OMBRE SU FRATELLI D’ITALIA. L’arresto di Luciano Passariello evoca il caso inquietante del condannato Marco Nonno. Ora l’ex commissario Delmastro chiarisca

23 Febbraio 2023 - 16:00

CASERTA (Gianluigi Guarino) – Che Luciano Passariello, ex consigliere regionale di Fratelli d’Italia, rischiasse grosso per il suo coinvolgimento nell’inchiesta su casi di presunta corruzione e per le provviste di danaro, che sarebbero state utilizzate per finanziare la sua campagna elettorale delle elezioni politiche del 2018, da cui, comunque, non riuscì a spuntare l’elezione alla carica di deputato, era arcinoto a chi, come noi, ha seguito le vicende di questa indagine sin da quando questa è, come si suol dire, è assurta agli onori, in questo caso sarebbe meglio scrivere ai disonori delle cronache.

Passariello è acqua passata per Fratelli d’Italia. La sua elezione in Consiglio regionale, guadagnata nella circoscrizione di Napoli e provincia, alle Regionali del 2015, con poco più di 8300 preferenze personali, rappresenta, sulla carta, un avvenimento da inserire in un’altra stagione, in un altro tempo, quello in cui il partito di Giorgia Meloni faceva ancora una gran fatica ad emergere dalle percentuali ad una sola cifra. Fratelli D’Italia, all’epoca, raccoglieva il 3 massimo 4% e gli organismi nazionali ignoravano totalmente o quasi totalmente o quasi, ciò che i rappresentanti territoriali facevano.

Erano anni in cui Giorgia Meloni non faceva notizia e in cui, conseguentemente, la soglia di tollerabilità di eventuali accidenti giudiziari, riguardanti uno o più esponenti territoriali di “quel partito”, era molto alta, sicuramente molto più alta di quanto non sia oggi, “l’altro tempo”, quello in cui Fratelli d’Italia ha sestuplicato i suoi voti, collocando addirittura la sua leader al vertice di Palazzo Chigi, prima donna presidente del Consiglio della storia d’Italia.

Negli ultimi anni, da quando il nome di Luciano Passariello ha iniziato ad frequentare le cronache giudiziarie, si è sempre detto: “Vabbe’, quello di Passariello è un caso isolato, verificatosi in un partito che, in quel periodo, poteva contare, al massimo, sui proverbiali quattro gatti. Correva l’anno 2015 e le candidature venivano selezionate un po’ alla buona dai cacicchi indigeni.

PERCHE’ IL CASO DI PASSARIELLO “C’AZZECCA” CON QUELLO DI MARCO NONNO

Beh, acqua passata, ma fino ad un certo punto o meglio sarebbe così nel momento in cui Fratelli d’Italia, ancora oggi, non incorresse in speculari. Ai tempi delle elezioni regionali del 2015, per candidarsi,, non occorreva presentare al partito il certificato del casellario giudiziale, contenente eventuali condanne definitive riportate, men che meno il certificato dei carichi pendenti, cioè dei procedimenti in atto, da un’eventuale richiesta di rinvio a giudizio in su, fino ad arrivare ad un processo pendente davanti alla Corte di Cassazione.

Allora no, non occorrevano, oggi si, il partito li pretende, aggiungiamo noi, giustamente. Proprio perchè Giorgia Meloni sa bene, da donna politica di esperienza qual è, che la destra e il centrodestra non vantano certo tanti estimatori nella magistratura inquirente, sta attenta e dice ai suoi di stare ancora più attenti di quanto non lo sia lei.

CERTIFICATI DEL CASELLARIO E DEI CARICHI PENDENTI, E L’OBBLIGO DEI CANDIDATI DI FDI DI PRESENTARLI

Per cui, da qualche elezione a questa parte, in verità già dal 2018, è diventato obbligatorio, per ottenere la candidatura in Fratelli d’Italia, riversare, presso le sedi territoriali del partito, i due certificati appena menzionati. A dirla tutta, ci sono casi di rigore ancora maggiore. Ad esempio, il coordinamento cittadino di Caserta ha chiesto, alle ultime elezioni comunali, anche il certificato rilasciato dalla Procura della Repubblica ai sensi dell’articolo 335 del codice di procedura penale, che indica l’esistenza di eventuali indagini nelle quali il richiedente è iscritto nel registro degli indagati.

