Sgomberata casa popolare occupata. Famiglia perde tutto e rimane per strada con un neonato

28 Febbraio 2025 - 16:00

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Una storia di persone in difficoltà, con problemi d’indigenza, patologie, senza lavoro e ora senzatetto

TEANO (Elio Zanni) – Sono entrate in azione martedì mattina, 25 febbraio 2025, le forze dell’ordine, alla presenza di personale dell’Ufficio tecnico del Comune di Teano, per liberare l’appartamento popolare che una coppia del posto aveva occupato da qualche tempo nel vano tentativo di dare un tetto alla loro famiglia di fatto. Famiglia che di lì a poco sarebbe anche aumentata di numero, con l’arrivo di un bambino.

I carabinieri e l’impresa incaricata sono saliti lì, al primo piano di quell’edificio del quartiere Borgo Sant’Antonio Abate, noto come «case parcheggio» dove è stata scardinata e portata via la porta di casa dell’occupante-assente. L’impresa edile e i Carabinieri erano lì per fare in modo, sia pur attraverso una procedura che a un certo punto procede d’Ufficio, che il Comune di Teano rientrasse in possesso di uno dei suoi appartamenti.
Per

questo è possibile vedere l’episodio come il triste resoconto di una brutta storia di quartiere e di un Ente che si fa forte delle procedure previste e della legge. Tutto legale. Il Comune tramite l’Ufficio tecnico ha assistito alla «riconquista» dell’appartamento, malgrado ci risulti che fosse stato raggiunto da puntuale corrispondenza legale via PEC dell’avvocato di parte, nel tentativo di spiegare ai burocrati di turno che per motivi d’opportunità una simile azione di forza dovesse essere per lo meno rimandata e poi ridiscussa mettendo sul tavolo tutte le situazioni consimili esistenti sul territorio di Teano.
Parliamo di persone più che deboli. Non certamente gigli per la legge, ma di sicuro esseri umani con i loro problemi da senzatetto, di famiglie indigenti, con problemi di particolari patologie, mancanza di lavoro e un figlio nato da pochi mesi. Persone le cui poche cosa di loro proprietà si trovavano proprio in quelle quattro mura e di cui la neomamma avrebbe perso l’immediata fruibilità. É giusto che si recuperino i beni indebitamente utilizzati ma è brutto che la gente rischi di percepire l’immagine distorta di Istituzioni che sembra abbiano smarrito il senso della «pietas», della tutela, dell’aiuto verso coloro che hanno sbagliato ma che adesso scontano le loro colpe nelle patrie galere e poi destinate ad affrontare l’Inferno di una vita quotidiana al limite della sopportabilità.
L’azione si è consumata mentre in casa non c’era nessuno. Lui, infatti, il giovane cui sarebbe stata ricondotta l’occupazione si trova in stato di detenzione presso un istituto penitenziario. Per cui l’operazione di riappropriazione del bene immobile eseguito delle forze dell’ordine si è rivelata eclatante per il luogo nel quale si è svolta. Si tratta di un posto dove in molti temono di essere a loro volta sfrattati da un momento all’altro, per colpa di una disorganizzazione e di una gestione più che discutibile del palazzo da parte del legittimo proprietario: il Comune di Teano. Una situazione alla quale prima o poi occorrerà mettere mano, ma da sempre rinviata perché ritenuta impopolare dal punto di vista politico. E così si creano casi spiacevoli e assai criticabili.
Non si invoca, qui, la cosiddetta «scriminante» del pur immaginabile «stato di necessità» che potrebbe aver condotto a suo tempo i giovani a «sfondare» la fragile porta di compensato di una casa vuota del Comune, perché siamo pur sempre legalisti e ci sono le liste di attesa dei più fortunati aventi diritto. Graduatorie nelle quali non sappiamo fino a che punto gli abusivi cacciati l’altro giorno siano mai stati invitati ad accedere, magari con l’aiuto dei Servizi sociali. Per questo si riflette sull’ipotesi che ci fossero altre vie per raggiungere lo stesso risultato: far tonare l’appartamento nelle disponibilità del Comune evitando la cacciata plateale senza preavviso e murando i pochi arredi e i beni della famiglia.
Perché se una persona che ha sbagliato è giusto che perda la libertà, non è però giusto che debba perdere anche la dignità. Quella dignità che potrebbe essere rappresentata anche dagli effetti personali, piccoli di poco conto ma dall’alto valore affettivo, lasciati nella casa (sia pur illecitamente occupata) e che qualcuno ha ritenuto di dover «sfondare» a sua volta e poi murare impedendo la potenziale fruizione di oggetti di proprietà privata. È brutto percepire, sia pur assistendo ad azioni concordate in forza di leggi in vigore, la pellicolare sensazione di trovarsi al cospetto di cose che potevano essere fatte anche in maniera differente.
Magari consultando anzitempo e a dovere i benedetti servizi sociali dello stesso Comune. Proprio così, visto che la persona di che trattasi, Domenico D.B., starebbe per ottenere la misura dei domiciliari. Considerando, anche, che è stato richiesto più volte, a quanto ci risulta sempre tramite il suo legale, il penalista Ciro Balbo di Teano, che «si procedesse «ad horas» con l’iter di riconoscimento della paternità del bambino» che, intanto, la compagna di Domenico ha da alcuni mesi dato alla luce. Ora forse si capisce meglio il dramma di una intera famiglia di cui si prova a contemperare qui la sofferenza, senza entrare nel merito di certi atteggiamenti stigmatizzati dal Codice penale.
Senza parlare poi del senso di discriminazione che è possibile provare assistendo a un’azione di «recupero forzoso dell’appartamento», visto che fa parte di un intero immobile comunale avvolto da una serie di misteri irrisolti. Un immobile all’interno del quale non è nemmeno possibile sapere quali e quante altre persone si trovino in condizioni similari a quelle descritte, da regolarizzare, mai regolarizzate o con permanenza oltre il tempo massimo stabilito per le case-parcheggio, quindi in condizione di «sine titulo», senza titolo oppure con accordo sociale scaduto.