Sei quintali di cocaina scomparsi al porto, l’ex presidente del Villa Literno Giovanni Fontana si è difeso in aula stamattina. 150 milioni di euro andati in fumo, ma nessuno si è fatto male
1 Febbraio 2024 - 18:48
Stamattina ha parlato anche il braccio destro di Raffaele Imperiale, smentendo, po’, un’affermazione importante che quest’ultimo aveva fatto su rapporti tra il Carbone e Fontana. Si tratta di un dibattimento in corso a Napoli e che si basa sulle dichiarazioni di questo paperone stabiese che afferma di essersi comprato un’ isola al largo di Dubai per 17milioni di euro
VILLA LITERNO – Nell’udienza celebratasi stamattina al tribunale di Napoli, Giovanni Fontana, difeso dagli avvocati Mario Griffo e Giovanni Cantelli, notissimo autotrasportatore di Villa Literno e anche un po’ oriundo di Casapesenna, ha affermato, durante l’udienza di stamattina nell’ambito del processo con rito ordinario (Fontana è l’unico ad aver scelto questa strada a differenza degli altri imputati tutti giudicati con l’abbreviato) che lui è un benestante che vive del proprio lavoro essendo riuscito a mettere in piedi un’azienda con 150 dipendenti
Giovanni Fontana non è un nome estraneo a certe trattazioni di CasertaCe. Non perchè è stato presidente della squadra di calcio di Villa Literno, ma per la valanga di affidamenti, che non possono essere definiti appalti per le procedure molto semplificate poste in essere da ben noti dirigenti e funzionari della Gisec, società il cui capitale è interamente nelle mani dell’amministrazione provinciale di Caserta. Per quegli articoli ci guadagnammo anche una querela dell’imprenditore in questione di cui tracciammo una biografia non certo tranquillissima. Oggi Giovanni Fontana è imputato in uno dei processi più importanti della storia d’Italia e della Campania sicuramente relativo al traffico internazionale di stupefacenti. Un processo imperniato sulle dichiarazioni del mega broker stabiese oggi collaboratore di giustizia, Raffaele
Quel carico, secondo la ricostruzione di imperiale, non sarebbe mai arrivato a destinazione. Non per colpa di Giovanni Fontana ma perchè quella droga sarebbe stata rubata al porto di Napoli oppure a quello di Gioia Tauro dove il mercantile che la trasportava effettuò uno scalo rapido per caricare altra merce.
Questo Imperiale è un soggetto interessante. Ha raccontato di essere un vero e proprio malato del lusso, degli agi sfrenati a nove o dieci stelle. Addirittura avrebbe comprato una isoletta chiamata Taiwan rientrante nell’arcipelago artificiale ‘The World’ di Dubai del valore di circa 17 milioni di euro. Dubai il luogo dove Imperiale risiedeva.
La stranezza di questa storia è che con tutti questi fantamilioni in ballo, con 600 chili di cocaina spariti, nessuno si è fatto male, nessuno ha riportato neppure un graffio. Ma la Dda ha creduto ad Imperiale, se è vero come è vero che oggi questo processo è in pieno corso e se è vero come è vero che Giovanni Fontana, che per il suo trasporto della cocaina avrebbe ricevuto un compenso di 7 milioni di euro ha subito sequestri patrimoniali ingentissimi. Lui, ma anche suo fratello, ugualmente imprenditore, ma non indagato. Un patrimonio che nulla avrebbe a che vedere con le dichiarazioni dei redditi, presentati da Giovanni Fontana tra il 2002 e il 2021. Sottochiave, dunque, finirono a a suo tempo diverse quote societarie e compendi aziendali riguardanti 8 società riconducibili a Fontana. E ancora 120 immobili, tra fabbricati e terreni, 6 tra auto e moto, e un numero molto alto di rapporti bancari e finanziari per un valore complessivo di 50 milioni di euro che, ripetiamo, nell’udienza di oggi, in sede di dichiarazioni spontanee Giovanni Fontana ha fatto risalire alla sua attività imprenditoriale di autotrasportatore.
Per quanto riguarda poi le dichiarazioni rese da Bruno Carbone considerato il braccio destro di Imperiale, e a sua volta collaboratore di giustizia, questi, sempre durante l’udienza di stamattina, dopo aver confermato di essere al corrente dell’operazione di carico dei 600 chili di cocaina destinati all’Australia ha aggiunto, smentendo Imperiale il quale aveva detto ai magistrati che Carbone e Fontana avevano avuto rapporti diretti di collaborazione nella realizzazione di questa operazione, che di Giovanni Fontana ha sentito solo parlare da Imperiale e da altri conoscenti, ma non ha mai avuto rapporti diretti con lu.
A dirla tutta, Bruno Carbone ha dichiarato : “Io, quello neanche lo conosco“. Si è trattato, dunque, di un punto segnato a favore della difesa di Giovanni Fontana che ha in qualche modo creato una condizione concreta per dubitare delle dichiarazioni di Imperiale, le quali, come abbiamo già scritto, costituiscono, in pratica la base fondativa di questo processo