VIOLENZA IN CARCERE. Olio bollente sugli agenti, detenuto nega: “Lo usammo per cucinare”
12 Luglio 2023 - 17:51
In aula il detenuto Ciro Esposito ha raccontato…
SANTA MARIA CAPUA VETERE – Al processo sui pestaggi dei detenuti commessi dagli agenti penitenziari al carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020, si parla della rivolta che si scoppiò il giorno precedente dopo che si diffuse la notizia della positività al Covid di un detenuto, e che portò i vertici campani del Dap a disporre la perquisizione straordinaria degenerata in pestaggio a tappeto. Il detenuto Ciro Esposito, una delle vittime dei pestaggi costituitasi parte civile – nei video si vede che viene picchiato con violenza – durante il controesame degli avvocati degli imputati, racconta che “il 5 aprile fummo chiamati dall’ufficiale donna della penitenziaria, coordinatrice del reparto , che ci disse che se avessimo protestato pacificamente sarebbe venuto il magistrato”.
Mariano Gaudio, legale dell’imputato Angelo Bruno, chiede se “qualche detenuto avesse le armi, o se qualcuno avesse
minacciato gli agenti penitenziari con l’olio bollente”?
“Assolutamente
perquisizione del 6 aprile come la necessità di trovare armi usate dai detenuti il giorno prima nel corso della protesta,
indicando tra gli oggetti sequestrati nelle celle proprio pentolini con l’olio bollente.
Oltre settanta gli avvocati chiamati in causa in questo procedimento, tra cui i legali casertani Alessandra Carofano, Vittorio Giaquinto, Dezio Ferraro e Mirella Baldascino.