IL PENTIMENTO DI WALTER SCHIAVONE Vita ed opere del “cadetto” di Sandokan che non ha mai convinto il fratello maggiore. Ecco le prime dichiarazioni rese alla Dda

26 Novembre 2021 - 21:15

Abbiamo sintetizzato l’intervento che la collega Marilena Natale ha sviluppato nel suo frequentatissimo profilo facebook

 

 

CASAL DI PRINCIPE La collega Marilena Natale è stata testimone del tempo, anzi di molti tempi, di molti periodi in cui l’affermazione del tacco camorristico che l’attività repressiva dello Stato, operata attraverso i magistrati della Dda di Napoli e le centinaia e centinaia di uomini della Polizia Giudiziaria che li hanno affiancati e sostenuti, ha scritto autentici capitoli di storia.

La Natale non poteva non essere, oggi, una protagonista nei commenti alla notizia del pentimento di Walter Schiavone, figlio del capo dei Casalesi Francesco Schiavone Sandokan e fratello di quel Nicola Schiavone che la scelta collaborativa l’ha già effettuata da qualche anno.

La giornalista è stata accompagnata da una scorta proprio a partire dal periodo in cui, correva l’anno 2017, Walter Schiavone fu arrestato per la prima vota. Quelle manette scattarono proprio in un periodo in cui la Natale denunciava con i suoi articoli, condivisi nel suo affollatissimo profilo Facebook, le attività illecite di Walter Schiavone, a partire dalla gestione dei centri di distribuzione dei prodotti da caseificio, che a Schiavone Junior sono valsi i rigori dell’ultima ordinanza di custodia cautelare in carcere, che questo giornale ha approfondito fino a un paio di mesi fa.

Oggi la Natale fa notare alcun elementi importanti della biografia criminale di Walter Schiavone. Uno ci ha colpito particolarmente: “Walterino” ha ricevuto il cosiddetto stipendio della camorra, ovviamente provento di attività criminali del clan dei Casalesi, contemporaneamente a ciò che lo stato gli metteva a disposizione in risorse e in protezione dopo che , opportunisticamente, aveva chiesto e ottenuto di entrare a far parte del programma di protezione, conseguenza del pentimento del fratello.

Nella sua ricostruzione-commento, la Natale scrive che, al contrario di Walter, della loro madre Giuseppina Nappa e delle due sorelle, non hanno mai accettato alcun programma di protezione gli altri tre fratelli.

Due di questi, cioè Carmine ed Emanuele, si trovano ancora in carcere, ma sono destinati a uscire presto, con conseguente ritorno a Casal di Principe, visto che Carmine arrestato nel 2013, si avvia al fine pena nella reclusione appioppatagli per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, mentre Emanuele sarebbe già uscito se non avesse ingaggiato più di una rissa e se non avesse avuto un comportamento carcerario che gli ha impedito di ottenere, a differenza di Carmine, quegli sconti di pena che vengono dati per la cosiddetta buona condotta.

Secondo la Natale, che conosce molto bene la parabola criminale di Walter Schiavone, il pentimento del medesimo è, sulla carta, importante, perché se il fratello Nicola ha potuto raccontare fatti successi fino al suo arresto, avvenuto nel 2010, Walter si potrà spingere ad un’epoca molto più vicina al presente, dal 2014 fino al 2019, in pratica fino a ieri.

Peraltro, nelle prime dichiarazioni rese al cospetto del Pm della DDA Fabrizio Vanorio, Walter Schiavone ha riconosciuto di aver svolto un ruolo apicale di vero e proprio capo del clan dei Casalesi per almeno tre anni, affermando di aver assunto tutte le decisioni più importanti. Per cui, se il suo pentimento sarà reale, le cose che potrà raccontare ai magistrati saranno preziosissime, proprio perché arriveranno da uno che ha fatto il capo.

La ricostruzione della Natale resta interessante anche nella parte, per molti inedita, riguardante il rapporto, non sempre idilliaco tra Nicola Schiavone e il fratello Walter. Questi, pur essendo il secondogenito, dunque colui che seguiva la linea di successione in caso di impedimento di Nicola, fu saltato da quest’ultimo che non lo riteneva pronto ad assumere la carica di capo, preferendogli il terzogenito Carmine, che fu effettivamente il suo sostituto all’indomani dell’arresto datato 2010.

E’ fuor di dubbio che l’uscita di scena di Nicola Schiavone abbia giovato alla scalata criminale di Walter. Da allora in poi, questi ha cominciato a fare investimenti significativi e la sua crescita è stata anche legata al matrimonio fatto con la figliastra di Ernesto Ferone, boss di Casavatore, a capo di un’organizzazione che ha sviluppato grandi guadagni soprattutto attraverso il traffico di stupefacenti.  Per quanto riguarda i contenuti di ciò che Walter Schiavone ha dichiarato nella veste di imputato del processo che lo coinvolge, il figlio di Sandokan ha fatto risalire ai primi anni Duemila il su ingresso nel settore lattiero-caseario, in un primo tempo in stretta connessione con Roberto Vargas, altro pezzo da novanta del clan dei Casalesi, storicamente affiliato alla famiglia Schiavone e dotato di un grande peso criminale soprattutto nell’area di Castelvolturno.

Nel racconto di Schiavone jr c’è anche un incontro con Filippo Capaldo, altro rampollo di eccellenza, trattandosi del  nipote diretto di Michele Zagaria di cui ha guidato il gruppo per un po’ di tempo e che ora, a quanto ci risulta, non si trova in carcere.

L’umore di Walter Schiavone è apparso sempre oscillante e ha sempre dato l’impressione di non vivere bene la prospettiva della reclusione carceraria. Già nel 2018 fornì una disponibilità a formulare dichiarazioni come si evince da un verbale arrivato da Napoli al tribunale di Aversa-Napoli nord, in cui Schiavone era imputato per il reato di ricettazione legato all’incasso di stipendi destinati ai congiunti dei boss. Il 29 luglio scorso la svolta, di cui poi si è saputo nella giornata di ieri. L’interrogatorio a cui si sottopone Walterino diventa un elemento processuale che la Dda deposita nei documenti del processo sulle cosiddette “mesate” che poi sono sempre quelle relative ai trasferimenti di denaro alle famiglie dei boss reclusi.

Al riguardo, il neo pentito ha dichiarato di aver ricevuto due stipendi da mettere a disposizione del padre e che a consegnarglieli non sono stati esponenti della famiglia Venosa, che per un periodo significativo hanno tenuto la cassa del clan, bensì altri soggetti che Walterino definisce come legati al clan del cemento, che è una cosa interessante che poi cercheremo di capire prossimamente.