LA STORIA DI ANTONIO. “La mia malattia ai reni ereditata da papà”. Perché i comuni sulle donazioni di organi possono salvare delle vite

21 Ottobre 2019 - 19:40

CASAGIOVE (l.v.r.) – Non è facile per un cronista, o almeno per un aspirante tale, raccontare cosa significa per una persona vedere la propria vita già segnata attraverso i solchi disegnati da un proprio genitore. E non parliamo di un avvocato, figlio di avvocato o di un ragazzo che diventa notaio, perché figlio di un notaio. Antonio, che non è un cronista, è molto più bravo di me a raccontare cosa si prova. Sarà che lui la malattia del rene policistico la vive sulla sua pelle da quando era giovanissimo. “Questa malattia è ereditaria” – spiega Antonio – “io l’ho saputo che avevo più o meno 16 anni e da quel momento ho capito che dovevo conviverci“. Questo ragazzo di 27 anni, lavoratore di un’azienda di Nola che si occupa di logistica, cerca di far capire a me, giornalista appassionato di attualità ma totalmente estraneo a qualsiasi nozione di medicina, la differenza tra un rene “classico” e uno policistico. “Immagina che il tuo rene sia grande al massimo come un pugno, il mio, se si formano molte cisti, può crescere e persino superare la grandezza di un pallone, e arrivano a pesare fino a più di 10 chili.“.

Antonio attraverso la gestualità prova a farmi capire la differenza. Poi passiamo a parlare della cosa che lui ha più ha cuore, la questione donazioni di organi.

In tutto ciò io mi ritengo fortunato, perché la malattia del rene policistico, rispetto ad altre patologie, non è così grave. Però capita di pensare al peggio e ci sono giornate in cui non ce la fai ad alzarti dal letto“. Questa frase mi incuriosisce personalmente e gli chiedo il perché-. Lui, come se se lo aspettasse, risponde al volo: “Guarda ti spiego, ero dal barbiere qualche giorno fa, è un ragazzo parlando del rinnovo della carta d’identità, ha fatto riferimento alla possibilità di inserire la dicitura donatore di organi sopra al documento. Il ragazzo – racconta Antonio – è sembrato quasi inorridito. Infatti ha detto qualcosa del tipo: non voglio, mi fa impressione“.

Questo giovane, che che pare tutto tranne che malato di una patologia importante, sembra accendersi quando si parla della questione della donazione degli organi. “Per me è molto importante, c’è molta ignoranza, sia da parte delle persone comuni che delle istituzioni. Penso che si possa continuare questa battaglia, costa poco e salverebbe la vita a diverse persone.” Durante la conversazione, questo punto mi coinvolge quasi personalmente. Mi lascio andare ad un inelegante, ma apprezzato dal mio interlocutore: “Tanto all’aldilà gli organi non ci servono“.

Ad un certo punto però, cercando di limitare al minimo il barbaradursismo, non trattengo la curiosità e gli chiedo come vede la possibilità di seguire le orme e le cure che il padre sta attraversando in questo momento. Attualmente il genitore, sempre per la malattia del rene policistico, ricordiamo, ereditaria, è in dialisi: “Luigi – mi dice candidamente Antonio – credo che questa sia la mia più grande paura. Io so che tra qualche anno starò male, so anche che la medicina sta studiando delle soluzioni, ma non sarà facile e non saranno accessibili a tutti. Questo significa che probabilmente, tra qualche anno, spero lontano, io dovrò fare un trapianto di reni. Diventerò una di quelle persone che passeranno la vita in cura. Perché – conclude Antonio – una volta che ti operano e ti inseriscono un organo, tu sarai per sempre sotto cura. Il rischio di un rigetto, di un’infezione, o non so che cosa, è sempre dietro l’angolo“. Durante la conversazione, di digressioni ce ne sono molte, parliamo del suo lavoro, parliamo del mio lavoro, discutiamo della Casertana e della possibilità di lavoro per i ragazzi la nostra età.

Alla fine io questa intervista l’ho voluto fare per lasciare un messaggio. C’è tanta ignoranza sulla questione trapianti e donazioni di organi. Io spero solo che chiunque legga questa intervista, ne senta discutere, inizi a capire l’importanza di questo gesto, che può sembrare inutile, ma che dal quale dipende la vita di tanti.

La conversazione si conclude. Ci salutiamo e ci diamo appuntamento per un altro caffè. Tornando a casa, però, ho l’impressione di non aver capito qualcosa. Ovviamente non immaginavo di riuscire a rendermi conto di che cos’è un rene policistico, poiché qualsiasi cosa che non sia calcio e battute sui politici, mi risulta di difficile comprensione. Quello che non riesco a capire è come, ancora oggi, ci sia una difficoltà nell’accettare la possibilità di donare gli organi. Può capitare a tutti, come mi spiegava Antonio raccontandomi di un suo parente, che un giorno ci sia il bisogno di operarsi con un “pezzo di ricambio“. E in quel caso bisogna sperare che il suo messaggio sia arrivato a più persone possibili.

PER INFORMARSI:

Associazione italiana per la donazione di organi

Associazione Italiana Rene Policistico