L’ultima lista (la più recente) dei 19 boss detenuti e stipendiati. Perché Zagaria e i bidgnettiani restano fuori

16 Novembre 2019 - 19:25

CASAL DI PRINCIPE (g.g.) – Spesso ci siamo occupati degli stipendi che al cosiddetta cassa comune delle estorsione e degli altri traffici criminali del Clan dei Casalesi hanno garantito ai detenuti al 41 bis, ai loro congiunti e, in misura inferiore, anche ad altri detenuti non ristretti al carcere duro. Il collaboratore di giustizia Salvatore Orabona ci consente di aggiornare dati e tabelle onomastiche, arrivando ad un’epoca tutto sommato recente: la tarda primavera 2016. Subito dopo Orabona fu arrestato e lui stesso afferma che le informazioni contabili risalgono proprio a quei giorni. Tutto viene deciso e tutto viene definito in quello che è stato,forse, il summit di camorra più importante degli ultimissimi anni. Si svolse, come abbiamo già scritto in un precedente articolo, a casa della madre di Salvatore Fioravante, dunque a San Marcellino. Lì, con una sorte di coordinamento garantito da Giacomo Capoluongo, vengono ripresi i fili di quella che potremo considerare una sorta di ragione sociale del clan: l’assistenza ai detenuti e alle loro famiglie, partendo, primi tra tutti, dai boss.

Alla riunione, oltre a Capoluongo, Orabona e Fioravante, c’erano anche Michele De Santis, il famoso Gerardo di cui non si riesce a stabilire il cognome nell’ordinanza, Aldo Bianco, Giuseppe Cantone, Ernesto De Luca ed Emilio Martinelli, accompagnato da Raffaele Santoro. Si procede con una sorte di ordine del giorno: in prima battuta vengono affrontate le lamentele delle famiglie di alcuni detenuti non di primissimo piano ma che evidentemente il Clan dei casalesi riteneva meritevoli di un sostegno. E questo aiuto viene ripristinato: 1500 euro per ognuno delle famiglie di Carmine Morelli O’ Zingaro, Carmine Iaiunese, Mario Coscione O’ Russo, Gaetano De Biase Borzone, Francesco Barbato, Bernardo Ciervo, Bartolomeo Cacciapuoti e Pietro Falcone O’ Nano.

In seconda battuta, viene ridefinito l’elenco dei boss le cui famiglia dovranno ricevere 2500 euro/mese. Ci sono i “padri fondatori”, cioè Francesco Schiavone Sandokan, il cugino omonimo Cicciariello e il terzo Francesco della compagnia, Cicciotto Bidognetti. Subito dopo arrivano nomi più o meno legati al cartello degli Schiavone: Elio e Raffaele Diana Rafillotto, Sebastiano Panaro, Vincenzo Schiavone Petillo, Giuseppe Caterino Peppinotto, Enrico Martinelli e Francesco Biondino. 

Ma il passaggio più interessante da noi scelto stasera è costituito da una precisa spiegazione dei motivi per cui, da questa cassa, non vengono inviati soldi ai componenti del gruppo Zagaria e agli altri bidognettiani. Racconta Salvatore Orabona che è Giacomo Capoluongo a spiegare che sono stati proprio la famiglia Zagaria a chiedere espressamente di non ricevere i soldi perché in un tempo segnato da decine e decine di arresti, temono i componenti di questo gruppo criminale rampante possano, una volta in carcere, diventare collaboratori di giustizia. Vengono depennati dall’elenco altri bidognettiani per loro – racconta Orabona – espressa volontà. Ninete soldi, dunque, dalla cassa di Capoluongo per Aniello e Raffaele Bidognetti, Salvatore Cantiello, Giuseppe Dell’Aversano O’ Diavolo, Giovanni Letizia e Alessandro Cirillo O’ Sergente, dunque due esponenti di spicco del gruppo di Setola, e altri di cui Orabona, almeno in questo verbale non formula i nomi.

Qui sotto lo stralcio dell’ordinanza