TRA ROMANZO CRIMINALE E GOMORRA 5. I particolari inediti di Salvatore Belforte: colloqui in cella, ore d’aria e l’omicidio della moglie di Simmaco Zarrillo. “Ecco come Napolitano ‘o capitone si accordò con me e mio fratello”

15 Maggio 2019 - 12:58

MARCIANISE(g.g.) Negli ultimi 20 anni, dentro alle cronache giornalistiche, più o meno ampie, più o meno circostanziate, sui fatti di camorra della piazza di Marcianise, è stata pubblicata centinaia e centinaia di volte la notizia che poi è divenuta un semplice inciso a commento di altre notizie, del passaggio, del tradimento del killer Felice Napolitano detto ‘o capitone, dal gruppo dei Piccolo Quaqquarone a quello di Cutillo-Belforte.

Per cui, non ci sarebbe alcun bisogno di scrivere un articolo per rinverdire quella che è una solida conoscenza per addetti ai lavori, ma anche per superficiali osservatori, lettori di questa materia. E invece, il particolare valore storico-documentale delle dichiarazioni, rilasciate da Salvatore Belforte, nel periodo in cui questi era collaboratore di giustizia, sulla genesi della camorra marcianisana e sui motivi della guerra più cruenta mai combattuta a Caserta e provincia tra diverse fazioni criminali, rende doveroso, a nostro avviso, tornare sull’argomento, perchè Salvatore Belforte fornisce una serie di particolari dettagliati, una più o meno avvincente crono-storia delle modalità specifiche attraverso cui si arrivò a questo cambiamento di fronte, peraltro tenuto segreto perchè Felice Napolitano fu utilizzato come infiltrato all’interno del gruppo dei Quaqquaroni, in modo da agevolare l’omicidio di Angelo Piccolo, al tempo capo di una temibilissima squadra criminale.

Dopo la morte di Antonio Delli Paoli pullastriello, annoverava ancora criminali di prima fascia. Oltre ai vari Piccolo sopravvissuti, cioè Angelo, Pasquale Piccolo Rockfeller, anche nomi come Felice Napolitano, Antimo Perreca e Raffaele Viciglione e Antimo Piccolo detto Benur. Tra questi spiccava anche il nome proprio di Felice Napolitano che aveva partecipato ad agguati importanti tra cui quello che portò all’omicidio della moglie di Simmaco Zarrillo, nonchè madre di Raffaele Zarrillo.

E proprio da questo episodio, parte il racconto, a nostro avviso interessantissimo, di Salvatore Belforte. Felice Napolitano era recluso nel carcere di Benevento, per l’omicidio di Raffaele Froncillo, fratello di Michele, divenuto, a sua volta, collaboratore di giustizia. Manco a dirlo, Felice Napolitano capitò nella stessa cella di Domenico Belforte. Quest’ultimo, evidentemente, ha raccontato al fratello Salvatore, le prime fasi dell’incontro. Napolitano era spaventato, impaurito. Temeva infatti che da parte di Belforte potesse scattare la vendetta per l’omicidio della moglie di Simmaco Zarrillo. Ma Belforte lo rassicurò e gli disse che loro non avrebbero mai ucciso una donna per vendetta. Napolitano temeva soprattutto per la moglie arrestato in un blitz a Nola insieme ad Angelo e Pasquale Piccolo, al già citato Antimo Piccolo Benur e alla fidanzata di quest’ultimo.

Il rapporto tra Domenico Belforte e Napolitano che, in teoria, si sarebbero dovuti ammazzare l’un l’altro, diventò sempre più amichevole. Facendo una battuta, si registrò un’empatia. Fatto sta che Mimì Mazzacane strinse ma soprattutto credette in un accordo preso con Napolitano, il quale si impegnava a passare nel loro gruppo continuando, da infiltrato, ad operare nell’altro in modo da favorire l’omicidio di Angelo Piccolo e di altri esponenti del clan.

Nelle alterne variabili residenze carcerarie, anche Salvatore Belforte entrò in questo accordo. Avvertito dal fratello di non compiere atti violenti nei confronti di Napolitano, incontrò quest’ultimo durante l’ora d’aria e alla presenza dello stesso Domenico, il patto fu cementato. Felice Napolitano ‘o capitone fece i nomi di altre due persone di cui lui si poteva fidare e che lo avrebbero seguito: quello del cugino diretto, nonchè omonimo, Felice Napolitano detto ciavarella e il più volte citato Antimo Piccolo Benur.

Ulteriori accordi, quelli definitivi, furono assunti fuori dal carcere, allorquando Felice Napolitano si recò a casa di Salvatore Belforte. In quella occasione fu anche messo a fuoco il problema della limitata libertà di movimento di Napolitano su cui gravavano ancora degli obblighi cautelari. Per cui la piena autonomia di azione e di gestione di questa intesa fu attribuita al cugino Felice Napolitano ciavarella, il quale era totalmente a piede libero.

Già da adesso vi invitiamo a leggere la prossima puntata che contiene preziosissime informazioni, frutto dei riscontri che l’autorità giudiziaria, la dda, il pm Luigi Landolfi, autentico specialista della camorra marcianisana, insieme ai suoi uomini, ha fatto per capire se e quanto vera fosse questa lunga, fondamentale ricostruzione storica, fatta da Salvatore Belforte dagli anni 80 in poi, partendo dagli atti di scissione di un gruppo che all’inizio era unico e che si collegava tutto alla camorra organizzata di Raffaele Cutolo e che poi si divise per la dura rivalità personale che contrappose Paolo Cutillo e Antonio Delli Paoli pullastriello.

 

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