SEQUESTRO A LA BAITA. Pasquale Maravita fa un video folkloristico, ma il problema è il comportamento degli amministratori giudiziari troppo soft, come dimostrano i casi Pezzella e Carlo Savoia

23 Febbraio 2024 - 17:44

Il fratello di Michele Maravita parla spassosamente definisce spassosamente “un semplice controllo” un sequestro giudiziario sancito dal tribunale Misure di Prevenzione e invita tutti al ristorante in piena funzione. Da un po’ di tempo a questa parte, osserviamo il comportamento dei delegati dei tribunali messi a capo delle società sequestrate rimanendone sconcertati. Ma non sconcertati e basta, visto che abbiamo dedicato all’argomento articoli circostanziati e molto documentati. Speriamo che in almeno questa occasione non accada che la proprietà faccia quello che gli pare e, dunque, il sequestro diventi solamente un mero atto scenografico. IN CALCE ALL’ARTICOLO, IL VIDEO DI PASQUALE MARAVITA

VALLE DI MADDALONI – “Un semplice controllo, un accertamento“.

Particolare e alquanto innovativo il modo con cui Pasquale Maravita, chef del locale di cui il fratello Michele è proprietario, ovvero il ristorante La Baita, ha raccontato il sequestro con obiettivo di confisca, emesso dal tribunale Misure di Prevenzione di Santa Maria Capua Vetere, subito dallo stesso Michele Maravita.

La società che gestisce il ristorante La Baita, ovvero la srl che ha in mano la braceria, è stata sequestrata, ai fini della confisca, perché facente parte delle proprietà di Michele Maravita.

Il sequestro ha coinvolto anche altre tre società, rapporti finanziari bancari, autovetture una barca e due unità immobiliari, per un valore complessivo di un

milione e mezzo di euro, e scattato dopo l’indagine della divisione Anticrimine della questura di Caserta.

Il tribunale Misure di prevenzione ha firmato il provvedimento poiché Michele Maravita, condannato in via definitiva della Corte di Appello di Napoli per associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, relativamente alla storia dei brasiliani a Maddaloni, è ritenuto socialmente pericoloso, in quanto indiziato di appartenere ad un’associazione mafiosa.

Il comunicato non lo specificava, ma la citata “associazione mafiosa” è il clan Belforte, essendo Michele Maravita genero, parente acquisito del boss di Caserta Antonio della Ventura, legato proprio al cosca di Marcianise.

Per gli inquirenti, infatti, Michele Maravita vive abitualmente, anche in parte, di proventi di attività delittuose.

E ci sta, è nell’ordine delle cose che Pasquale Maravita pubblichi questo video tramite il profilo Instagram de La Baita per difendere i suoi interessi economici, il suo lavoro. Però, definire come un accertamento, un controllo, la nomina da parte di un tribunale di un amministratore giudiziario a seguito di un sequestro, beh, forse è un po’ troppo.

Sicuramente, questo video aiuterà La Baita. Lo diciamo abbiamo visto tanta solidarietà per Pasquale Maravita. Rispettabile, anche per una questione di affetto verso lo chef, ma non è certo una vicenda “tramandata” male dai giornalisti affermare che La Baita è sotto sequestro.

Poi, certo, il locale resterà aperto. C’è gente che ci lavora e la decisione del tribunale Misure di Prevenzione non è una confisca definitiva, ma un sequestro con il fine di una confisca, che potrebbe avvenire nel momento in cui le accuse nei confronti di Michele Maravita rispetto all’utilizzo di denaro di provenienza criminale venga accertata.

Le indagini vanno avanti e, come è giusto che sia, il locale non va chiuso, ma gestito da un amministratore giudiziario, che nei prossimi mesi studierà i bilanci e le carte contabili della braceria, prima di affidare la sua relazione al tribunale entro trenta giorni dalla nomina.

Infine, va detto una cosa sugli amministratori giudiziari in provincia di Caserta.

I professionisti chiamati a gestire patrimoni societari di imprenditori ritenuti vicini a clan camorristici o connessi a reati semplici devono lavorare in modo che le imprese restino in piede, occuparsi dell’ordinaria amministrazione.

Eppure, nel caso della ESI di Carlo Savoia, coinvolto nell’indagine della DDA di Napoli sugli appalti truccati dei rifiuti, che vede coinvolto anche il sindaco di Caserta Carlo Marino, sia nel caso di Raffaele Pezzella, arrestato, scarcerato, imputato e indagato per corruzione e perché ritenuto finanziatore del clan dei Casalesi dall’antimafia, abbiamo notato un’interpretazione molto originale della gestione della normale amministrazione.

Ad esempio, la società creata da Pezzella agli arresti domiciliari, la Marrel, gestita dall’amministratore giudiziario Davide Fumante, consigliere comunale a Santa Maria Capua Vetere, è stata gratificata da un appalto, vinto all’amministrazione provinciale di Caserta, ovvero l’ente che per due procure diverse è stato permeabile, secondo la DDA nel corso di decenni, rispetto alle esigenze imprenditoriali di Pezzella, ritenute collegate al clan dei Casalesi.

Per non parlare della Costruzioni Generali Sud, che da società sotto sequestro al Pezzella, ritenuto il suo dominus, solo pochi giorni fa ha ricevuto l’aggiudicazione provvisoria di una gara da 10 milioni di euro per ricostruire un edificio scolastico a Teano.

L’imprenditore ha potuto dunque guardare con soddisfazione al fatto che l’avvento dell’amministratore giudiziario non ha interrotto quella lunghissima sequela di appalti e affidamenti per i quali è sotto processo.