MONNEZZA & SANITA’. Ecco come parte Appaltopoli. La famiglia della consigliera regionale Paola Raia, Isidoro Verolla, Nicola Ferraro. E le parole dei pentiti su Ivanhoe Schiavone e sulla connection casalesi-clan D’Alessandro

16 Ottobre 2023 - 19:36

Illustriamo i primi contenuti più dettagliati dell’indagine della DDA che ha coinvolto per il momento 29 indagati tra politici, imprenditori, faccendieri ed ex camorristi. Il bersaglio dell’esposto anonimo, l’intesa stretta tra il governatore e l’ex forzista divenuta una persona di fiducia del presidente della regione Campania

CASERTA (g.g.) – Il nome di Anna Lanzuolo, moglie di Domenico Romano, a sua volta nipote di Vincenzo Agizza, protocamorrista del clan Nuvoletta, l’abbiamo fatto in uno degli articoli realizzati sul decreto di perquisizione compiuto dai carabinieri del nucleo investigativo di Caserta, su ordine del pm della Dda di Napoli, Maurizio Giordano.

Per essere proprio precisi e pignoli, però, questo nome non era contenuto nell’elenco degli indagati che, dunque, non sono 28, bensì ventinove, così come potrete leggere in calce a questo articolo dove lo riproporremo per intero.

Detto questo, iniziamo a porre qualche punto fermo rispetto a ciò che si può sapere sull’inchiesta.

Il tutto parte da un esposto anonimo, come ne arrivano a centinaia, ma che conteneva evidentemente, secondo i magistrati inquirenti, degli spunti interessanti e sicuramente degni di essere approfonditi, ricevuto dalla Procura della repubblica di Napoli e da questa girata alla sua sezione Antimafia, cioè la DDA.

I concetti fondamentali si riassumono nella parola Sanitopoli,

mentre gli obiettivi sono il “solito” governatore della Campania Vincenzo De Luca, in questo caso in combinazione con la consigliera regionale, un tempo figura di spicco di Forza Italia in Campania, poi transitata nel centrosinistra, Paola Raia.

Questo esposto è contenuto nell’informativa dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta che ha dato la stura all’iniziativa della DDA la quale ha deciso di procedere a diverse perquisizioni e all’iscrizione, come già detto, nel registro degli indagati, di 29 persone.

Questa è la cornice, il perimetro di riferimento, la ragion d’essere di questa indagine. Se il titolo dell’esposto ha ritenuto di descrivere connessioni illegali nelle attività delle ASL campane, vuol dire che alla valutazione, all’inserimento del tema dei rifiuti ci si è arrivati nel momento in cui Nicola Ferraro, personaggio centrale dell’iniziativa giudiziaria, ha stato descritto come protagonista, come player di questa partita riguardante, prima di tutto, gli appalti della sanità.

Perché Nicola Ferraro è stato prima di tutto un imprenditore dei rifiuti e solo successivamente, all’inizio degli anni, ha allargato il baricentro dei suoi interessi economici all’economia riguardante l’Asl, ovvero l’ecologia e lo smaltimento dei rifiuti speciali.

Paola Raia, prima di essere una politica e una rappresentante delle istituzioni sin dal tempo delle vacche grasse berlusconiane, è la componente di una nota famiglia imprenditoriale, chiamata in causa insieme a quella dei Verolla nell’esposto che costituisce il motore dell’indagine.

E i Raia questo fanno: sanificazione, disinfezione, disinfestazione e derattizzazione. Un’attività in continuità generazionale rispetto al capostipite, Raffaele Raia, papà di Paola Raia e deceduto da qualche tempo. A occuparsi degli affari di questa famiglia di San Giuseppe Vesuviano ci pensano Francesco e Luigi Raia, presumibilmente fratelli della consigliera regionale di cui rimaniamo ovviamente a disposizione qualora volessero esprimere una presa di posizione poiché da noi chiamati in causa nel momento in cui abbiamo deciso di dare conto di questo esposto che comunque non ha assolutamente implicato un coinvolgimento della consigliera e dei suoi fratelli, nessuno dei quali risulta indagato.

Ci sarebbe una relazione resa verosimile dall’affinità nelle competenze professionali tra l’interesse dei Raia e quelli di Nicola Ferraro. Ma questa connessione specifica non trova alcuno spazio nell’iniziativa della DDA, visto che nessun cenno ne viene fatto nei decreti di perquisizione.

