L’INTERVENTO. Salvatore Minieri:”Io, giornalista minacciato dalla camorra, nulla so, da 6 anni nulla so del processo in Appello contro i figli di Vincenzo Lubrano
17 Agosto 2024 - 20:31
Volentieri pubblichiamo integralmente la nota scritta dal nostro collega che denuncia un fatto autenticamente sconcertante
Da sei anni siamo in attesa dell’Appello, dopo la condanna del luglio 2018 a carico dei fratelli Giuseppe e Gaetano Lubrano, figli del defunto boss Vincenzo che, nel 2011, mi minacciarono affinché non scrivessi più nulla sul conto del clan da loro capeggiato e sull’espansione sospetta degli interessi mafiosi nella zona Asi di Pignataro Maggiore
Il processo, scaturito da una mia circostanziata denuncia alle Forze dell’Ordine e da dichiarazioni rese al Sostituto Procuratore Antimafia, dottor Giovanni Conzo, si è concretizzato nella condanna in primo grado a carico dei due esponenti del clan mafioso di Pignataro Maggiore. L’anno dopo, nel 2019, sono stato insignito del Premio Alma per i valori professionali espressi dall’Ordine dei Giornalisti della Campania e dall’allora Procuratore Nazionale Antimafia, dottor Federico Cafiero de Raho e, a seguito di questa terribile vicenda, sono stato convocato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Prof. Giuseppe Conte.
Da allora, nonostante un sollecito da parte dei miei legali, il processo si è arenato, dopo le dichiarazioni di persone – chiamate a testimoniare dalla difesa dei Lubrano – definite dai magistrati false e “striscianti”; volte, cioè, a screditare pesantemente la mia credibilità umana, professionale e morale. Da sei anni non si riesce a fissare una data per l’Appello, nonostante la contestazione ai due imputati dell’articolo 7 l. 203/1991, l’aggravante mafiosa.
Di concerto con i miei legali, stiamo preparando una sollecito al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, dottor Nicola Gratteri e un appello all’Ordine dei Giornalisti della Campania (al quale sono iscritto in qualità di Giornalista Professionista) per giungere alla conclusione di questo difficile percorso non solo giudiziario, ma umano e civile per la mia persona.
Se si chiede ai giornalisti di avere la schiena dritta e di operare sempre tra minacce e ambienti pericolosi, bisogna anche assicurare la certezza delle pene a carico di chi rende il nostro cammino professionale rischioso e addirittura pericoloso per la nostra incolumità. Altrimenti, la battaglia contro le mafie resterà un mero esercizio di retorica e propaganda politica.