Tutti dotti e scienziati gli studenti casertani. Tonnellate di 100 alla maturità, così famiglie e prof fanno del male a questi ragazzi

23 Luglio 2019 - 19:11

Caserta (pasman) – In questi giorni, a proposito dei risultati delle prove scolastiche Invalsi (che quest’anno hanno sondato anche la preparazione delle quinte classi superiori e che prendono il nome dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione che le appronta), la stampa italiana, con accenti diversi ma convergenti, parla di stato tragico dell’istruzione nel nostro paese. Le regioni del Sud sono quelle da cui arrivano i numeri più “deprimenti, scrive Antonio Gurrado su Il Foglio. Un quadro grave che si fa gravissimo nel momento in cui questa condizione di obiettiva debolezza, precipita letteralmente nell’abisso quando si vanno a effettuare confronti e paragoni “tra quello che succede al di là del Garigliano e quello che succede al di qua”, nota Silvia Ronchey su La Repubblica.

Eugenio Bruno e Claudio Tucci su Il Sole 24 Ore integrano e precisano il concetto, quando, a loro volta, scrivono “di

studenti meridionali che arrancano e in larga parte non riescono a raggiungere i livelli di competenza richiesti“. C’è di tutto e di più nei giornali di questi giorni. Flavia Amabile su La Stampa contribuisce con il suo articolo alla sintesi di questo titolo e di questo sommario, parlando di: “Sud dove l’istruzione rappresenta un’emergenza e di studenti già diplomati ma ancora analfabeti, che precipitano nell’immancabile quanto iperinflazionata espressione “sprofondo Sud“, che accompagna l’articolo a firma di Maria Cristina Fraddosio, pubblicato da Il Fatto Quotidiano. Concentrandoci, invece, sul nostro contesto territoriale, meritano una citazione il disastro Campania con i risultati peggiori , del titolo che sintetizza l’articolo di Fabrizio Geremicca su Il Mattino e, in pratica, quello del vice direttore del Corriere della Sera, il napoletano Antonio Polito, che pubblica un articolo sul Corriere del Mezzogiorno, inserto campano pugliese del quotidiano di via Solferino. Un coro drammatico.

Insomma, un vero e proprio disastro, con una sola eccezione: Caserta, che costituirebbe una vera e propria oasi nel deserto dell’ignoranza e del fallimento formativo. Qui esisterebbe, dunque, l’eldorado studentesco, per la messe di voti massimi 100 e 100 con lode che si sono registrati quest’anno fuori persino di ogni regolarità statistica, se la statistica è ancora una scienza.

Cosicché, mentre la provincia di Terra di Lavoro è tra le ultime del Paese, mentre non vi funzionano la sanità, i trasporti, la giustizia, la sicurezza, i servizi, mentre l’università Vanvitelli è segnalata come l’ultimo fra gli atenei nella classifica annuale del Censis, la scuola vi sarebbe più che di eccellenza.

Difatti, stando alle cronache della maturità nostrana, gli studenti diplomati con il voto di 100 nella sola Caserta capoluogo hanno superato incredibilmente quelli dell’intera provincia di Verona, presa a confronto perché comparabile demograficamente con la nostra e per la sua tradizione di seri studi. La V F del Liceo Scientifico E. Fermi di Aversa ha segnato un record nazionale: su 25 studenti ben 11 hanno conseguito il massimo dei voti, in pratica il 44%. Quasi un miracolo, se l’attribuzione del voto massimo sottintende l’eccezionalità – per definizione, rara – del candidato. E guarda tu, sebbene la scuola meridionale abbia ancora una volta dato prova di gravi lacune di preparazione, l’altra classe che ha conseguito lo stesso record aversano non si trova al Nord come ci si aspetterebbe, ma nella sicilianissima Licata.

Ora, tornando a noi, non è che a Caserta manchino studenti capaci, che riescono bene anche per capacità innate, per volontà o per l’opera di docenti appassionati, ma dato il contesto tracciato, riesce difficile credere che esista una densità tanto alta di preparatissimi, pronti in pratica ad ogni sfida, accademica e professionale, così come lasciano pensare le cifre pubblicate a conclusione degli scrutini d’esame.

