Luogotenente della Finanza condannato a più di 6 anni per sabotaggio

28 Agosto 2023 - 10:15

La Corte militare D’APPELLO gli aveva comminato una pena di 6 anni e due mesi Ora sarà la Cassazione a decidere

SPARANISE. Quattro anni fa è stato condannato a sei anni e due mesi di reclusione per avere sabotato l’hangar della sezione aerea della Guardia di Finanza, a Napoli. Ma solo pochi mesi fa ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, contro quella sentenza della Corte militare di appello. Il 59enne Massimo Belculfinè di Sparanise, all’epoca dei fatti luogotenente della Guardia di Finanza, attraverso i suoi legali, ha chiesto l’annullamento con rinvio di quella sentenza, limitatamente al trattamento sanzionatorio.

La Corte militare d’appello, in riforma parziale della decisione assolutoria di primo grado, aveva dichiarato Massimo Belculfinè colpevole del reato di sabotaggio di opere militari aggravato e continuato, condannandolo, appunto, alla pena di sei anni e due mesi di reclusione, oltre alla degradazione, per avere reso temporaneamente inservibile, con distinte azioni criminose, un hangar per velivoli militari. Condotta realizzata, secondo i giudici militari di secondo grado, mediante ripetuto accesso al locale e dispersione di fibre di amianto, in modo tale da provocare una contaminazione sfociata poi nell’interdizione temporanea dell’uso del luogo.

Tra i motivi che Belculfinè ha addotto nel suo ricorso la violazione dell’art. 167 del Codice penale militare, osservando che il delitto di sabotaggio deve necessariamente concretizzarsi in una condotta tale da realizzare un danno fisico. Nel secondo motivo deduceva la violazione degli artt. 42 e 56 cod. pen., e 234 cod. pen. mil. pace, giacché la “condotta dell’agente sarebbe stata diretta a prospettare, contrariamente al vero, l’inservibilità dell’opera militare, in modo da ingannare l’Amministrazione in vista di un ingiusto profitto (poi non conseguito). Quest’ultimo – è scritto nella sentenza della Cassazione che pubblichiamo in calce a questo articolo – sarebbe stato il fine ultimo dell’azione, e non il suo movente. Il reato configurabile avrebbe potuto essere, allora, la truffa militare tentata”.

Sei i motivi posti dai legali di Belculfiné. “Inconsistente appare, viceversa — scrive il presidente della prima sezione della Cassazione, Stefano Mogini – il prospettato inquadramento a titolo di truffa tentata, alimentato in ricorso dall’erronea negazione che la res militare fosse divenuta temporaneamente inservibile all’uso cui era destinata. (…) Resta sub iudice il trattamento sanzionatorio, oggetto della sollevata questione di legittimità costituzionale, accolta dalla Corte costituzionale. A seguito dell’intervenuta declaratoria d’illegittimità costituzionale, è indispensabile ora verificare se la condotta tenuta da Belculfinè possa essere considerata, per la particolare tenuità del danno cagionato, fatto di lieve entità, da ciò dipendendo il riconoscimento della corrispondente speciale circostanza attenuante e l’eventuale rimodulazione del trattamento sanzionatorio. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata, limitatamente al trattamento sanzionatorio nei sensi precisati, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte militare di appello”. Non sappiamo, al momento, se la Corte militare di appello si sia già ripronunciata sul trattamento sanzionatorio.

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