate circonlocuzioni della diplomazia internazionale, significa che da un confronto tra capi di Stato o capi di governo o da capi di qualche cosa, non è venuto fuori nulla di concreto, al di là della franchezza dei contenuti reciprocamente esposti. Per cui, se definissimo “franca” la lettera, gli ipotecheremmo, con ogni probabilità, un destino infausto.

Gli intellettuali campani che hanno inviato la missiva a Largo del Nazareno, sono, come si diceva, una composizione variegata.

Nel senso che tra le firme c’è, ad esempio, quella di Isaia Sales, il quale, pur essendo un apprezzato professore, pur essendo un uomo di cultura in grado di elaborare analisi molto rigorose sulla ragion d’essere di tanti fenomeni degenerativi che affliggono il Meridione, è anche uno che la politica l’ha comunque fatta, avendo ricoperto funzioni di governo ai tempi di Bassolino; ma tra le firme c’è anche quella di Maurizio De Giovanni, scrittore che riesce ad avere un rapporto orizzontale, semplice, con la gente comune, con il popolo, anche grazie alla sua particolarissima passione per le sorti del Napoli Calcio che, come ben noto, rappresenta un marchio di trasversale empatia nel capoluogo partenopeo e fuori da esso.

Per cui, se Isaia Sales può anche essere tacciato di tendenziosità più o meno consapevole nel momento in cui bolla duramente il modello di governo dell’attuale presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, non certo un amico di Bassolino, molto più preoccupante è, per il PD e per Enrico Letta, la posizione assunta da Maurizio De Giovanni che non ci sembra abbia, almeno per ora, espresso o mostrato ambizioni politiche.

Da uno come De Giovanni, infatti, puoi aspettarti una valutazione più obiettiva, legata ad un’analisi degli eventi così come questi si sviluppano e, sviluppandosi, come questi appaiono agli occhi di uno che il Pd e il centrosinistra li vota riconoscendosi nei loro valori costitutivi, in un processo che nel caso specifico, cioè quello di un intellettuale che non fa politica, vale il triplo, in considerazione della sua capacità di riconoscere culturalmente quei valori e di riuscire, avendo gli strumenti cognitivi, la sensibilità e anche una certa distanza emotiva per farlo, a confrontarli con le prassi correnti attraverso cui questo partito, che De Luca tratta come lo zerbino di casa sua, si mostra ai campani.

Qualche giorno dopo la pubblicazione della lettera, il segretario regionale del Pd Leo Annunziata si è dimesso. Non abbiamo letto le motivazioni addotte e neppure ci interessa granché farlo.

Magari la decisione è maturata per motivi diversi e non collegati alla lettera degli intellettuali, ma la cosa fa poca differenza, dato che la stessa è arrivata in questo particolare momento dentro a una questione politica sollevata e soprattutto dentro alla disponibilità, almeno a parole enunciata da Enrico Letta di occuparsi dei temi e dei nodi sollevati da Sales, De Giovanni, ecc.

Le dimissioni di Annunziata diventano fattualmente, dunque, una componente fondamentale di questa storia e non è assolutamente necessario o importante certificarne le motivazioni ufficiali.

Citiamo solo un passo breve della lettera, ritenendolo di gran lunga il più significativo: “(…)Sotto De Luca il Partito è a pezzi, parvenze di segretari dirigono le segreterie locali, alle elezioni il simbolo non c’è, a Salerno è una segreteria personale di Piero De Luca. Il suo giovane amico Enzo Luciano, è oggi segretario del Pd salernitano e capostaff del sindaco con lauto stipendio. Non è proprio un bell’esempio per le migliaia di giovani che vanno via ogni anno per cercare lavoro. Gli stiamo dicendo che basta essere un amico dei De Luca per trovarlo, o bisogna essere figlio di De Luca per vincere i concorsi all’Università?…Ma soprattutto ti chiediamo: come pensi di sostenere le ragioni del Sud e al tempo stesso di tollerare questa deriva regional-sovranista, clientelare, familistica, affaristica?(…)”

Sono questi i punti più interessanti della missiva.
Più interessanti di quelli, certamente non infondati, che attengono alle modalità espressive, ormai largamente degenerate, di un governatore che parla ai suoi corregionali come se si trattasse dei suoi sudditi (purtroppo anche perché in larga parte voglio esserlo) e non di un popolo che, attraverso i valori della cittadinanza, diventa esso stesso promotore di potestà.
Consideriamo la parte citata come la più importante in quanto fondamentale per commentare lo sviluppo degli avvenimenti così come questi sono maturati all’indomani delle dimissioni di Leo Annunziata.

Noi che non abbiamo la necessità impellente, essendo il nostro un giornale provinciale, di seguire le notizie di agenzia, i comunicati stampa della politica napoletana e regionale, ma non per questo non siamo in grado di codificare le azioni di chi la politica fa in questa Regione, ci eravamo convinti, dopo aver legato, quasi per via naturale, le dimissioni di Annunziata all’iniziativa degli intellettuali, di non aver ben interpretato il corso degli eventi.

Ciò è successo quando il nome di Stefano Graziano è circolato come opzione privilegiata per la successione di Leo Annunziata nella carica di segretario regionale del PD.
Eh no, abbiamo detto anche ad alta voce, cosa c’entra Stefano Graziano con gli intellettuali e con le questioni da essi sollevate nella lettera a Enrico Letta?

Nulla, a meno che questa nostra valutazione sia frutto di una conoscenza del soggetto in questione ad appannaggio degli intellettuali, i quali forse non hanno compreso che la risposta alle loro contestazioni, costituita dall’avvento alla segreteria regionale di Graziano, avrebbe reso solo più sottile, più mestierante, l’esercizio del potere così come questo è stato fino ad oggi interpretato dal governatore De Luca.