Questi alti voti fuori scala, così largamente diffusi, possono avere, allora, una sola spiegazione: un’impostura sociale bella e buona, che ha cause ed attori ben precisi.

Dispiace autocitarci, ma nel luglio del 2016, per la maturità di quell’anno, dinanzi esattamente allo stesso fenomeno, scrivevamo sulle colonne di CasertaCE:

In una scuola che culturalmente rifiuta persino le prove Invalsi, il rischio che i professori siano di manica larga verso gli studenti è più che concreto. A questo, si aggiunga la piega presa ormai dalle famiglie degli studenti di contestare i professori per ogni minima questione, trascinandoli in tribunale non per una bocciatura, ma addirittura per un voto non ritenuto sufficientemente alto. Piega che i docenti, oramai privi di ogni forma di autorità, hanno imparato a “prevenire”, ad evitare rogne in ambito didattico, tanto che oramai un bel “7” non lo si nega a nessuno, per quanto asino. Ma qui da noi, si aggiungono almeno altre due specificità. La prima, quella del favoritismo, della raccomandazione legata all’uso sociale delle aderenze, delle relazioni, dei contatti; uso praticato in ogni settore della vita pubblica, non eccettuata la scuola. La seconda, quella della strumentalizzazione della scuola stessa, specie quando ha un elevato numero di frequentatori. Quanto più si imboniscono gli studenti e le famiglie con carriere scolastiche facilitate e bandendo ogni forma di severità negli studi, tanto più si accresce l’immagine ed il consenso populistico verso quell’istituzione scolastica e l’influenza personale di chi tale politica incarna. Dunque, non vorremmo che la somma degli effetti perversi che abbiamo delineato e che attanagliano la scuola casertana sia alla base di tali risultati straordinari”. È cambiato qualcosa? Non ci pare.

Leggendo ciò che dice l’esperto Fabrizio Coscia, in un suo articolo di questi giorni a proposito dei professori, descritti alle prese “…di sempre più numerosi e sempre più inutili impegni; alienati da una burocrazia intimidatoria, soggiogati da dirigenti scolastici che fanno il bello e il cattivo tempo convinti di avere funzioni di direttore d’azienda…maltrattati da genitori e alunni…”, o cosa dice il competente Luca Del Pozzo in un suo ultimo intervento, con il quale si interroga su come sia possibile che ai tanti studenti che nei test Invalsi evidenziano ampie e gravi lacune, si accordi poi la promozione: “la ragione è che alla maturità piuttosto che bocciare anche un somaro conclamato, per paura di ricorsi al Tar, esposti di vario tipo e/o aggressioni anche fisiche da parte di genitori che evidentemente considerano inaccettabile che i loro pargoli possano non superare un esame o prendere un voto inferiore alle attese, per paura di tutto ciò gli insegnanti che fanno ? Prendono e promuovono… Questa è la verità vera. E non da oggi…”, ci rendiamo conto di trovarci davanti alla tregua, anzi alla resa didattica per evitare “impicci”. E così, si manda avanti chiunque, con buoni voti che raramente hanno corrispondenza in una valida preparazione. Cui si aggiunge la spendita, da parte di chi può, della posizione e del sistema delle relazioni così connaturato al costume meridionale.

Francamente condividiamo l’idea veritiera di questi due ultimi commentatori, piuttosto che le affermazioni melense circa una presunta straordinarietà della scuola casertana che si leggono puntualmente al termine di ogni anno scolastico, con una consuetudine trita.

Speriamo che le cose mutino ma non c’è da sperarci se ancora in qualche liceo della città e della provincia, in nome di una supposta riservatezza e forse legittimamente, i quadri scolastici di fine anno delle classi intermedie non sono resi pubblici. La condizione ideale per ogni sorta di parzialità. Perché se questa è una regola accettabile, anzi auspicabile, in un contesto ad alta cifra di responsabilità, soprattutto da parte dei genitori che devono auspicare, soprattutto per il bene dei propri figli, non dei voti alti ma una preparazione decente, qui da noi diventa rifugio sicuro per quel mercanteggiare e per quei favoritismi che tengono la scuola dell’Italia meridionale in una condizione di perenne arretratezza.