La vicenda di Marco Nonno, consigliere regionale eletto in Fratelli d’Italia alle elezioni del 20 e del 21 settembre 2020, fa sopravvivere, purtroppo per Fratelli d’Italia, il lascito evocativo dell’arresto di Luciano Passariello raccontando una storia, connotata, addirittura, da qualche tratto surreale. Noi, questa storia, la conosciamo bene da tempo, ma riteniamo che gli eventi di questi ultimi giorni, cioè l’arresto di Luciano Passariello, valorizzino la sua divulgazione come scelta giornalistica continente, se non, addirittura, necessaria.

Poco più di tre anni fa, quando Fratelli d’Italia designò i candidati alle elezioni regionale del 2020, era (stra)pacifico, indubbio, incontestabile, che ognuno degli aspiranti dovesse presentare il certificato del casellario giudiziario e quello dei carichi pendenti. A quanto ci risulta, per quello che è il bacino territoriale di nostra competenza, ciò avvenne puntualmente a Caserta.

In quei giorni, nel certificato dei carichi pendenti del cittadino napoletano Marco Nonno giaceva il fardello di una pesante condanna in primo grado, per i reati di devastazione e resistenza a pubblico ufficiale: 8 anni e 6 mesi di reclusione. Una condanna non definitiva, ma che, comunque, rientrava tra quelle relative a reati che, per Fratelli D’Italia avrebbero reso inopportuna, ripetiamo, inopportuna e nulla più la candidatura sotto alle insegne del partito della Meloni. Al contrario, Marco Nonno fu candidato e fu anche eletto.

“GLI EFFETTI COLLATERALI” DELLA CANDIDATURA DI MARCO NONNO

Finita qui? Non proprio: Nonno, oltre a scansare la tagliola dei regolamenti del suo partito, aggirò anche le norme dello Stato di Diritto e riuscì finanche ad insediarsi, svolgendo la funzione di consigliere regionale, in quanto stando alle giustificazioni esposte dalla presidenza del consiglio regionale, non avrebbe dichiarato nell’apposito modulo da compilare, il suo status di condannato in primo grado a otto anni e 6 mesi di reclusione.

Siccome la presentazione di quell’autocertificazione rappresentava e rappresenta un atto preliminare, assolutamente propedeutico alla proclamazione degli eletti, Marco Nonno ha intascato, per diversi mesi, grazie al suo vuoti di memoria, il non certo disprezzabile stipendio da non consigliere regionale, togliendolo alla prima dei non eletti di Fdi, nella circoscrizione di Napoli, Carmela Rescigno. Questa condizione di patente illegalità si è trascinata fino al momento in cui la Corte di Appello di Napoli ha emesso la sentenza di secondo grado, che ha ridotto sensibilmente la condanna ai danni di Marco Nonno passata dagli otto anni e mezzo del primo grado ai due anni del secondo, grazie all’assoluzione dal reati di devastazione

Fosse dipeso da Nonno, il fatto della sentenza di secondo grado non sarebbe stato reso noto alla presidenza del Consiglio Regionale, provvidenzialmente notiziata, però, in questa circostanza, dalla stessa Corte di Appello, che, di fronte alla vigenza in carica di Nonno, ha trasmesso il dispositivo agli uffici della Regione. Di qui, in applicazione della legge Severino, è scattata la sospensione di 18 mesi, che terminerà a luglio in una dinamica che continueremo, naturalmente, a seguire nelle possibili variabili che ne potrebbero diversamente connotare l’evoluzione e su cui ora sarebbe troppo lungo e complicato soffermarsi.

