L’ASL DI CASERTA va sciolta dal Prefetto e vi spieghiamo il perchè. TUTTI I NOMI di altri 20, tra medici e impiegati che rubavano nel progetto…..”Super cazzola”

12 Marzo 2021 - 13:05

Perche’ l’ordinanza ha retto di fronte ai ricorsi al tribunale del Riesame. La diffusione capillare del malaffare del comportamento criminale tanto abituale da essere diventato fatto normale, giustificherebbe ampiamente l’intervento dell’autorità di governo. L’UOMO DI FIDUCIA, IL LUOGOTENENTE DI SALVATORE E PEPPE STABILE, GUADAGNO’ 30MILA EURO EXTRA DA INFERMIERE IN POCHI MESI. E anche su come si mosse l’allora dg MARIO DI BIASIO abbia qualcosa da dire e da scrivere

 

CASERTA – (Gianluigi Guarino) Non stupisce, almeno non stupisce noi che queste vicende le raccontiamo da una vita, il fatto che il tribunale del Riesame di Napoli abbia sostanzialmente certificato la bontà dell’indagine, compiuta dalla Procura della Repubblica di Aversa-Napoli nord che ha coordinato il lavoro dei Nas dei carabinieri di Caserta, per effetto della quale diverse persone sono state raggiunte da ordini di arresto attraverso custodia cautelare da consumare presso il proprio domicilio.

Tra questi, un alto dirigente dell’Asl di Caserta, cioè l’ormai ben noto (in realtà, fino a qualche settimana fa, lo conoscevamo solo noi e i nostri lettori) Luigi Carizzone, per anni e anni padrone assoluto del Dipartimento di Salute Mentale della citata Asl e ancora diverse persone con cognomi conosciuti, partendo da quello di Antonio Stabile, figlio di un altro onnipotente e intoccabile, cioè il ras (nel senso letterale del termine) della Fials Salvatore Stabile, e arrivando a quello di un imprenditore di grande consistenza economica, cioè il sessano Michele

Schiavone, re delle residenze sanitarie assistenziali per anziani o Rsa che dir si voglia e padre di Massimo Schiavone, ex presidente del consiglio comunale di Sessa Aurunca e candidato del Pd alle ultime elezioni regionali.

L’ordinanza ha retto perchè i nomi più influenti, cioè quello di Carizzone, quello di Michele Schiavone, quello di Antonio Stabile ma anche di tanti altri, hanno incrociato il diniego del tribunale del Riesame dei ricorsi presentati dai loro difensori. Trattandosi di un’indagine molto ampia che coinvolge decine e decine di soggetti, la casistica suggeriva, infatti, di essere prudenti e di non considerare assolutamente scontato l’esito del Riesame da parte dei magistrati della libertà del tribunale di Napoli.

Non siamo rimasti stupiti dall’esito citato, perchè sin dalle sue prime pagine, questa ordinanza che noi possiamo ben valutare, avendone lette (di ordinanze di ogni genere) nella nostra vita professionale centinaia, contenenti a loro volta centinaia di migliaia di pagine, ci è apparsa solida perchè tutta la struttura, il reticolato delle intercettazioni telefoniche ed ambientali compiute, non ha rappresentato il fulcro, ma solo l’utile e dovuto complemento delle richieste che i pubblici ministeri hanno formulato al tribunale. I Nas hanno, infatti, raccolto quintali di documenti che dimostrano in tutta evidenza l’esistenza di quei gravi indizi di colpevolezza, architrave irrinunciabile dell’applicazione di misure cautelari di compressione della libertà personale.

Anche nello stralcio che pubblichiamo oggi, che chiude la parte relativa ad un progetto Asl attorno al quale sono stati costruiti i reati di falso ideologico del pubblico ufficiale, di truffa e di peculato, si comprende la solidità dell’impianto accusatorio.

Giusto per fare un esempio, nel capo di imputazione provvisorio numero 14 si fa riferimento alla situazione di un dipendente Asl a tempo determinato, individuato nella persona di Maurizio Martucci, il cui nome, in questa sorta di orgia del ladrocinio più disinibito e smaccato, era finito tra quelli meritevoli di una somma di danaro, frutto del raggiungimento degli obiettivi del progetto extra orario di lavoro.

In realtà questa attestazione riguardava una persona, proprio il Martucci, che nel periodo certificato da Carizzone, non era neppure in servizio, motivo per cui non è indagato, mentre quando in servizio si trovava, non risultava da nessun documento la sua partecipazione a progetti del dipartimento.

Dunque, nell’ordinanza è finita una vicenda, che va, come si suol dire, a corroborare l’accusa, dimostrata documentalmente e, dunque, incontestabilmente.

Accennata in maniera necessariamente molto sommaria, altrimenti ci vorrebbe un libro, la ragione per cui come raramente capita in ordinanze di questo tipo, il Riesame ha confermato le misure per la stragrande parte degli indagati, veniamo alla brevissima trattazione dei due capi di oggi.

Brevissima perchè lo schema è sempre lo stesso. Ci siamo soffermati un attimo sulla denominazione del progetto extra orario di lavoro: “Sviluppo di azioni progettutali diversificate, rivolte all’utenza con disagio psichico, da effettuarsi all’interno delle strutture territoriali residenziale ed ospedaliere del Dipartimento di Salute Mentale dell’Asl di Caserta“.

