Uno Bianca, Vito Tocci a Calvi Risorta: «Ho presentato un nuovo esposto»

6 Giugno 2023 - 11:34

L’ex presidente del comitato vittime svela novità al Premio legalità. Moderatrice l’avvocata D’Andrea

TEANO/CALVI RISORTA (Elio Zanni) – «Riuscimmo a sfuggire alla morte solo grazie ai nostri riflessi. Fummo più fortunati dei tre colleghi uccisi nel quartiere Pilastro, a Bologna». Impressionante il racconto che a Calvi Risorta fa, Vito Tocci, della strage del 30 aprile 1991. Tocci, carabiniere in pensione, ex presidente dell’associazione familiari delle vittime della Uno Bianca, lascia intendere di aver firmato un nuovo esposto e che cerca nelle pieghe dei fatti tracce di nuove verità sull’accaduto. «Non dimentico – conclude –  ho ancora quattro colpi di pistola nella schiena».

Calvi antica ieri mattina. In poco più di due ore si consuma una delle poche manifestazioni più spontanee e senza doppi fini di tutta la Campania: il Premio Nazionale Testimoni di Giustizia e di Impegno Civile. Al tavolo si alternano persone, ormai personaggi: eroi di giustizia, esempi di coraggio civile e militare.

C’è chi è arrivato lì con la scorta. Come don Antonio Coluccia «prete indigesto» che spiegava il senso della sua presenza lì e della mattinata calena. A Roma Nord iniziò a sottrarre ragazzi e ragazze alla strada e alla camorra e iniziarono i suoi guai. «Questi territori, inquinati e assoggettati alla camorra – dice – vedono ora il realizzarsi di una manifestazione che rappresenta l’esatto opposto». Anche per lui applausi, premiati dalla Cattedrale romanica di san Casto dell’XI secolo con una eco suggestiva.

Per la 10° edizione il parterre degli invitati è piuttosto vasto e curato. Come del reto il tema del giorno: la legalità. A nessuno sfugge la bellezza del luogo e i complimenti si sprecano per un sorridente don Antonio Santillo che saluta. «Benvenuti, qui si parla di legalità e giustizia, ma non è mai abbastanza». Don Coluccia, don Santillo e poi don Fernando Russo, prete coraggio. Ebbe il coraggio, è proprio il caso di dire, di abbandonare la processione quando il corteo osò fermarsi sotto il balcone di un noto malavitoso. Per lui è stato coniato questo emblematico encomio: «Siamo tutti con don Fernando, la Madonna del Rosario non s’inchina alla camorra».