L’omicidio di corso Umberto a Casal Di Principe. Dopo oltre 20 anni, sotto accusa il killer Giuseppe Setola e i fratelli Aniello e Raffaele Bidognetti

12 Agosto 2020 - 16:47

CASAL DI PRINCIPE (Tina Palomba) – Il 20 luglio di 23 anni fa, un giovane manovale fu freddato con due colpi di pistola alle spalle mentre passeggiava sul Corso Umberto di Casal Di Principe. A distanza di tanto tempo il colpo di scena,  la verità sarebbe venuta a galla sugli autori del delitto di Domenico Zippo, firmato anche questo dal clan dei Casalesi. E’ stata fissata l’udienza preliminare per il 5 novembre prossimo presso il tribunale di Napoli per i presunti autori dell’omicidio. Secondo le accuse della Dda di Napoli, il pubblico ministero Simona Belluccio sono finiti sotto accusa: Aniello Bidognetti, difeso dall’avvocato Emilio Martino, il fratello attuale collaboratore di giustizia Raffaele Bidognetti, difeso dall’avvocato Giuseppe Tessitore, Giuseppe Dell’Aversano, difeso dall’avvocato Paolo Caterino, e Giuseppe Setola, difeso dall’avvocato Paolo Di Furia.
All’epoca, il delitto del giovane Zippo, dagli inquirenti fu inquadrato nell’ambito della faida tra il gruppo Bidognetti e Schiavone. Il giorno prima dell’uccisione del manovale, sempre a Casal di Principe e sempre sul corso Umberto, era stato ucciso nella sua auto, Nicola Cirillo detto Nicola o’scuppettiere. Cirillo, un dipendente comunale già condannato nel 1980 per estorsione e rapina, che secondo gli inquirenti era legato al clan di Francesco Bidognetti, era sulla sua auto, ferma davanti al semaforo rosso. Proprio lì lo attese il suo assassino e fece fuoco sulla sua Mercedes. Zippo, stessa sorte, ucciso per mano di un killer solitario. Determinante per la ricostruzione del delitto del manovale  è stata la confessione del pentito Raffaele Bidognetti. Un ruolo di primo piano nel delitto fu affidato, secondo le accuse di Bidognetti, al super killer Giuseppe Setola. Oggi Setola è detenuto al carcere duro nel penitenziario de L’Aquila. Colui che fu anche chierichetto in chiesa, condannato come lo spietato esecutore delle stragi di Castel Volturno e di tanti omicidi, da ragazzo frequentava proprio l’Azione cattolica, dove qualche volta serviva Messa. Poi, il passaggio veloce nelle fila del clan dei Casalesi dove ricevette subito il mandato di super killer.
Tanti omicidi prima dell’arresto e dopo la fuga, nel corso della latitanza.  Tra un omicidio e l’altro il boss banchettava in un noto ristorante napoletano, “L’Aramacao” sul lago d’Averno, dove una società ‘Country Club’ nel 1991, tramite Gennaro Cardillo, imprenditore napoletano (già condannato perché considerato prestanome del boss Setola del clan dei Casalesi)  aveva acquistato il noto locale sullo specchio d’acqua citato da Virgilio nell’Eneide. Nel curriculum criminale di Setola non è mancato proprio nulla, insomma, come l’eclatante fuga a bordo di un monopattini nelle fogne di Trentola o le foto che lo ritraevano bendato con un bastone per far credere che fosse cieco. Ora vive al 41 bis nel carcere duro aquilano con tutte le super super meritate restrizioni del caso.