CAMORRA&MONNEZZA D’ORO. Secondo i giudici Carlo Marino ha mentito nell’interrogatorio sulle conversazioni con Pasquale Vitale

21 Dicembre 2021 - 20:24

Il sindaco, così emerge dall’ordinanza, avrebbe dichiarato che lui e Vitale della questione appalto dei rifiuti, Carletto Savoia ed Energeticambiente non parlavano. Ma messo davanti ad alcune frasi captate dai carabinieri, il primo cittadino non ha chiarito le perplessità dei PM

CASERTA – E’ chiaramente la notizia del giorno: l’arresto e il trasferimento in carcere di Carlo Savoia, imprenditore da anni immerso nel mondo dei rifiuti, l’uomo che ha portato Energeticambiente, l’azienda dei fratelli Pizzimbone al comune di Caserta, davanti quindi alla scrivania di Marcello Iovino, anch’esso arrestato, però finito “solo” ai domiciliari, e a quella del sindaco Carlo Marino,

uno dei pochi, assieme a Pasquale Vitale, suo amico da tempo immemore, a non essere stato colpito da un’ordinanza di custodia cautelare.

Il primo cittadino di Caserta risulta indagato dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli poiché ritenuto colpevole dagli inquirenti del reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, che detto in parole un po’ più semplici è sotto inchiesta per turbativa d’asta. L’asta turbata, secondo quanto sarebbe emerso dalle indagini, è quella relativa all’appalto da 116 milioni di euro, per la durata di 7 anni, riguardante la gestione completa dei rifiuti – recupero, trattamento e smaltimento – messi a terra, inseriti nei bidoni sparsi nel comune capoluogo.

Di questa inchiesta già ne parlammo alla fine dell’estate 2018, sottolineando, come spesso ci capita, le difficoltà nell’intuire i procedimenti mentali che avevano portato all’affidamento del comune di Caserta dell’appalto in favore di Energeticambiente, società ligure accompagnata in questa gara dalla ESI, che secondo gli inquirenti era gestita di fatto proprio da Carlo Savoia.

Tra le persone che risultano indagate, ma che non sono finite agli arresti, come già scritto, c’è anche Pasquale Vitale, colui che secondo i giudici era l’anello di congiunzione tra il sindaco di Caserta e quindi il rappresentante principe della città, e Carlo Savoia, l’imprenditore mente dell’operazione da 116 milioni di euro.

Carlo Marino, Carlo Savoia e Pasquale Vitale si conoscono da tantissimi anni, almeno da quando l’attuale sindaco era assessore ai Lavori Pubblici nel comune capoluogo in quota Forza Italia. Come già abbiamo raccontato in un precedente articolo

, Carlo Marino era in giunta al tempo della sindacatura di Luigi Falco, Carlo Savoia era presidente del Consorzio Caserta 4, e Pasquale Vitale era consulente di società ed enti pubblici.

Come è emerso dall’ordinanza di custodia cautelare che il gip del tribunale di Napoli ha firmato il 7 dicembre scorso e che è stata messa in azione stamattina dai carabinieri, coordinati dalla procura distrettuale antimafia di Napoli, tra Carlo Savoia e Carlo Marino il trait-d’union era Pasquale Vitale.

Il rapporto di amicizia tra l’uomo che indossa la fascia tricolore a Caserta e Vitale è stato confermato anche dallo stesso Marino in un interrogatorio della ottobre 2020. Il sindaco, infatti, ha dichiarato di conoscere Pasquale Vitale da oltre 20 anni e di aver avuto con questi un lungo rapporto di amicizia, oltre che professionale.

Carlo Marino, però, ha negato che il faccendiere avesse mai raccontato situazioni relative a Carlo Savoia o che, in pratica, Vitale e lui parlassero dell’operazione Energeticamebiente.

Secondo i giudici della Dda, però, questa circostanza dichiarata dall’avvocato di Puccianiello non sarebbe vera, perché andrebbe a smentire ciò che è stato messo nero su bianco dopo le indagini e le intercettazioni dei carabinieri, conversazioni sulle quali torneremo nei prossimi giorni.

Inevitabilmente, i pubblici ministero hanno cercato di a far notare la discrasia tra ciò che è stato captato nelle conversazioni tra Vitale e Marino e l’affermazione appena compiuta dal sindaco sull’assenza del tema Savoia nelle loro chiacchierate. Carlo Marino, trovatosi dinanzi alle domande dei giudici, “non ha saputo offrire alcuna plausibile spiegazione alternativa al contenuto dei colloqui intercettati“, si legge testualmente nell’ordinanza.

LO STRALCIO: