L’ORO DELLA CAMORRA E’ ANCORA INTATTO. Incredibile: Carmine Schiavone controllava una società di nome SANDOKAN SCARL
7 Dicembre 2019 - 14:10
CASAL DI PRINCIPE (g.g.) – Carmine Schiavone, nipote di Elise Schaivone e dunque anche cugino di Vincenzo Petillo Schiavone, possiede una ditta individuale e sulla carta nulla più, ma è in grado di formulare un’offerta di 4 milioni di euro alla Ambra Med srl per rilevare il 16% delle quote di cui quest’ultima era titolare all’interno di Cea spa, società che, tra le altre attività, gestisce il grande biodigestore per il trattamento della frazione umida dei rifiuti nella città do Caivano. Ed è proprio da una denuncia di Cea che parte l’accurata indagine della Dda, che ne assegna la titolarità all’allora Pubblico ministero Anna Maria Lucchetta, divenuta successivamente Procuratore della repubblica di Nola. La Cea resiste perché si rende conto di chi sia Carmine Schiavone. Ma l’offerta è formulata in maniera tale che questa resistenza possa durare fino ad un certo punto. Il valore nominale corrispondente al 16% delle azioni è, infatti, di 1.416.ooo euro. Carmine Schiavone, ripetiamo, titolare di una semplice ditta individuale e di qualche incarico di consulenza, di liquidatore e di sindaco supplente di alcune societò tra cui una intitolata Sandokan
Il resto dello stralcio che pubblichiamo oggi ribadisce e approfondisce ciò che abbiamo scritto già nell’illustrazione dei capi d’imputazione provvisoria. La figura centrale, il fulcro dell’indagine si chiama Carmine Schiavone, che da un lato costruisce un rapporto con Orlando Vicigrado, Orlando Fontana e Francesco Natale, i primi due costruttori edili, il terzo imprenditore nel settore delle forniture ad ingrosso per igienici della casa, dall’altro con una pletura di piccole imprese che lui muove in diversi comuni della provincia di Caserta, magari non attenzionatissimi dai riflettori della cronaca. Comuni che abbiamo già elencato nell’articolo di ieri (QUI LA LISTA).
Capitolo interdittiva antimafia: la prima riguarda la Riva Bianca srl. Per il momento non è precisato se Carmine Schiavone abbia avuto o meno quote al suo interno, ma è certo che lui è stato vicepresidente del consiglio di amministrazione e che questo abbia inciso nella decisione della prefettura di Caserta sull’interdittiva.
Ultimo passaggio importante relativo al primo filone, cioè quello che mette insieme Carmine Schiavone con la triade Visigrado-Fontana-Natale nell’affare della costruzione del centro polifunzionale di Portico di Caserta, per il quale risultano indagati il solito ingegnere Piccirillo e il direttore dei lavori Merola, entrambi portichesi. Da questi lavori era stata estromessa la Giomar, riconducibile attraverso l’intestazione fittizia, a Carmine Schiavone, affiorava un contenzioso tra questi imprenditori, la cui mediazione si gioca sul terreno dell’intervento pacificatore di elementi della criminalità organizzata.
Per il momento ci fermiamo qui, ma come abbiamo scritto ieri, questa è una vicenda enormemente interessante per i fatti narrati ma soprattutto per quello che rappresenta nella delineazione di una camorra e di un clan dei Casalesi che nelle sue strutture economiche è ancora fondamentalmente intatto.