Schianto contro il palo della luce: muore dopo 9 mesi di agonia, condannato l’amico
26 Agosto 2024 - 11:28
La Cassazione conferma il verdetto per l’omicidio stradale
TEANO – Due anni di reclusione, risarcimento del danno, pagamento di 30mila di provvisionale a ciascuna parte civile costituita. E’ quanto disposto dalla quarta sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Francesco Maria Ciampi, sul ricorso presentato da Gennaro Bianchini, 41enne di Teano, avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli che lo ha riconosciuto responsabile di omicidio stradale.
Nel novembre del 2016 Bianchini alla guida della sua guida della sua auto con a bordo come passeggero Mario Colucci, perdeva il controllo dell’auto, nei pressi del quadrivio Caputo a Capua, impattando prima contro il marciapiede della rotatoria per poi schiantarsi contro il palo della pubblica illuminazione. Colucci, gravemente ferito, veniva trasportato d’urgenza presso l’ospedale civile di Caserta e dopo continui trasferimenti in varie strutture ospedaliere della Regione, spirava il 22 agosto 2017 a Villa Fiorita a Capua.
All’esito di rito abbreviato Bianchini veniva condannato a 3 anni e 4 mesi di reclusione con l’aggravante di guida in stato di ebbrezza con pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni, il pagamento della provvisionale di 30mila euro per le costituite parti civili e il risarcimento del danno.
La Corte di Appello di Napoli in parziale riforma del verdetto di primo grado ha rideterminato la pena in 2 anni di reclusione, escludendo l’aggravante della guida sotto l’effetto dell’ebbrezza alcolica e l’interdizione dai pubblici uffici.
Avverso la pronuncia di secondo grado ha proposto ricorso l’imputato per mezzo del suo legale, per difetto di motivazione. Secondo il professionista “l’impugnata sentenza è nulla per omessa motivazione in ordine alla concessione all’imputato del beneficio della sospensione condizionale della pena nonostante la rideterminazione della pena finale in due anni di reclusione che avrebbe potuto consentire l’applicazione del beneficio”.
Per la Cassazione il ricorso è infondato “premesso l’obbligo di motivazione in capo al giudice di appello in tema di sospensione condizionale, però non può dolersi il ricorrente con ricorso in Cassazione della sua mancata concessione qualora non ne abbia fatto richiesta nel corso del giudizio di merito“.