IL POSSIBILE ERRORE DI DELMASTRO IN UN PARTITO IN CUI COMANDA IL TRASVERSALE E UN PO’ DELUCHIANO SCHIANO

Prima delle elezioni regionali del 2020, il coordinamento provinciale di Fratelli d’Italia, a Napoli e provincia, era stato affidato dagli organismi nazionali del partito ad Andrea Delmastro, attualmente sottosegretario alla Giustizia, che agiva con poteri pieni di commissario. Fu, dunque, Delmastro, almeno sulla carta, a provvedere alla raccolta dei documenti degli aspiranti candidati. Per cui, è a Delmastro che bisogna chiedere di fornire copia dei certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti di Marco Nonno e di tutti gli altri candidati della lista di Napoli e provincia. A Delmastro andrebbe, in sostanza, chiesto – e non è escluso che non lo faremo nei prossimi giorni – se lui ha preso direttamente visione di questi documenti o se ha delegato qualche esponente napoletano del partito a farlo.

Se ricorresse quest’ultimo caso, al momento solo paventato ci ritroveremmo a commentare un comportamento sconcertante, un errore gravissimo e negligente,, perché se la Meloni nominò Delmastro commissario del partito di Napoli e provincia è perché, a partire dal caso – Passariello, allora già esploso, esisteva una serie di problemi attinenti agli standard di trasparenza e di legalità, che non poteva trovare certo un punto di soluzione, nella figura di Michele Schiano, al tempo consigliere regionale, transitato in Fdi da Forza Italia di Giggino Cesaro, che lo aveva candidato nel 2015. Schiano aveva e forse li ha ancora, ma in quanto a coerenza e a credibilità politica è, a nostro avviso, un elemento non giova ancora oggi, all’immagine di Fratelli d’Italia, come noi di CasertaCe scriviamo, con (stra)dovizia di argomentazioni, da tempi non sospetti, da quando abbiamo narrato, ad esempio, di una partnership professionale non certo edificante, con un imprenditore di San Cipriano inquisito da più di un anno per camorra e da quando abbiamo cominciato a raccontare storie di evidente trasversalismo che lo ha tenuto e lo tiene ancora agganciato i al suo amico Giovanni Zannini signore delle preferenze alle ultime Regionali, superfedelissimo di Vincenzo De Luca e campione di un format di azione, che non si era visto nemmeno ai tempi di Cirino Pomicino e Gava, personaggi di ben altro ingegno, e costituito da una modalità clientelare e lottizzatoria, rafforzata dalla non appartenenza ad alcun partito, che ne potenzia la possibilità di controllare partiti interi, come accade con Forza Italia a Caserta o con pezzi di partito, così come capita, attraverso il suo “sodalissimo” Giorgio Magliocca un’aliquota non irrilevante di Fratelli d’Itala il cui commissario provinciale Marco Cerreto, come ha ampiamente dimostrato la vicenda di Gabriella Santillo, vive in uno stato di costante e, a quanto pare irreversibile sudditanza nei confronti del presidente della Provincia.

Una pappa informe fatta di occupazione delle caselle strategiche dei partiti del di centrodestra, da parte di un gruppo di assaltatori delle delle diligenze della spesa pubblica che hanno potere solo e solamente perché glielo concede De Luca il cui schema di onnivora gestione viene alimentata, consolidata giorno per giorno attraverso l’utilizzo di personaggi come Giovanni Zannini, il quale, in un’altra dimostrazione di trasversalismo materialmente praticato, ha avuto l’ampia disponibilità di Michele Schiano a “sistemare” qualche suo amico mondragonese negli staff di Fratelli d’Italia alla Regione.

UN CHIARIMENTO NECESSARIO DEL SOTTOSEGRETARIO ALLA GIUSTIZIA

In conclusione, a nostro avviso, occorre non disperdere l’analisi e concentrarsi su una richiesta chiara, da formulare, in tempi brevi al sottosegretario ed ex commissario provinciale di Napoli Andrea Delmastro: è disponibile a rendere pubbliche le copie dei certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti, a questo punto eventualmente presentati da Marco Nonno e dagli altri candidati di Fdi nella circoscrizione di Napoli e provincia? Dal sottosegretario è lecito aspettarsi una risposta chiara e soprattutto netta, senza ciurlare nel manico. È lecito aspettarselo perché questo e solo questo costituirebbe una pratica di coerente, fattuale riscontro all’identità enunciata ad ogni piè sospinto da un partito, che ha fatto dell’autocertificazione della propria serietà, del proprio rigore morale l le strutture fondamentali del suo attuale appeal elettorale