NICOLA SCHIAVONE vuota il sacco: “Vi spiego l’affare delle eco balle, le ingerenze di Michele Zagaria e di quel funzionario del Comune che ci faceva vincere, aprendo prima le altre buste”
7 Aprile 2019 - 16:00
CASAL DI PRINCIPE – Eravamo rimasti debitori, nei confronti dei lettori di CasertaCe, dei tanti che dimostrano interesse, giorno per giorno, alla lettura e alle nostre sintesi sugli atti giudiziari più importanti di questa terra, dell’ultimissimo stralcio dei verbali depositati dai magistrati della dda, negli atti del processo nei confronti dei fratelli Mastrominico e dell’ex sindaco Fabozzi, e contenenti le dichiarazioni di Nicola Schiavone, cioè di colui che, ad oggi, è il più importante pentito del clan dei casalesi.
L’ultimo stralcio riguarda la relazione tra lo stesso Schiavone e i fratelli Mastrominico, così come questa si esplica in uno dei settori-simbolo degli affari camorristici nostrani: la costruzione delle grandi aree di stoccaggio dei milioni di eco balle, arrivate nell’agro aversano e a Villa Literno in particolare, nel corso delle varie emergenze rifiuti campane.
I Mastrominico erano proprietari di un terreno ed evidentemente avevano in mano, anche grazie ai rapporti con la politica, il titolo per costruire una piattaforma di stoccaggio. Michele Zagaria che a quell’affare aveva prestato energie ed ingegni, cercò di entrare a gamba tesa rivendicando spazi per lui, a partire dall’utilizzo del’ormai nota Cls di Pastorano, la fornitura del calcestruzzo.
Erano proprio queste difficoltà, secondo Nicola Schiavone, ad aver spento i Mastrominico, in considerazione del fatto che Antonio Iovine non era in grado e non aveva la volontà di opporsi alle sortite di Michele Zagaria, che spinsero i fratelli imprenditori di San Cipriano a mettersi sotto l’ala protettrice di Nicola Schiavone.
Quest’ultimo mandò a dire a Zagaria, attraverso Massimiliano Caterino o’mastrone, ce quell’area era di proprietà dei Mastrominico, che questi erano protetti da lui e che a Michele Zagaria non toccava alcun tipo di vantaggio economico, nè in fase di costruzione della piattaforma nè in fase di gestione della stessa.
Un cenno meritano le parole, dette dal pentito, sulla piazza camorristica di Sant’Arpino, che suo padre, cioè Francesco Schiavone Sandokan aveva attribuito al gruppo dei Verde di Sant’Antimo. Interessante è il dettaglio di una dichiarazione riguardante il comune atellano, dove, secondo Nicola Schiavone, c’era un funzionario “a disposizione” e dove quindi era possibile applicare quello che un pò buffamente, dato che la fa sembrare quasi una roba legale, una previsione del codice degli appalti, cioè “il sistema della preventiva apertura delle buste“. Un sistema, evidentemente, di cui i Mastrominico si servirono.
Ultimissimo passaggio su uno screzio che Schiavone ebbe con suo cugino Nicola Panaro. Quest’ultimo avrebbe voluto estromettere Raffaele Diana detto Rafilotto, dall’affare relativo ai lavori di rifacimento del cimitero di San Cipriano, ovviamente appaltati ai Mastrominico. Una decisione conseguenza dell’arresto dello stesso Rafilotto.
Nicola Schiavone, invece, avrebbe ripreso Panaro anche alla presenza di Michele Zagaria, affermando che gli impegni presi dovevano essere mantenuti, anche quando l’altro contraente criminale veniva arrestato.
QUI SOTTO LO STRALCIO DELLE DICHIARAZIONI DI NICOLA SCHIAVONE