L’EDITORIALE. Un bimbo di CASERTA su un biglietto attaccato all’alberello di via Mazzini: “Desidero che mio padre non beva e che prenda un lavoro”. Una nostra riflessione

5 Dicembre 2018 - 11:16

di Gianluigi Guarino

Ci buttiamo un pò la zappa sui piedi, perchè, com’è ormai arcinoto, il masochismo è una nostra irreversibile scelta di vita. Per cui esprimiamo qualche perplessità, sicuramente fuori dal coro, sul fatto che un bigliettino tra quelli appesi all’alberello interrato in un vaso all’angolo di immissione tra Piazza Vanvitelli e via Mazzini, sia diventato carne da social.

Chiariamo subito che questa non è una critica di tipo passatista, non è la difesa di una tradizione millenaria, com’è quella del Natale, a cui si associano tante iniziative complementari, come questa dei bigliettini sotto agli alberi; una tradizione da preservare a tutti i costi ingaggiando in possibili battaglie culturali, da una contaminazione che il passatista, inconsapevole di esserlo, definisce modernista, nelle nuove tecnologie.

No, non è questo. Il problema che sarà difficilmente mitigabile è rappresentato dal fatto che il social, per sua composizione biologica, al di là degli enunciati ipocrito-buonisti di chi li ha inventati, non può che essere esagerato, non può che essere un amplificatore anche rispetto a cose che riceverebbero benefici da una loro esponenziale amplificazione.

La storia è quella di un biglietto, scritto evidentemente da un bambino, nel quale vengono affidati ai possibili prodigi del Natale le prospettive di una famiglia. Il bimbo chiede al Natale che suo padre non beva più ed ottenga un posto di lavoro.

Rispettiamo, evitando eccessi di analisi sociologica, chi ha la necessità di esprimere pubblicamente la propria commozione e l’impatto che questa tenerezza può determinare su un’anima sensibile. A noi che un po’ scafati e disincantati, rispetto a queste cose, lo siamo, piacerebbe guardare oggi ad un facebook concreto, attivo, con meno messaggi melodrammatici, totalmente finalizzati a se stessi, e con più disponibilità al sostegno delle necessità di questo bambino e della sua famiglia.

Attenzione, un’altra insidia dell’antico e non esinto esercizio iper retorico dei giorni di Natale, purtroppo, esiste. E bisogna ragionarci un poco su.

Un’insidia, frutto della commistione non salutare, e purtroppo armonica, tra l’antico esercizio temporaneo-buonista dei giorni di Natale e l’enfasi casinara; un frutto il più delle volte amaro e incommestibile delle varie e variopinte umanità che si incrociano nella giostra impazzita del social forum, il quale, beninteso, va difeso ad oltranza, perchè non ha colpe se, in un esercizio di liberalismo radicale e compiuto, fa miliardi a palate, specchiandosi nei pregi e nei difetti del genere umano, piegandoli meravigliosamente ai propri interessi.

Per cui un utilizzo concreto, effettivamente costruttivo, del combinato tra i pur effimeri afflati natalizi e la potentissima attitudine di propagazione dei pensieri rappresentata da facebook, potrebbe essere quella di collegare l’interesse di qualcuno che può, di qualcuno che, leggendo questo articolo o imbattendosi nel post che pubblichiamo in calce, o in quelle che saranno le sue migliaia di diramazioni, in termini di condivisioni e di commenti, trovi la motivazione per porsi il problema di affrontare e di alleviare la sofferenza di questo bambino e della sua famiglia, mettendo a disposizione un serio e concreto posto di lavoro.

Ma non lo deve fare oggi 5 dicembre, nè il 20 dicembre, men che meno il 27 e neppure il 6 gennaio. Deve aspettare febbraio, quando le note sognanti del bianco Natale saranno definitivamente disperse dalla corsa forsennata, il più delle volte consumistica, verso altre situazioni, verso altre atmosfere, magari ribaltate verso un individualismo che fa apparire l’ultimo Natale distante, non due mesi, ma 20 mila anni.

Perchè solo se lo farà a febbraio la questione potrà essere affrontata con un effettivo, solido, serio senso di solidarietà. Questo papà non deve avere un posto di lavoro solo perchè suo figlio lo ha chiesto al Natale. Il buonismo acritico, emotivo, irragionato e irragionevole, non ha mai prodotto risultati destinati a durare nel tempo. Questo papà e sua moglie, la sua compagna, un cugino o un figlio più grande, devono essere convocati da questa persona di buona volontà che prima di assumere una decisione o di esprimere un atto di disponibilità, deve capire realmente quale possa essere la prospettiva di questa famiglia, rispetto alla concessione di un posto di lavoro al papà del bimbo della lettera. 

Ci chiediamo noi, e dovrà chiedersi chi si renderà eventualmente disponibile: questo papà sarà in grado di affrontare realmente il problema della sua dipendenza dall’alcol, che, a monte di ogni discorso sul lavoro, va risolto definitivamente, per amore di suo figlio? Capirà, questo papà, che, partendo da zero, dovrà anche accettare eventualmente un lavoro che non gli piace, iniettandoci dentro disponibilità e forza in modo da rendere stabile il suo sostegno alla crescita e alla felicità del suo bambino o del suo ragazzo?

Per appurare questo, non serve che, sull’onda emotiva del combinato (in)disposto del “è un bellissimo Natale, sapore di mandorle…” e la mozione degli affetti iperamplificata di facebook, chiamare quest’uomo e, senza sapere se l’alcol è causa o effetto della circostanza di non avere un lavoro, dargliene uno a prescindere, in modo da poterlo scrivere su facebook e, tra folle plaudenti di ‘likers’, con tanto di fotografie e nomination di filantropo dell’anno e, ci aggiungiamo anche il nostro premio, di ipocrita ed esibizionista del secolo.

Sì, ancora una volta, ci siamo dati la zappa sui piedi. Perchè molto più comodamente, avremmo potuto risparmiare energie, utilizzandole per trovare 4 notizie sulle solite tre puttane, due papponi e 4 lacchè, garantendoci il pane quotidiano delle visite e dei contatti a buon mercato. E questa notizia l’avremmo potuta trattare uniformandoci perfettamente al senso comune dell’universalità retorica di questo periodo.

Ma è più forte di noi: abbiamo ragionato a lungo, perchè il peggiore dei conformismi, è fare gli anti-conformisti a prescindere. Ecco perché, senza pretendere certo di possede la verità in tasca, abbiamo tentato, ovviamente senza riuscirci, la missione impossibile di razionalizzare il Natale del ventunesimo secolo e il social di un’umanità, più che dolente, di sicuro indecentemente ipocrita.

 

QUI SOTTO IL POST LASCIATO SU FACEBOOK CON IL BIGLIETTO