LA STORIA. Operaio muore dopo incidente. 15 anni, cinque giudici e il processo all’imprenditore a un passo dalla prescrizione

12 Febbraio 2024 - 16:20

Due parti, due famiglie che aspettano una risposta che, in pratica, rischia di non arrivare. C’è chi è imputato da un decennio, in attesa di conoscere la sua sorte e c’è chi, invece, vuole sapere se un proprio caro è morto per responsabilità di qualcuno o di un evento totalmente fortuito

ALVIGNANO (l.v.r.) – Non c’è molto ottimismo sul destino del procedimento penale a seguito della morte di Gianfrancesco Carullo, spirato dopo una caduta da un carrello elevatore utilizzato come una specie di scala, in un drammatico incidente sul lavoro del maggio 2009.

Non c’è ottimismo perché gli avvocati della famiglia della vittima, il legale aversano Marco Monica e un’avvocata, tra l’altro, parente di Carullo, ritengono fortissimo il rischio della prescrizione, della chiusura del processo, incardinato a Santa Maria Capua Vetere, a seguito del raggiungimento dei termini massimi relativi al reato di omicidio colposo.

Come detto, la storia prende il via nel 2009 e vede come imputato un imprenditore ora 54enne, originario di Alvignano.

Le udienze negli anni si susseguono e, ad otto anni dall’inizio del procedimento, il giudice Urbano, viste le risultanze processuali, quello che era emerso dai vari dibattimenti, decide di rinviare al pubblico ministero gli atti per una nuova formulazione del capo di imputazione.

Questo perché, durante le udienze, era emerso come P.A., l’imprenditore imputato per omicidio colposo, non solo era ritenuto colpevole di non aver rispettato gli obblighi di sicurezza sul lavoro, previsti dal decreto legislativo 81 del 2008, ma avrebbe avuto anche una responsabilità attiva nell’incidente.

Secondo quanto scritto dal giudice, infatti, all’imprenditore va imputato un fatto diverso, ovvero di essere stato lui alla guida del carrello dal quale poi avvenne la caduta fatale di Carullo. Nuovo fatto, quindi, nuovo capo d’imputazione. Ed è ciò che metterà nero su bianco il giudice.

I tempi, qui, si allungano, visto che pubblico ministero deve riformulare sostanzialmente l’accusa.

L’avvocato Monica, quindi, resosi conto che i tempi si stavano allungando, sollecita la procura prima e il tribunale poi, “proprio in considerazione dell’arrivo del termine della prescrizione“, spiega a CasertaCe il professionista che da anni segue la vicenda.

Fissata l’udienza preliminare davanti ad un nuovo giudice, però, quest’ultimo deve rinunciare, a causa di un cambio della sua posizione e il processo arriva al collega Dessì.

Il giudice Dessì è costretto a rinviare spesso le udienze, perché oberato di lavoro anche in corte di Assise. A questo punto – spiega l’avvocato Monica – mi vedo quasi costretto, con il dottor Dessì che comprende benissimo la situazione della famiglia Carullo, a chiedere la nomina di un altro giudice“, ovvero il quarto.

Viene nominato il giudice Meccariello. Ma anche qui ci sarà un rallentamento, visto che “si è dovuto astenere, poiché aveva seguito la vicenda in qualità di gip“, spiega l’avvocato Monica.

Siamo al giudice numero cinque. E siamo anche arrivati ai giorni nostri, il giudice monocratico Pacelli sarà l’arbitro nominato che dovrà stabilire le responsabilità di quanto avvenuto, a 15 anni dal terribile avvenimento.

Una situazione al limite dell’incredibile, con una famiglia che ha perso una persona cara che aspetta da oltre un decennio di sapere se c’è la responsabilità di qualcuno sulla morte del loro parente, una famiglia che aspetta una verità processuale da scrivere, almeno in primo grado.

Dall’altro lato, però, c’è un imprenditore che è innocente, innocente fino al terzo grado di giudizio, che dagli stessi anni vive in una sorta di limbo infinito, in cui non sa se sarà condannato, se ne uscirà intonso da questa storia, oppure se – al momento l’ipotesi più probabile – un giorno il termine di prescrizione chiuderà la storia processuale, non dando più nessuna risposta né alla parte civile, né a chi si trova sul banco degli imputati.