S. MARIA C.V. Dichiara il falso per intascare il reddito di cittadinanza, condannato il boss del clan Amato

5 Agosto 2025 - 17:16

Nella compilazione del modulo di presentazione per ottenere il beneficio statale ha omesso di comunicare all’Inps di aver riportato una condanna definitiva per associazione mafiosa, estorsione, usura e di essere sottoposto, al momento della compilazione, a detenzione domiciliare

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SANTA MARIA CAPUA VETERE – La terza sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Luca Ranucci si è pronunciata sul ricorso presentato dal boss pentito Salvatore Amato dell’omonimo clan operante a Santa Maria Capua Vetere, attualmente collaboratore di giustizia, avverso la sentenza della Corte di Appello de L’Aquila.

La Corte di Appello de L’Aquila ha confermato la pronuncia del gup del tribunale di Pescara che ha inflitto 2 anni e 4 mesi di reclusione al pentito in quanto ritenuto colpevole di aver fornito false dichiarazioni e omesso informazioni sul suo status di capoclan al fine di ottenere il reddito di cittadinanza. In particolare nella compilazione del modulo di presentazione per ottenere il beneficio statale ha omesso di comunicare all’Inps di aver riportato una condanna definitiva per associazione mafiosa, estorsione, usura e di essere sottoposto a detenzione domiciliare.

Amato, a parere della difesa, “avrebbe agito convinto di non violare la norma non provvedendo a comunicare la condanna precedentemente subita perchè l’acquisizione dello status di collaboratore avrebbe generato in lui la convinzione proprio tale riconoscimento avrebbe eliso le conseguenze delle precedenti condanne quindi anche l’ostatività rispetto alla concessione del reddito di cittadinanza”.

Per la Cassazione il ricorso è infondato poichè manca “il requisito morale della onorabilità legato alla mancanza di misure cautelari personali o condanne definitive per reati specifici nei 10 anni precedenti alla concessione de beneficio”