MARCIANISE. Il camorrista Aniello Bruno, genio dell’ammortamento. Magari si sarà dato realmente alla politica, firmando la lista di Velardi

23 Dicembre 2018 - 20:00

MARCIANISE(g.g.) Nella vita bisogna rassegnarsi di fronte all’ingiustizia e anche di fronte alla non somministrazione della giustizia. Altrimenti si va solo al manicomio e tutto sommato non conviene. E allora, per esempio, a un certo punto della propria esistenza, un Ennio Flaiano diventa una terapia. Avendo capito tutto di questo paese, ma proprio tutto, lui combatteva la frustrazione con la medicina dell’ironia, dl disincanto goliardico. Poi, magari c’era anche un fondo di amarezza nelle sue note frasi. Però quel che rimaneva era la consolazione di una risata.

La storia delle firma false o delle firme prese da camorristi in carcere, è finita come si suol dire in cavalleria, perchè ci rendiamo conto, che il dettato costituzionale sull’obbligatorietà dell’azione penale è inapplicabile dalla radice perchè gli uffici giudiziari italiani sono carenti di uomini e di mezzi, soprattutto di personale amministrativo. Dunque, i magistrati devono operare delle scelte e cose palmari, evidenti come quella delle firme farlocche della lista Orgoglio Marcianisano, costruita dall’allora candidato alla massima carica cittadina Antonello Velardi, che sindaco ci è diventato anche grazie ai voti di quella lista che ha eletto consiglieri comunali, finiscono per essere scartate, in quanto meno prioritarie.

Noi non abbiamo, fortunatamente questo problema e quindi, periodicamente, additiamo questa storia quale esempio indiscutibile di una illegittimità anzi, di una attestazione sprezzante di illegalità che rappresenta l’architrave dell’amministrazione comunale guidata dall’appena citato sindaco Antonello Velardi. Lo ripetiamo per la centesima volta: o i camorristi, la cui firma risulta sotto alla lista di Velardi sono stati avvicinati in carcere, al regime del 41 bis in modo da acquisire questo loro atto di consenso, quali presentatori della squadra di candidati di Velardi, oppure, semplicemente, quelle firme sono false.

Siccome è impossibile che uno che sta al 41 bis possa essere raggiunto in carcere da un politico che gli chiede la firma per un lista, significa che quelle prese da Orgoglio Marcianisano sono false. D’altronde, dagli interrogatori realizzati dai carabinieri di Marcianise, siamo passati dalla deduzione logicissima alla prova provata perchè centinaia di marcianisani, presunti firmatari di quella lista, ascoltati in merito, a verbali aperti, hanno dichiarato di non aver apposto alcuna sigla e alcuna griffe.

La situazione di oggi, invece, attesta, certifica, consolida, cementa una terza via che non esiste. Ciò quella dell’archiviazione, del non luogo a procedere. Che non è semplicemente nei fatti.

Stamattina siamo ritornati su questa storia perchè abbiamo incrociato alcun dichiarazioni del neo pentito Giuseppe Grillo, nipote di Angelo Grillo di cui a questo punto è inutile declinare le generalità. Lo stralcio dell’interrogatorio lo leggete qui sotto perchè è interessante. Aniello Bruno, dichiara Grillo, era uno dall’importante spessore criminale all’interno del clan Belforte. La sua firma compare, alle elezioni comunali del 2013, sotto ad un’altra lista elettorale. Rispetto a quel tempo, i conti tornano visto che Aniello Bruno è a piede libero. Ma quando sono state raccolte le firme di Orgoglio Marcianisano, Bruno era in carcere, accusato di reati gravissimi da ben due anni, come si evince dalle stesse dichiarazioni di Grillo che nel suo racconto assume la data dell’arresto di Bruno, dicembre 2014, quale punto di riferimento come modifica della sua militanza all’interno del gruppo dei narcotrafficanti locali.

Sempre a proposito di Bruno, si trattava di un buon commerciante. Quando Grillo non fu in grado di restituirgli i soldi per 50 grammi di cocaina fornitigli dal ras  e persi in una perquisizione dei carabinieri nella casa di Gregorio Raucci, “l’ottimo” Bruno si prese l’auto di Grillo, valutandola, con un brillante calcolo sull’ammortamento, la somma di 4 mila euro che contenevano i 3 mila euro della droga persa, valutata a 60 euro al grammo, più i mille euro che rappresentavano il valore della Punto nera che Bruno consegnò a Grillo affinchè questi potesse continuare a svolgere l’attività di spaccio.

Dunque, essendo un uomo preparato, non è escluso che Aniello Bruno abbia cominciato a studiare le scienze politiche all’interno del carcere in cui era recluso, magari chiedendo una dispensa ai giudici di sorveglianza e alla dda, perchè potesse fornire il suo contributo alle sorti progressive della Marcianise velardiana.

Scherzi a parte, questa è proprio una brutta storia che infligge a chi la conosce quel senso di impotenza e di reale frustrazione, tipica di casi in cui la non definizione di equità rispetto ad un atto criminale evidente, non può che generare sfiducia nelle istituzioni e anche la consapevolezza che, tutto sommato, queste leggi a che cavolo servono. A nulla e siccome non servono a nulla, perchè diavolo io dovrei fermarmi davanti al rosso? Perchè mai dovrei respingere la corte di un imprenditore che mi promette una mazzetta se, da sindaco, da dirigente, gli faccio vincere una gara d’appalto.

Abbiamo scritto un altro articolo inutile. Ma c’è piaciuto scriverlo, perchè a volte uno si soddisfa anche attraverso un atto che ritiene valere di per se stesso al di la delle conseguenze che produrrà.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’INTERROGATORIO DI GIUSEPPE GRILLO