Perchè Cassandra era un camorrista totale: l’imprenditore non gli versò il pizzo e Zagaria fece esplodere una bomba davanti alla casa della figlia

5 Novembre 2019 - 13:46

TRENTOLA DUCENTA – Il fatto che Cassandra fosse un camorrista vero con tutti i crismi e non solo un colletto bianco, attività che pur svolgeva, è chiaramente dimostrato da diversi episodi. Uno di questi lo racconta il collaboratore di giustizia Attilio Pellegrino. Lo leggerete nella sua versione integrale nello stralcio che pubblichiamo in calce. In sintesi, Cassandra chiedeva le estorsioni in nome e per conto di Zagaria, avviando dinamiche che, nella folle ortodossia camorristica conducevano, in caso di difficoltà, ad atti di violenza. E così accadde con l’imprenditore D’Alessio, probabilmente di Trentola, il quale, racconta Pellegrino, non aveva dato riscontro ad una richiesta di pizzo, formulata da Cassandra.

E che questo agisse come esattore di Michele Zagaria, è dimostrato dall’identità di chi andò, per effetto di questo rifiuto, a posizionare e a far esplodere una bomba davanti alla casa della figlia dell’imprenditore D’Alessio. Due autentici specialisti: che Michele Zagaria utilizzava sempre per “lavori” come questi: i “soliti” Biagio Ianuario e Biagio Santamaria, i quali, ricordiamo, erano di strettissima fiducia, al punto che, come sanno bene i nostri lettori, Zagaria li utilizzò per il falso attentato fatto ai danni del negozio di telefonia che Nicola Inquieto aveva aperto a Casal di Principe, in modo da allentare la pressione su quest’ultimo e sulla sua famiglia, ormai targettizzata dagli organi inquirenti come vicinissima e titolare, come poi effettivamente fu dimostrato, visto che Zagaria fu catturato nella casa di Vincenzo Inquieto,

fratello di Giuseppe, della piena responsabilità della protezione della latitanza del boss.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELLE DICHIARAZIONI DI ATTILIO PELLEGRINO