Per quanto riguarda i Verolla, ci riferiamo ad una nota famiglia di Lusciano che per tanti anni ha espresso un esponente di punta della politica casertana, quell’Isidoro Verolla, per molto tempo sindaco di Lusciano e uomo di punta di Forza Italia, salvo poi spostarsi politicamente quando si è reso conto che il partito di Berlusconi a Caserta non poteva più garantire determinati equilibri che ritrovò evidentemente con Ferraro, al punto che entrambi finirono imputati nello stesso processo.

Dell’alleanza imprenditoriale tra i Raia, Verolla e Isidoro vi diremo poi in maniera più approfondita in un successivo articolo già organizzato nella giornata di domani.

Perché la DDA procede, considerando queste vicende appartenenti all’area delle proprie competenze? Potremmo afferrare che Nicola Ferraro diventa in questa circostanza un protagonista principale non solo di trame affaristiche, ma anche come una sorta di accollatore diretto delle insegne del clan dei Casalesi.

La condanna definitiva per il reato previsto dall’articolo 416 bis da lui incassata qualche anno fa gli attribuisce – sempre secondo i magistrati dell’Antimafia – una sorta di marchio doc. E siccome non sono più a piede libero i suoi interlocutori, a partire da Nicola Schiavone, ai quali si collegava comunque in una condizione, uno status di subalternità, oggi è lui stesso ad assumersi la responsabilità di capeggiare certe trame economiche in nome e per conto della storia del clan dei Casalesi, diventando a sua volta una sorta di capo.

Ma ci sarebbe anche del materiale fresco a consolidare l’idea formatasi nella testa del pm Maurizio Giordano: le dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia, Antonio Lanza e Vincenzo D’Angelo, originario di Santa Maria Capua Vetere, e marito di Teresa Bidognetti, figlia di secondo letto, assieme a Gianluca e Katia, di Francesco Bidognetti, Cicciotto e’ mezzanotte, e di Anna Carrino.

Il 19 gennaio 2023 D’Angelo raccontava ai magistrati riferisce di una conversazione avuta con Ivanhoe Schiavone, ultimo figlio di Franscesco Sandokan Schiavone. Questi gli avrebbe rivelato che, in attesa della scarcerazione di Carmine ed Emanuele Schiavone, i due fratelli che sarebbero usciti dal carcere per riprendere le attività del clan, alcune entrate (“stava tirando avanti”) erano garantite da Gigino detto Fucone, che poi non è altro che Luigi Ferraro, fratello di Nicola Ferraro di cui è stato sempre l’ombra in tutte le vicende che hanno riguardato quest’ultimo.

Per quanto riguarda Lanza, invece, in un interrogatorio dello scorso marzo racconta, di fronte ad una specifica domanda riguardante lo storico clan D’Alessandro dell’area di Napoli Sud, di una richiesta formulatagli da Pasquale D’Alessandro, quando questi era il capo del clan di Castellammare di Stabia, per un incontro da organizzare con “Gigino Fucone”, defindonolo come “quello che stava in politica“.

Ora, aggiungiamo sempre noi, non era Gigino Fucone quello che stava in politica, bensì Nicola Fucone, al secolo Nicola Ferraro.

Il motivo di questo incontro riguardava la volontà di D’Alessandro di avere un mediatore, evidentemente con un’impresa da sottoporre a estorsione, allo scopo di ottenere una tangente.

Per quanto riguarda il fatto specifico, a questo arriva l’informativa dei carabinieri. Non si sa se nel racconto integrale di Lanza sia stato chiarito se l’incontro tra Fucone e D’Alessandro sia effettivamente avvenuto o meno.

tutti i nomi:

Ferraro Nicola, Ferraro, Luigi, Agizza Vincenzo, Romano Domenico, Onofrio Paolo, Moraca Antonio, Bosco Luigi, Castiello Crescenzo, Ciampi Angelo, Lanzuolo Anna, Ciummo Carlo, Ciummo Vittorio, De Gregorio Dario, Gallo Davide, Montanino Antonio, Solaro Vincenzo, D’Annunzio Gabriele, Innocente Antonio, Ferraiuolo Pietropaolo, Foresta Felice, Guida Giuseppe, Ilario Aniello, Ilario Carlo, lemmino Eugenia, Mottola Nicola, Rea Giuseppe, Rea Luigi, Rubino Giuseppe, Sibilio Massimo