Perché Stefano Graziano, mestierante collaudato, è uno che ci sa fare con la dichiarazioncina quotidiana stereotipata e con il bon-ton di superficie, insomma uno potenzialmente capace di trovare il modo, a colpi di latinorum, di dividere il fronte degli intellettuali mettendo in mezzo qualche amico comune o l’apparente signorilità della sua postura ed esposizione politica.

Tutto ciò che gli intellettuali contestano, infatti, è nel DNA e, da qualche anno, è anche nelle prassi strumenti cardinali del Graziano-politico in versione casertana.
Magari, mentre ‘sto Leo Annunziata appare un fessacchiotto che comunque va apprezzato per la sincerità della sua inazione, Graziano costituirebbe un bonificatore, un ingentilitore del modello De Luca che, ricordiamo, è colui che gli consente, ancora oggi, di portare a casa un po’ di soldi ogni mese grazie a uno di quegli incarichi evanescenti, cioè esistenti solo sulla carta (concreti solo nel bonifico che ne deriva), che serve a ristorare i politici trombati.
Ecco perché abbiamo pensato che il nome di Graziano fosse uscito fuori da dinamiche diverse da quelle innescate dai temi esposti dagli intellettuali.

Però…ebbene sì, c’è un però: Enrico Letta è stato parte attiva nella messa in opera dell’ipotesi di Stefano Graziano.

Il segretario nazionale da un lato ha dichiarato di essere attento alle cose scritte dalla società civile culturale e acculturata e ha detto che quella lettera diventerà “lettera viva e non lettera morta”, dall’altro lato ha messo in opera una dinamica esclusivamente politicista nel momento in cui si è affezionato all’ipotesi di Stefano Graziano che, avendo fino al 2014 dovuto operare solamente sul piano delle cosiddette relazioni romane, ha costruito e consolidato rapporti soprattutto con gli ex democristiani oggi importanti esponenti di altri partiti, che hanno condiviso con lui in passato un comune percorso politico, magari tra i giovani democristiani.

Ci chiediamo se possa essere essere semplicemente la ricerca di un punto di equilibrio meramente meccanico, meramente politicista, la risposta a quello che gli intellettuali scrivono.

Ci pensiamo un attimo e rispondiamo che no, non può.

Per questo abbiamo pensato che la dinamica su Graziano non c’entrasse nulla con quella di Sales, De Giovanni, ecc.

Ma, scusate il gioco di parole, Enrico Letta quella lettera l’ha letta, e nel momento in cui innesca un meccanismo che deve ritenere necessariamente di trovare una prima risposta a quelle ragioni nell’individuazione di una figura che si sappia far rispettare con De Luca, è come se il segretario nazionale appallottolasse quei fogli e li spedisse nel cestino del suo ufficio, accontentandosi (per l’appunto politicisticamente) solo del fatto che Graziano, da ora alle elezioni politiche, risponderebbe a lui personalmente, ma solo – aggiungiamo noi, integrando il calcolo di Letta – ricevendo in cambio una candidatura sicura con impegno preso già da ora.

In caso contrario, a colpi di “Ciao Enrico, adesso ti spiego, il problema è un altro, il tema è…”, Graziano continuerebbe a svolgere la sua attività come l’ha svolta negli ultimi anni, quando, pur venendo da una storia e da necessità diverse, non ha esitato a sporcarsi le mani, adattandosi meravigliosamente bene (a proposito di DNA) al contesto locale, soprattutto a quello dell’agro aversano, dove ha realizzato operazioni, scriveremmo, politicamente turpi ma ci limitiamo a un “poco commendevoli”.

Operazioni come quella che ancora oggi consente a una presidente quale Raffaela Pignetti, che con cento o duecento esempi documentali abbiamo dimostrato non all’altezza, non professionalmente all’altezza (non abbiamo mai trattato il caso come un fatto personale, a differenza sua) di gestire il Consorzio Asi, ormai divenuto terreno di coltivazione degli interessi della famiglia Canciello, trapiantata da Frattamaggiore, che con Graziano ha stretto un rapporto personale, il quale ha sbilanciato totalmente le iniziative, la gestione delle risorse dell’Asi, a favore del comparto industriale di Aversa Nord, abbandonando e desertificando completamente tutto il resto delle aree industriali della Provincia.

Non sappiamo se Letta conosca il modo con cui Graziano ha fatto politica a Caserta negli ultimi anni.
Sappiamo, invece, che Letta, al di là della non punibilità giudiziaria di questi episodi, su cui noi mai abbiamo espresso dubbi, non si metterà mai ad incontrare un giorno sì e l’altro pure – così come Graziano, atti giudiziari alla mano, ha fatto durante la campagna elettorale del 2015 – Alessandro Zagaria, che ancora oggi, dopo la condanna di primo grado, gioca la sua partita con la Dda, che continua ad essere convinta della sua contiguità al clan dei Casalesi.

Ma è proprio sicuro, sicuro sicuro, il nipote di Gianni Letta, di conoscere bene Stefano Graziano? Conosce il modo con cui “ha fatto i voti” alle elezioni regionali del 2015 e poi a quelle del 2020?
Non stiamo dicendo che quei voti siano stati conquistati in maniera tecnicamente, giuridicamente illegale, per carità; ma quei voti sono frutto di una interpretazione rigorosa dei modelli di comportamento, rozzamente clientelari e affaristici, elemento costitutivo dell’iniziativa epistolare degli intellettuali di area PD e per questo motivo da noi scelti come stralcio da citare testualmente.