Pestaggi nel carcere di S.MARIA C.V. Le immagini agghiaccianti mostrate ai detenuti: “Ecco, quello con la tuta grigia sono io. Vengo picchiato sulla scala”

8 Luglio 2021 - 12:26

Una volta uscito dal penitenziario ha denunciato tutto ai carabinieri

 

SANTA MARIA CAPUA VETERE – Continua la serie di detenuti vittime e testimoni delle violenze avvenute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere che si rivedono nei video mostrati loro dall’autorità inquirente. Nel giorno degli arresti degli agenti di polizia penitenziaria e dei loro dirigenti, scrivemmo un lungo articolo sulla testimonianza di un detenuto di San Cipriano M.R.D.L. il quale, raccontando quegli agghiaccianti avvenimenti, compiva il suo dovere di testimone e forse anche di denunciante proprio davanti ai video mostrati dai magistrati e in cui in più di un’occasione si rivedeva come protagonista di certe sequenze particolarmente crude.

Stavolta a rievocare e a commentare le immagini è Salvatore Quaranta, a sua volta detenuto nella sezione Nilo, scarcerato il 10 aprile e messo ai domiciliari a Castel Volturno.

Mi sono rivisto, ero quello con la tuta grigia e la maglia nera picchiato sulla scala, che cade e perde anche una scarpa mentre viene fatto salire a forza“. Dopo il sussulto d’ansia per gli arresti della scorsa settimana, Salvatore ha rivissuto letteralmente l’incubo del pestaggio subito. Lui, venne scarcerato poco dopo quelle violenze e appena gli fu possibile si reco’ a denunciare l’accaduto. “Nonostante fossi disperato e piangessi,

– ricorda Salvatore – l’agente continuava a darmi schiaffi. Poi ho preso altre botte mentre continuano a salire. Mi ripetevano: ‘da oggi comandiamo noi. Hai capito? Sono stati momenti terribili, assurdi, che ancora oggi faccio fatica a credere che siano successi“. Salvatore e’ stato tra i pochi dei circa 300 detenuti del Reparto Nilo pestati ad aver denunciato quasi subito i fatti alle autorita’. Di Salvatore, altri detenuti hanno raccontato che quel giorno le prese “piu’ degli altri“.

Le immagini ritraggono Salvatore mentre sale le scale, ovvero mentre fa il percorso a ritroso, ma ad inizio perquisizione era stato fatto uscire di cella e quelle scale le aveva scese sempre tra le botte. Ora l’ex detenuto del carcere di Santa Maria Capua vorrebbe solo che il processo iniziasse prima possibile. “Gli agenti che hanno commesso questi atti devono pagare”. Quaranta, nel corso del suo interrogatorio reso alla Procura di Santa Maria Capua Vetere il 20 maggio 2020, parlo’ anche del detenuto algerino Hakimi Lamine, morto il 5 maggio 2020 suicida a causa di un mix di farmaci, dopo essere stato tenuto illegalmente per quasi un mese in isolamento in seguito ai fatti del 6 aprile; la Procura aveva ipotizzato una responsabilita’ degli agenti che lo avevano picchiato, contestando il reato di morte come conseguenza di un altro reato (le torture), ma il Gip non ha condiviso l’impostazione.

Ho sentito che un ragazzo di origini algerine – racconta Salvatore – circa un mese e mezzo prima dei giorni 5 e 6 aprile, era stato picchiato. Ricordo che questo ragazzo aveva problemi psichici. Ricordo che si chiamava Lamine. Lui stava al padiglione Tevere ed e’ stato portato al Nilo, per poco tempo anche nella nostra stanza, per una decina di giorni. So che questo ragazzo prendeva tanti medicinali, e che dormiva sempre. Lamine diceva che non voleva prendere gli psicofarmaci, e cercavo di dissuaderlo, infatti qualche volta li buttava. Ricordo che gli infermieri gli davano i medicinali e non gli dicevano niente sulla somministrazione. Non so se Lamine fosse stato picchiato altre volte nella stanza zero“.