Luigi Cassandra e Michele Zagaria, coppia Las Vegas. Busta gialla per busta gialla, ecco come l’assessore di CAMORRA mandava i soldi al boss. TUTTI I TIPI DI ENTRATA

30 Ottobre 2019 - 13:35

TRENTOLA DUCENTA – Entrando nel merito dei fatti, occorre, a questo punto, dopo aver scritto tanto sulla vita e le “opere” di Luigi Cassandra, politico e imprenditore di camorra, un vero e proprio virtuoso della versatilità criminale, narrare cose concrete. Come faceva i quattrini Luigi Cassandra e come onorava il patto economico e societario con Michele Zagaria?

Il boss utilizzava solo fedelissimi. Lo fece soprattutto da quando considerò Mario Iavarazzo, l’uomo di cui stiamo scrivendo tantissimo in merito all’ordinanza sui tabelloni delle mega affissioni, inaffidabile come gestore della cassa comune dove finivano i soldi provento delle estorsioni di tutti i gruppi del clan dei casalesi. Mario Iavarazzo era stato designato da Nicola Schiavone e dagli Schiavone più in generale.

In poche parole, Michele Zagaria decise a un certo punto di gestire in proprio larga parte di quella cassa, almeno per quanto riguardava i proventi delle sue attività criminali, che essendo vaste e composite, erano anche in grado di determinare proventi, forse più grandi di quelli raccolti dagli altri gruppi. Da quel momento in poi si servì solo di fedelissimi: prima Giovanni Garofalo che com’è noto lo ospitava spesso, proteggendo la sua latitanza, successivamente Attilio Pellegrino. Ed è proprio quest’ultimo a svolgere la funzione di cassiere nel periodo in cui il rapporto tra Michele Zagaria e Luigi Cassandra decolla.

Sono gli anni precedenti al 2010. Sono gli anni in cui Cassandra diventa, con l’amministrazione Nicola Pagano, un vero e proprio dominus della politica trentolese. I soldi che girano sono tanti. Il discorso di Night & Day arriva dopo. Prima ci sono le estorsioni lucrosissime agli imprenditori del mattone a cui Cassandra forniva un servizio che potremmo definire full optional. Accoglieva la loro richiesta di costruire, la gestiva con spericolate variazioni della destinazione d’uso delle aree. Insomma si occupava di tutto quello che c’era da fare per ottenere la concessione edilizia. Dopodiché chiamava l’imprenditore e diceva che occorreva versare il 4, 5% dell’importo dei lavori alla camorra, al clan dei casalesi, di cui lui era considerato da ognuno di questi imprenditori, un affidabile colletto bianco a cui rivolgersi per ogni necessità senza andare a parlare con gli uomini che i camorristi li facevano in strada, direttamente.

Inutile dire che oltre a questa particolarissima forma estorsiva, c’erano anche gli affari diretti che Zagaria e Cassandra facevano insieme. E anche in questo caso, venivano acquistati terreni agricoli a pochi euro al metro quadro. Dopodiché venivano trasformati in aree edificabili, con conseguente decuplicazione del loro valore, e poi questi venivano venduti per insediamenti di cooperative, per lottizzazioni. Inutile dire che questo tipo di operazione produceva introiti altissimi.

Incassi che però dovevano essere trasformati in danaro contante. Evidentemente Cassandra sapeva come fare, se è vero com’è vero e come racconta Attilio Pellegrino, quest’ultimo prendeva in consegna sempre e comunque delle buste gialle piene di soldi. Un’operazione che avveniva, nella maggior parte dei casi, all’interno delle cucine del Night & Day.

Pellegrino descrive anche la collocazione degli immobili all’interno del plesso polifunzionale, indicando con precisione anche quelli che ospitavano la residenza e il domicilio di Cassandra e della sua famiglia, con vista piscine. Anche Pellegrino fa riferimento a una vicenda di cui Nicola Schiavone ha già parlato da pentito: l’iniziativa solitaria ed estemporanea di Salvatore Laiso, uomo affiliato storicamente agli Schiavone, che si presenta da Luigi Cassandra chiedendogli soldi a titolo di estorsione. Cassandra se ne lamenta con Michele Zagaria e Michele Zagaria evidentemente ne parla a Nicola Schiavone. A Pellegrino non risulta che Laiso abbia riscosso un solo euro. Sappiamo invece che Nicola Schiavone afferma di averlo messo da parte in quanto reso inaffidabile dall’uso costante di droghe.

Cassandra non ha mai pagato estorsioni, almeno nella definizione classica del termine. Pellegrino racconta che lui era “un compagno” e dunque un appartenente, un intraneo, un uomo del clan dei casalesi. Per cui, sugli affari personali suoi, mandava, così come il pentito lo definisce testualmente, “un regalo” al suo socio.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO CON LE DICHIARAZIONI DI ATTILIO PELLEGRINO, SENTITO NELL’UDIENZA DEL 3 MARZO 2015