Chiesta in Appello la condanna a 5 anni per l’avvocato di staff dell’ex ministro De Girolamo. Pazzesco: il governatore del Molise gli ha consegnato la sanità

24 Maggio 2022 - 16:56

Stamattina la requisitoria della Procura generale che, a fronte delle assoluzioni in primo grado, ha invocato condanne dure per l’ex pupilla di Berlusconi, per il direttore generale dell’Asl di Benevento, Michele Rossi, e per questo professionista che per due procuratori è un concussore in sanità. Mentre per il governatore Donato Toma è il meglio che c’è per gestire proprio questo settore.

NAPOLI (g.g) La Procura generale presso la corte di Appello di Napoli ha tenuto botta, dando piena soddisfazione alla convinzione della Procura della Repubblica operante presso il Tribunale di Benevento, che l’ex ministro delle Risorse agricole Nunzia De Girolamo, il suo primo collaboratore del tempo, l’avvocato Giacomo Papa ed anche gli altri imputati, siano colpevoli del reato di concussione compiuta a danno di funzionari della stessa Asl. Nello stesso processo di Appello, sono coinvolti anche l’ex direttore generale della citata Asl, Michele Rossi, Felice Pisapia, ex direttore amministrativo, Arnaldo Falato, ex responsabile budgeting e Luigi Barone, anch’egli collaboratore diretto di Nunzia De Girolamo.

A conclusione della sua requisitoria, la Procura generale della corte di Appello, rappresentata in giudizio da Giovanna Correra, ha formulato, stamattina, le richieste di condanna, andando nella direzione opposta a quella tracciata dal tribunale di Benevento che, a suo tempo, assolse tutti gli imputati. In effetti, rispetto alle richieste del primo grado presentate in aula dal pubblico ministero Assunta

Tillo, qualche limatura c’è stata, ma niente di sostanzioso. Per cui, i 6 anni e 8 mesi chiesti a Benevento per Nunzia De Girolamo, sono diventati 6 anni di reclusione. Stessa pena è stata chiesta per l’ex direttore generale Michele Rossi. Mentre 5 anni sono stati invocati per gli altri 4 imputati, tra cui, come detto, c’è anche l’avvocato Giacomo Papa.

Fin qui, la cronaca nuda e cruda della mattinata. Come è noto ai nostri lettori, Casertace ha deciso di seguire le fasi di questo processo dopo aver assunto notizia, nei primi giorni di questo mese, di una nomina, per molti versi incredibile, per tutti, ma proprio per tutti i versi, inopportuna allo stato delle cose, con cui il presidente della Regione Molise Donato Toma ha, in pratica, consegnato il totale controllo della sanità della sua terra proprio all’avvocato Giacomo Papa, a una persona a cui Toma si sente, evidentemente, molto legato. Un afflato, un’empatia ai quali Toma farebbe bene a dare concretezza attribuendo incarichi privati, magari utilizzando il valente avvocato Giacomo Papa come suo legale in vicende non riguardanti, però, la funzione pubblica da lui esplicitata e la carica ricoperte.

Insomma, non ci sarebbe problema, se Toma pagasse Giacomo Papa con i soldi del suo portafogli. Ma, siccome lo paga, e lautamente, con i soldi dei cittadini del Molise, affinché si occupi, da sub commissario, della complessa fase del rientro dallo stato di debitore cronico, dallo status di fallimento acclarato dei conti della sanità locale, sarebbe stato non opportuno, ma doveroso, attendere l’esito di questo processo, anzi, del molto probabile processo in corte di Cassazione. L’assoluzione, ottenuta da Papa in primo grado, è, come abbiamo scritto nel nostro precedente articolo (clikka e leggi), un fatto se non decisivo, ma, quantomeno, molto importante. Ma questo vale dentro al perimetro della valutazione giudiziaria. Al riguardo, possiamo serenamente affermare che, se quando l’avvocato Giacomo Papa è stato rinviato a giudizio era sicuramente un non colpevole, quando poi è stato assolto in primo grado, è restato un non colpevole, ma anche qualcosa in più rispetto alla sua non colpevolezza fotografata al momento del citato rinvio a giudizio.

Ma questo non c’azzecca nulla con la dignità, con il decoro, con la necessità di garantire una totale trasparenza ai processi amministrativi di una Regione. Non è in questione l’integrità dell’avvocato Papa, non è in questione la modalità con cui il professionista beneventano sta svolgendo la sua funzione di sub commissario della sanità molisana. Anche se si comportasse meglio di un San Francesco d’Assisi, la sua condizione attuale di non colpevole per il tribunale di Benevento, ma di colpevole per la Procura della Repubblica del capoluogo sannita, ancor di più, da stamattina, per la Procura generale presso la corte di Appello di Napoli, indebolisce Papa, ma soprattutto indebolisce la delicatissima funzione, il delicatissimo incarico da lui esplicitato. Un manager pubblico, caro presidente Toma, è chiamato ad operare delle scelte, a dar corpo a delle procedure. Alcuni soggetti ne sono contenti, altri non lo sono e ritengono di subire un torto dall’istituzione.

Nel momento in cui l’avvocato Giacomo Papa sarà, magari, assolto da una sentenza definitiva di corte di Cassazione, andrà a disinnescarsi la possibilità, che viene offerta su un piatto d’argento a chi si senta toccato negativamente, a chi si senta colpito nei suoi interessi personali e imprenditoriali, di delegittimare l’avvocato Papa e, con lui, tutto l’ente, tutta la Regione Molise, utilizzando l’agevole argomento di processi nei quali le Procure, che sostengono la pubblica accusa, perché glielo ordina la Costituzione della Repubblica italiana, sono ancora arciconvinte che l’avvocato Giacomo Papa sia un concussore in affari relativi, non al settore dei rifiuti, non al settore dei lavori pubblici o dell’urbanistica, non al settore del personale, ma alla materia della sanità, la stessa che, a dir poco improvvidamente, il presidente della Regione Molise gli ha consegnato qualche tempo fa.

Naturalmente questa cosa al governatore, a cui in questo articolo abbiamo fatto letteralmente i disegnini di prima elementare, non farà né caldo e né freddo. E lo stesso varrà per Giacomo Papa. Questa è la dimostrazione di quanto sia sviluppato, nelle classi politiche meridionali, il senso dell’istituzione, il senso di una trasparenza che dovrebbe basarsi sulla necessità di sgomberare sempre il campo da ogni sospetto, fondato ma anche infondato. 

Ma noi non soffriamo più da tempo del fatto che questi articoli di Casertace non sviluppino le conseguenze che in luoghi civili dovrebbero sviluppare. Ci siamo abituati e, soprattutto, rapportarci ai possibili, ma solo raramente avvenuti, svilupppi politici e/o giudiziari è diventato un esercizio secondario, ultracomplementare rispetto a quello, che ad altri può apparire ozioso, platonico. ma a noi invece piace un mondo: esercitare nonostante tutto il diritto-dovere della denuncia.