Meno 1.500 euro al mese di pensione e 20 badanti e colf stranieri in casa: lavori falsi per il permesso di soggiorno

25 Gennaio 2025 - 10:44

CASTEL VOLTURNO – Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha recentemente respinto il ricorso presentato da un cittadino nigeriano contro il rigetto della sua richiesta di conversione del permesso di soggiorno “casi speciali” in permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato. La causa, trattata nell’udienza straordinaria del 17 gennaio 2025, ha visto il Tribunale confermare la legittimità del provvedimento del Ministero dell’Interno.

Il cittadino nigeriano, residente in Italia dal 2016 e in possesso di protezione umanitaria, aveva presentato nel 2021 domanda per convertire il suo permesso di soggiorno per motivi umanitari in un permesso di soggiorno per lavoro subordinato.

A sostegno della richiesta, aveva allegato un contratto di lavoro domestico, da svolgersi a Castel Volturno, in provincia di Caserta, con una datrice di lavoro indicata come G.M.. Tuttavia, la Questura di Rieti aveva respinto la domanda, considerando il rapporto di lavoro come fittizio.

La decisione si basava su una serie di elementi indiziari che facevano sospettare l’inconsistenza del contratto. In particolare, la datrice di lavoro, G.M., risultava avere precedenti penali per reati contro il patrimonio e la fede pubblica, e aveva già assunto in passato altri 19 lavoratori stranieri senza versare i contributi previdenziali.

Inoltre, il suo reddito pensionistico, pari a 1.427,28 euro mensili, non era ritenuto sufficiente per retribuire un numero così elevato di collaboratori. La scelta di Castel Volturno, un’area spesso associata a fenomeni di lavoro sommerso e sfruttamento, ha contribuito a rafforzare i dubbi sull’autenticità del contratto.

Il ricorrente ha sostenuto che l’amministrazione non avesse fornito prove concrete a sostegno della natura fittizia del lavoro e che la sua lunga permanenza in Italia, unita alla buona fede nel cercare un’opportunità di lavoro, non fosse stata adeguatamente valutata. Ha anche contestato la violazione delle disposizioni del D.Lgs. n. 286/1998, che stabilisce la protezione per gli stranieri regolarmente residenti nel paese da lungo tempo.

Nonostante le argomentazioni presentate dalla difesa, il TAR ha confermato il rigetto della domanda di conversione, ritenendo che l’amministrazione avesse agito correttamente, sulla base di una valutazione razionale e coerente dei dati a disposizione. In particolare, il Tribunale ha evidenziato che il contratto di lavoro era stato stipulato dopo la presentazione della richiesta di conversione, fuori dai termini stabiliti dalla legge, e che il richiedente non aveva dimostrato che il rapporto di lavoro fosse genuino.