Ci avete fatto caso? Se non siamo di fronte ad una super cazzzola, poco ci manca. La genericità della definizione del progetto non è casuale ed è proprio finalizzata a creare ab origine le condizioni per evitare uno stringente, effettivo controllo degli obiettivi raggiunti. Che cazzo significa “sviluppo di azioni progettuali diversificate“? Sviluppo di cosa? Di quali azioni diversificate? Ma già l’aggettivo “diversificate” è proprio un succedaneo della super cazzola, perchè può significare tutto e può significare nulla. Serve a rendere evanescente il quadro di merito dei progetti, in modo che quando il Carizzone portava i suoi attestati, come accadde nell’aprile del 2017, nell’area gestione risorse umane, diventava complicato contestare i suoi attestati.

Aaahhhh, quel Mario Di Biasio, indagato anche lui in questa circostanza, ma che sicuramente se la caverà di nuovo, com’è successo in altre indagini! E’ uno attento, furbo, chirurgico. Di fronte ad un esposto, evidentemente molto circostanziato e dunque sicuramente proveniente dall’interno del sistema che Di Biasio non poteva non conoscere, lui non si fa sorprendere e attiva formalmente tutto quello che deve attivare per evitare contestazioni dirette: mette su carta protocollata e timbrata una ispezione, convoca Carizzone, in questo caso spogliato dell’abito di batterista e vestito con quello dell’acquaiuolo e gli chiede se gli obiettivi che lui dichiara di aver raggiunto, siano stati realmente colti.

‘Acquaiuo’, l’acqua è fresca?…..“, va bè, su questo punto caliamo,per il momento, un velo di pietoso silenzio. Ovviamente nella galleria degli indagati che si aggiungono agli altri già elencati nell’ultimo nostro articolo, sempre relativo al progetto “super cazzola”, la parte del leone la fa sempre lui, naturalmente Raffaele Ferrantino, cioè l’uomo di fiducia, in pratica l’ombra di Salvatore e Peppe Stabile, cioè della Fials e di quell’area politica che il secondo, in questa circostanza candidato sindaco di Forza Italia, dopo esserlo stato, se non andiamo errati, nel centrosinistra nel 2007, rappresenta da decenni nella città di Aversa.

Stavolta, al Ferrantino vengono liquidati 5.161,29 euro. Un trattamento che riteniamo abbia sovrastato la cifra della sua busta paga, pur irrobustita dallo scontato riconoscimento di una posizione organizzativa. Dunque, ricapitoliamo un attimo: Ferrantino intasca 5.161 euro per il progetto “super cazzola”, che si vanno ad aggiungere ai 23mila e passa euro pure liquidati per prestazioni in realtà non realizzate presso le Rems (capo 7) cioè le residenze per l’esecuzione di misure di sicurezza, definite comunemente con il loro acronimo Rems, in pratica le strutture che hanno sostituito gli antichi lager manicomiali. Soldi spalmati in 12 buste tra l’aprile 2016 e il giugno 2018.

Ratei da 1.980 o da 1.700 euro che con ogni probabilità erano, come già scritto prima, superiori al suo stipendio. Insomma, una porcheria tale da far sospettare che i 30mila euro che Ferrantino ha incassato nel corso di poco tempo, visto e considerato che l’ultima rata, quella di giugno 2018, è molto distante dalla penultima, risalente al novembre 2017 (il capo 13 di cui ci occupiamo oggi e il già citato capo 7 in un nostro precedente articolo), non rimasse a suo completo appannaggio.

D’altronde Ferrantino era veramente un soldato, al punto che quando Peppe Stabile lo chiamò affinchè si candidasse e dunque tramutasse in voti elettorali le sue relazioni di presidio all’interno del sindacato Fials, lui rispose “signor sì.”

Per quel che riguarda tutti gli altri indagati, che al netto di Ferrantino e compreso Carizzone, sono 20 e si sono spartiti circa 39mila euro, vi invitiamo a consultare i nomi negli stralci che pubblichiamo in calce a questo articolo. In verità i nostri conti, o meglio la nostra somma, dei capi 13 e 14 differisce da quella della Procura, la quale estrae un totale di 35mila euro circa che al netto dei soldi di Ferrantino diventano poco più di 30mila euro, non rispondenti però alla serie degli addendi dell’addizione fatta con le cifre che, nella stessa ordinanza, vengono imputate ad ognuno degli indagati e che è pari a 44mila euro che con i 5mila già considerati a parte, relativi a Ferrantino, si attesta sui suaccennati 39mila euro.

Aggiungiamo un’ultima cosa che riteniamo però molto importante: contate quanti dipendenti dell’Asl di Caserta, dell’area sanitaria ma anche dell’area amministrativa, precisamente degli uffici Risorse Umane, Economato eccetera, sono stati coinvolti.

Vi accorgerete che si tratta, dunque, di “un sistema” che si auto blindava, che si auto alimentava, che si auto rigenerava costantemente, attraverso un regime di omertà specifica, dato che chi ruba insieme, difficilmente se non è coartato, parla e denuncia. Ma voi lo sapete che di fronte a questo sperpetuo, alle decine e decine di dipendenti dell’Azienda sanitaria locale di Caserta arrestati, indagati ed appartenenti ad ogni livello professionale, esistono tutte le condizioni per commissariare l’Asl casertana? Perchè, lo sappiamo noi, come lo sa bene anche la Prefettura di Caserta, che un’azienda pubblica, a maggior ragione se si tratta di un’azienda sanitaria, non vede sciolti i suoi organi dirigenti solo a causa di infiltrazioni della malavita organizzata, come successe ad esempio per l’ospedale civile di Caserta.

Anche una diffusa, capillare penetrazione criminale, ci riferiamo alla criminalità comune, una espansione dei comportamenti illegali nel tessuto connettivo dell’azienda, è requisito già sufficiente, come eventualmente poi, se c’è qualche imbecille che, come al solito, fa il fenomeno, dimostreremo, leggi e norme alla mano.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA CON I CAPI 13 E 14