LA NOTA. REGGIA DI CASERTA ed Invitalia, una partenership sul nulla culturale. Un fiume di parole e nessuna idea di valorizzazione

20 Marzo 2021 - 17:00

Caserta – (pasman) Brutte nuvole si addensano sulla Reggia, che fanno presagire tempi burrascosi. Almeno dal nostro punto di vista.

Non ci riferiamo tanto alle relazioni sindacali, che a dir poco stentano, sebbene costituiscono parte non secondaria della gestione del museo, com’è intuibile anche per un profano, e delle quali, tuttavia, il direttore Maffei non sembra voler darsene per inteso. E’ appena dell’altro ieri la dura nota che pubblichiamo (in basso), con cui le organizzazioni di rappresentanza del personale lamentano unanimemente e per l’ennesima volta, al sovraordinato Segretariato Regionale di Napoli, l’operato del d.g. della Reggia. La quale, nonostante la formale interruzione delle relazioni  dichiarata dalle sigle sindacali – di cui abbiamo dato notizia a suo tempo ai lettori – le ha convocate irritualmente l’altro pomeriggio  su alcune materie di contrattazione, come se nulla fosse. Era prevedibilissimo, a questo punto, che la riunione andasse deserta.

Ma a parte tale questione sindacale, dicevamo, vogliamo riferirci alla ben maggiore preoccupazione, che attiene alla politica museale, almeno secondo quanto si annuncia dalle comunicazioni e dai tanti segnali che vengono dal palazzo reale. Politica che si può riassumere nell’intento di rendere la Reggia diversa da tutto quello che è o che dovrebbe propriamente essere. Snaturandola tanto da renderla attrattiva per start-up

ed investimenti privati, di cui parrebbe non si possa più fare a meno per stare al passo con una presunta modernità dei beni culturali, il cui primo scopo sarebbe quello di fruttare economicamente.

Intanto tra i segnali, dei tanti di cui si diceva, la rintronante fanfara mediatica per tutto quello che, di più banale ed ordinario, concerne il complesso museale. Resa possibile, evidentemente, da un giornalismo – stampato, radio-televisivo e digitale – poco critico ed aduso alle veline. Gli emblematici servizi del TG3 Campania – regionale di nome, ma ultranapolicentrico – sulla Reggia di Caserta ne raccontano sempre e solo meraviglie, anche quando imperversa la polemica ad opera di osservatori indipendenti e quasi sempre esterni.

La Peschiera Grande durante i lavori di pulizia di anni fa, con l’invaso svuotato completamente dell’acqua

Mai che si parli di iniziative o attività culturali appropriate al livello del monumento, al posto della manutenzione o della pulizia del momento, che è bastato finanziare e che vengono spacciate per straordinarie. Alla sistemazione della Peschiera Grande, con una informazione orchestrata, è stato fatto assumere il carattere di evento, il quale ha tenuto banco nella cronaca anche nazionale per giorni. Si è vantato un intervento che pare non venisse effettuato da ben cinquanta anni, ma molti ci hanno raccontato di più lavori di sistemazione eseguiti nel corso di questi anni e persino durante l’epopea Felicori. Comunque sia, siamo sempre nell’ambito della comune logistica.

Circa gli annunci, quello più recente ed inquietante pubblicizza la partnership intervenuta tra la Reggia ed Invitalia, l’agenzia nazionale per lo sviluppo, di proprietà del Ministero dell’Economia, quella retta, per intenderci, da Domenico Arcuri, il quale speriamo che lì, per carità di patria, abbia fatto e faccia meglio di quanto gli è riuscito da neo defenestrato commissario straordinario antiCOVID.

Nel suo sito, Invitalia, senza un minimo di esitazione o di imbarazzo data la natura affatto diversa dell’istituto museale, proclama « Invitalia e Reggia di Caserta, insieme per fare impresa ».

Con questo, fa il paio la pubblicazione dei cosiddetti Bandi di Valorizzazione Culturale. Che non si capisce bene a che cosa si riferiscano, anche perché descritti con una prosa iniziatica, richiamando incomprensibili e fumosi criteri di sostenibilità, peraltro fuori contesto.

La melassa espositiva è tale che la Reggia così si riferisce a se stessa: “l’Istituto si pone l’obiettivo di superare la visione del Museo quale mero contenitore di eventi, per affermare il ruolo di officina culturale e creativa, luogo di costruzione culturale sulla base di progettualità condivise”. L’officina come nuovo paradigma culturale casertano e la progettualità condivisa, qualunque cosa voglia dire, nuovo mostro populista nel solco del progettista collettivo !

Il grottesco si raggiunge quando viene posta la condizione che i progetti sollecitati con i bandi realizzino iniziative di elevato spessore culturale – non meno, viene da dire -, purché compatibili “…con i 17 obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030”. I quali obiettivi di sostenibilità invocati, se uno li consulta, riguardano solo di tangente la cultura, quanto piuttosto la povertà, la salute ed il benessere, la discriminazione di genere, il clima e via discorrendo.

Leggendo questi fatti a contrario, si ha l’impressione che la direzione della Reggia ammetta di non aver idee credibili per la valorizzazione appropriata e confacente del monumento e si prepari ad imbarcarvi chi voglia, anche per affari più o meno camuffati.

In questa prospettiva, presto il palazzo Reale potrebbe trasformarsi, da ente di alta cultura, in parco di divertimenti, in cui, come si è sentito dire senza avvertirne il ridicolo, si potranno, per lo spasso di grandi e piccoli, attivare, grazie a tante start-up, le barchette telecomandate alla Castelluccia o noleggiare le barche a remi nella Peschiera Grande. Barche già nell’idea di Felicori, la quale venne coram populo censurata a quel tempo sciagurato.

Questo, il manifesto che ci inventammo, per ridere, all’epoca dei Martedì alla Reggia, poi soppressi, manifestazione che aveva la stessa ispirazione dei Bandi di Valorizzazione Culturale di oggi

Qui, scusateci, ma dobbiamo autocitarci. Questo dicevamo per paradosso, quando il predecessore emiliano della Maffei piegava la Reggia allo sfruttamento commerciale più spinto: “…non è detto che si sia toccato il fondo, perché, come usa dirsi, al peggio non c’è mai fine. Chi ci assicura che qualche fervida mente manageriale della direzione museale, in questo clima di pochezza, non organizzi una Escape room nella sala del trono, un Bungee jumping dal balcone reale, o un Labyrinth games nell’appartamento di Murat. E nel bosco e nel parco non si tengano combattimenti di Paintball (la guerra con i fucili che sparano palline di vernice gialla) o i più pacifici nascondino alla Castelluccia, la caccia al tesoro o la corsa nei sacchi …”.

Ne è venuto il momento?  Di questo interroghiamo la città ed i suoi intellettuali, ma soprattutto quel convitato di pietra che è il Comitato Scientifico della Reggia di Caserta. Da poco rinnovato, come il precedente sembra tuttavia muto.

Con i nostri enormi limiti, un’indicazione utile sul piano della valorizzazione autentica della Reggia ci siamo già permessi di darla: quella sul presepe borbonico. La ribadiamo, anche perché al riguardo, presto, ospiteremo un’interessante intervista accordataci dall’Associazione                                                                                   Italiana Amici  del Presepio.

 

Il comunicato sindacale di cui parliamo nell’articolo