Ad Script

SANGUE DI DONNA. Serena, Romina e Cinzia. Il mistero della morte di tre ragazze si intreccia con il casertano

19 Agosto 2022 - 16:54

CASERTA (Tina Palomba) – Tre giovani donne trovate morte in modo violento tra il 2001 il 2016. Tre storie che si intrecciano nella Terra di Lavoro, nella provincia di Caserta piena di problemi e un tempo luogo di lavoro e di fortuna.

Tre gialli irrisolti che hanno sconvolto l’opinione pubblica locale e nazionale che rimangono tutt’oggi avvolti da mistero.

PRIMO CASO: la vicenda giudiziaria di Romina Del Gaudio, la19enne di Napoli scomparsa il 4 giugno del 2004 e ritrovata priva di vita, con due colpi di pistola, a San Tammaro in un bosco vicino al real sito di Carditello, potrebbe avere ancora un colpevole. “In realtà non è arrivata alcuna notifica di richiesta di archiviazione a seguito di una mia richiesta di informazione. C’è solo una fase di stallo dovuta alla difficoltà di trovare il proprietario del profilo genetico isolato sui reperti in sequestro”, lo dichiara al telefono l’avvocato Francesco Stefani, legale di Ciro Gallo, zio della ragazza morta che da anni segue questa storia. Su questo omicidio la Procura di Santa Maria Capua Vetere ha seguito diverse piste persino quello camorristica.

Riccardo Di Grazia, ex affiliato al clan dei Casalesi e un altro fedelissimo, Vincenzo D’Aniello, tirarono in ballo un uomo: Ferdinando Schiavo. D’Aniello, il 19 novembre del 2013, raccontò: “Il pomeriggio del delitto Schiavo era in auto e mi disse di portarla a lavare: aveva i pneumatici pieni di fango. Più volte si è preoccupato della pulizia del lato passeggero, soffermandosi sul tappetino e sotto la poltrona”. Di Grazia era stato più vago, ma de relato aveva raccontato di una frequentazione di Schiavo con Romina Del Gaudio. Prima di essere indagato Schiavo erano finiti inscritti nel registro Luciano

Agnino, l’ex fidanzato rigettato da Romina l’amico Fabio Fiore, Carlo Porceddu e Alessandro Palumbo. Tutti liberati dall’indagine. Ma il mistero è tutt’ora quello che il padre di Romina oggi irreperibile in Germania

Si indagò su di lui perché sembra che avesse avuto rapporti con il clan dei Casalesi. Si pensò ad una vendetta trasversale

SECONDO CASO: l’altro giallo quello sulla morte di Cinzia Marino La 43enne scomparsa da Capua, il 22 luglio 2015, ritrovata morta a gennaio del 2016, all’interno di una vasca di cemento dell’ ex zuccherificio in disuso, al confine tra Capua e Santa Maria La Fossa, per la procura di Santa Maria Capua Vetere. Per la Procura ”si sarebbe suicidata” Il pm Marta Correggia ha sostenuto,  che le fratture al bacino e alla testa, potrebbero essere state scaturire da una caduta dall’alto.  

 Sono però troppi gli interrogativi  che non sono stati del tutto risolti neppure dagli inquirenti e  sia come ha sostenuto la difesa, avvocato  Alessandro Barbieri che aveva fatto opposizione alla prima richiesta di archiviazione perché dall’esame autoptico sui resti del cadavere il test del Dna hanno,  confermato la presenza di tre Dna diversi di due donne e un uomo

La sorella della vittima, Tiziana Marino, ha sempre sostenuto: “Mia sorella non si sarebbe mai suicidata, poi soffriva di vertigini come me non sarebbe mai salita sua una scala di ferro e si sarebbe lanciata nel vuoto, vedo questa ipotesi proprio assurda.

TERZO CASO: l’omicidio di Serena Mollicone uccisa nel giugno del 2001. Lo scorso 15 luglio i  presunti  colpevoli della morte di quella giovane ragazza,  che forse aveva detto delle frasi di troppo su chi spacciasse la droga ad Arce in provincia di Frosinone,  sono stati tutti assolti per non aver commesso il fatto. Si è trattato dei  coniugi Mottola ed i figlio Marco di Teano. Così hanno deliberato i giudici della Corte d’Assise di Cassino, assolti anche Vincenzo Quatrale, all’epoca vice maresciallo e accusato di concorso esterno, e l’appuntato Francesco Suprano, a cui era contestato il favoreggiamento, perché “il fatto non sussiste”. La Procura di Cassino aveva chiesto una condanna a 30 anni di reclusione per l’ex maresciallo Franco Mottola, all’epoca dei fatti comandante della stazione di Arce, 24 anni per il figlio Marco, 21 anni per la moglie Anna Maria, accusati di omicidio volontario e occultamento di cadavere. I tre si sono sempre professati innocenti ed erano accusati perché, secondo le ricostruzioni dell’accusa, la ragazza sarebbe stata aggredita nella caserma dei Carabinieri del paese ciociaro, guidato all’epoca dal maresciallo Mottola.  I pm sono in attesa delle motivazioni della sentenza per proporre appello al verdetto di primo grado, Sembra che per gli imputati  è mancata la  prova regina, quella del Dna, che dovrebbe legare gli autori del delitto alla vittima. Sul corpo di Serena sul nastro adesivo che la imbavagliava, sulla porta contro la quale, secondo l’accusa, sarebbe stato sbattuto il suo capo non ci sono tracce biologiche degli imputati. L’unica impronta è quella trovata sul nastro, mai attribuita però ai Mottola.