OSPEDALE DI CASERTA. Il dg Gubitosa “si accanisce” contro i dipendenti. E dopo aver perso su tutti i fronti i giudizi per i soldi degli straordinari superfestivi, ora ricorre in Cassazione, facendo un “regalo” agli avvocati

21 Ottobre 2024 - 19:22

Incredibile, ma vero, ciò accade dopo una sentenza tombale della stessa Cassazione che, grazie alla battaglia del sindacato Nursing Up e del suo avvocato, Michela Izzo, ha dato ragione nel merito ai lavoratori, e dopo due pronunciamenti, tra cui uno di inammissibilità della corte di Appello, rispetto all’istituto della ripetizione dei soldi introitati che i giudici hanno stabilito che non ci doveva, non ci deve e non ci dovrà essere. Ora il Sant’Anna e San Sebastiano deve restituire il maltolto

CASERTA (g.g.) – Esiste un cinismo di fondo da padrone del vapore nell’atteggiamento che il direttore generale dell’Azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta, Gaetano Gubitosa, sta avendo nei confronti dei trenta “sopravvissuti” della vicenda ormai vecchia di tre lustri relativa al riconoscimento ai dipendenti del comparto sanitario, soprattutto infermieri, degli emolumenti frutto dell’opera prestata in quelli che abbiamo definito giorni superfestivi,

ossia le feste comandate non domenicali o non necessariamente domenicali, tipo Natale, Santo Stefano, Capodanno, Epifania, 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno, 15 agosto, 1° novembre, 8 dicembre.

Una querelle iniziata nel 2010 e francamente poco logica, perché la traduzione di questi servizi straordinari in ristori di carattere non economico ha sempre avuto, a nostro avviso, poco senso.

Questo giornale ha scritto decine di articoli, prendendo sempre le difese degli infermieri che, grazie alla pervicacia, alla determinazione leonina del sindacato Nursing Up, guidato dalla segretaria provinciale Rosa Nuzzo, hanno ingaggiato una lunghissima battaglia giudiziaria con l’azienda, grazie alla quale questa ha potuto praticare in larghi spazi il suo sport preferito: attribuire remunerativi incarichi ad avvocati esterni, magari raccomandati da quello o da quell’altro politico.

Alla fine della giostra, gli infermieri sono arrivati fino alla corte di Cassazione e questa ha sancito con sentenza definitiva la loro piena ragione e l’intangibilità di tutto quello che avevano introitato per questa particolare forma di erogazione dei propri servizi professionali in straordinario.

Ma l’azienda non si è fermata. Tante volte, avendo scritto che si è trattata di una grande battaglia vinta da un solo sindacato, altre sigle, a partire dalla CISL, hanno rosicato, rafforzando ancor di più il loro rapporto consociativo, le loro inopportune e oseremmo dire illegali connivenze con l’azienda, tradendo la propria mission, ossia quella che ai sindacati è stata attribuita dalla Costituzione italiana.

E allora vai con altre cause. Qui subentrano tre avvocati che applicano un po’ la vecchia regola del poker e di altri giochi fatti con le carte francesi: piatto ricco, mi ci ficco.

Quando al tempo della prima sentenza di merito negativa per i lavoratori, emessa dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere, confermata dalla corte di Appello ma demolita – come detto – dalla Cassazione, più di un dipendente, con la morte nel cuore e consapevole di aver ricevuto un sopruso, aveva cominciato a restituire i soldi presi con i turni dei superfestivi.

Questo ha comportato una nuova iniziativa giudiziaria che tre avvocati, uno di cognome Mazzeo, purtroppo deceduto, un altro di cognome Merola e il terzo Chiosi, hanno parcellizzato, scomponendo il gruppo di cinque o di sei lavoratori su cui si sarebbe potuto facilmente pronunciare il tribunale, essendo nella medesima condizione.

Al contrario, ricorsi individuali, venticinque, trenta, tutti respinti dal tribunale civile di Santa Maria Capua Vetere.

