VIOLENZE IN CARCERE. Gli agenti della penitenziaria al garante: “Ci hanno richiamati in servizio. Noi siamo stati il braccio, cercate le menti”

16 Luglio 2021 - 18:15

“Ci hanno dato un elmetto e un manganello e ci hanno divisi in gruppi da 4 e assieme ad altri agenti provenienti da Secondigliano e da…

SANTA MARIA CAPUA VETERE – La visita del garante dei detenuti della provincia di Caserta, Emanuela Belcuore, agli agenti della Penitenziaria coinvolti nelle violenze del carcere di Santa Maria Capua Vetere, ha riproposto un tema importante relativo alla ‘mattanza’ (così definita dal gip) avvenuta nell’istituto casertano il 6 aprile del 2020: poliziotti il braccio, sì, ma la mente?

La garante li ha incontrati nel carcere militare: “Mi hanno detto di aver agito per paura e mi hanno chiesto di sottolineare che loro sono sì il braccio, ma che vanno ricercati i colpevoli anche nelle menti di tali azioni. Si cerchi di capire se chi ha dato l’ordine era preposto a farlo, se era un atto compatibile con le sue mansioni. Ci sono stati momenti di pentimento e di emozione”, ha detto questa mattina la Belcuore, nel corso di una conferenza stampa organizzata nella sala consiliare del palazzo della Provincia di Caserta sull’inchiesta relativa alle violenze nella casa circondariale ‘Franco Uccella’.

“Mi hanno riferito che alcuni erano stati richiamati in servizio, altri non entravano in reparto da 20 anni. Li hanno fatti firmare

– aggiunge – gli hanno dato un elmetto e un manganello e li hanno divisi in gruppi da 4 e assieme ad altri agenti provenienti da Secondigliano e Avellino e hanno agito alla cieca”. Sulle responsabilità degli agenti coinvolti la magistratura farà luce, ma per la garante e i colleghi regionali, tema fondamentale è il rientro dei detenuti trasferiti in altri istituti italiani dopo la disposizione delle misure cautelari scaturite dall’indagine. “Sono stati trasferiti denuncianti, non denuncianti e alcuni che non hanno subito le percosse. Il 3 agosto – ha annunciato Belcuore in conferenza stampa – andremo a Roma dal capo del Dap, Bernardo Petralia, per chiedere spiegazioni sui trasferimenti. Dopo un anno di pandemia, mandiamo i detenuti così lontano, anche a 600 chilometri da qui, questo che ripercussioni potrebbe avere? Loro l’hanno vista come punizione”.

All’appuntamento in Provincia, questa mattina, presenti anche alcuni familiari di detenuti ristretti a Santa Maria. Hanno paura, chiedono giustizia e attenzione: “Nostro figlio ci ha detto di non essere stato picchiato, ma noi non ci crediamo. Chiediamo più attenzione per i detenuti – dicono -. Chi ha sbagliato deve pagare. Anche per noi familiari che andiamo a colloquio ci sono tantissime difficoltà, così come per gli avvocati”, spiegano. Ma per la struttura sammaritana non sembra esserci pace: il sindacato ‘Sappe’ ha infatti denunciato l’aggressione di un assistente capo della Polizia Penitenziaria, ieri, ad opera di un detenuto in quarantena proveniente dall’Istituto di Barcellona Pozzo di Gotto (Sicilia), per assegnazione alla Articolazione di Salute Mentale della struttura casertana. Durante la visita sanitaria, spiega il sindacato in una nota, ha tentato di aggredire il medico operante, prendendo a calci l’agente intervenuto per placarlo che ha riportato una frattura ad un arto superiore con prognosi di 15 giorni.