Altro giro, altra corsa e altre determine di incarico agli avvocati suddetti che ricorrono all’Appello, la cui corte emette una sentenza umiliante, ritenendo addirittura inammissibile tale ricorso.

Chi mastica un po’ di procedura civile sa che, a differenza della penale, gli esiti della sentenza sono esecutivi, anche se il verdetto è stato emesso dal giudice di primo grado. Tu paghi. Poi se vinci in Appello, si vedrà.

Ecco perché quando, con una sentenza raffazzonata, superficiale, non a caso demolita dalla corte di Cassazione, il tribunale di Santa Maria stabilì che i lavoratori dovevano restituire le cifre introitate, l’azienda ospedaliera di Caserta si mosse affinché venissero recuperate quelle somme e lo fece in maniera aggressiva. Da qui la decisione di tanti che, impauriti, iniziarono a restituire quei soldi.

Già dalla corte di Appello che confermò la sentenza di primo grado, ma non si pronunciò sulla cosiddetta “ripetizione“, ossia la necessità concreta dei lavoratori di restituire le somme, le cose avrebbero potuto cambiare i lavoratori potevano interrompere la loro attività di ripetizione, ancor di più dopo la sentenza tombale della Cassazione.

Ma in questa operazione ulteriore, se ci sono state delle determine dell’azienda ospedaliera che ha incaricato gli avvocati pagati profumatamente, è anche vero che le istanze al tribunale di Santa Maria Capua Vetere sono state presentate in maniera pasticciata, utilizzando un mandato e non una procura formale firmata dall’Aorn ai professionisti e dunque rappresentativa di una conditio sine qua non.

Fa da sé che Santa Maria ha deciso di respingere l’istanza e si capisce pure perché la corte di Appello l’abbia definita formalmente inammissibile.

Ovviamente, tutti i lavoratori che stanno ancora versando dei soldi sono stati avvertiti di fermarsi immediatamente, perché ora hanno tutto il diritto di realizzare un’attività di ripetizione al contrario, ovvero vedersi restituire dall’azienda i soldi pagati in questi anni.

Finita qui? No. L’Aorn ha deciso di presentare ricorso in Cassazione. Ora, un direttore generale che da valore al pubblico danaro che è chiamato ad amministrare, legge la sentenza della corte di Appello, assorbe la botta della dichiarazione di inammissibilità, capisce perché questa è stata dichiarata e dice agli avvocati: ok ragazzi, di soldi ne avete già fatti tanti, questa è una causa persa; arrivederci e ringraziate Iddio di lavorare con il pubblico danaro, con gli incarichi che un’azienda, governata dalla politica e dal clientelismo politico, vi ha dato.

E invece si va alla Cassazione, la quale, a Sezioni Civili Riunite, ha detto chiaro e tondo che per presentare un’istanza come quella depositata dai legali dell’Aorn al tribunale di Santa Maria occorre una procura e nessun tipo di mandato è sufficiente.

D’altronde, se la corte di Appello ha dichiarato inammissibile il ricorso, rispetto alla sentenza di primo grado, è proprio perché esiste questa granitica giurisprudenza.

E allora non ci può essere buona fede nel direttore generale Gubitosa, non ci può essere perché la corte di Cassazione scriverà quanto già scritto dalla corte di Appello.

Questo ricorso serve solo a far scattare altre spese, altre parcelle, altri costi che, quando si parla di corte Suprema di Cassazione, sono ingenti, a partire dai cosiddetti contributi unificati da 1.800 euro. Su questo ultimo argomento non ci sbilanciamo più di tempo poiché, siccome gli avvocati Aorn hanno spacchettato, dipendente per dipendente, l’azione giudiziaria, non vogliamo credere che questi 1.800 euro vadano moltiplicati per venticinque o trenta, ovvero i dipendenti su quali si discute relativamente all’istituto della ripetizione.

Ma su questo aspetto potremo essere più precisi nei prossimi giorni.