La Domenica di Don Galeone: “Un cristiano che pensa solo a sé stesso è un cattivo cristiano! Le nostre inquietudini…”
11 Dicembre 2022 - 09:29
In questa III Domenica di Avvento, chiamata Domenica «Gaudete», ossia della «Gioia», ascoltiamo nel Vangelo che Gesù aveva da poco iniziato la sua attività messianica in Galilea, quando il suo precursore era stato imprigionato…
11 dicembre 2022 ✶ Terza Domenica di Avvento (A)
La speranza si paga con la pazienza
Prima lettura: Il nostro Dio viene a salvarci (Is 35,1). Seconda lettura: Rinfrancate i cuori. Il Signore è vicino! (Gc 5,7). Terza lettura: Sei tu colui che deve venire? (Mt 11,2).
Questa terza domenica di avvento si caratterizza come “domenica della gioia” (Laetare). Il motivo è evidente: il Signore viene, è già venuto, è sempre con noi!
Il Vangelo: una rivelazione rivoluzionaria Quando Gesù è venuto nel mondo, ha trovato di fronte a sé una religione stabilita, naturale all’uomo, fatta a immagine dell’uomo, e l’ha rivoluzionata. Quella religione esaltava la maestà di Dio; temeva la sua giustizia; otteneva il suo favore con un numero di prestazioni; Dio puniva i cattivi e premiava i giusti; segni della benedizione divina erano il buon raccolto, la buona salute, la famiglia numerosa … È una religione naturale, umana, e Giovanni il Battezzatore predicava questa religione; attendeva un re glorioso e potente; annunciava la grande apocalisse a colpi di scure. Quando poi Giovanni ha visto che Gesù era mite e in fila per il battesimo, che non interveniva nelle lotte nazionali, che consigliava ai poveri e ai ricchi il distacco dalle ricchezze, che proclamava beati i pacifici … non comprende più nulla, e manda a Gesù un’ambasceria: “Sei tu colui che deve venire?”. Gesù, infatti, faceva nuove tutte le cose; inaugurava una rivelazione rivoluzionaria; annunciava un Vangelo che nessuno prima di Lui conosceva. Giovanni pensava che Gesù venisse a ripetere una religione conosciuta da sempre, a misura di uomo. Davvero tutto è capovolto! Gesù non divide più gli uomini nelle due vecchie categorie: i buoni da premiare e i cattivi da castigare; gli uomini sono divisi nelle due nuove categorie: quelli che amano, che si lasciano amare, e quelli che rifiutano il suo amore e il suo perdono. A chi lo segue promette la rovina in questo mondo, ai peccatori annuncia una festa, alla gente “per bene” assicura l’ultimo posto, alle persone “religiose” augura di uscire dal loro sepolcro imbiancato.
Un cristiano, che pensa solo a sé stesso, è un cattivo cristiano! Le nostre inquietudini spesso sono inquietudini di gente soddisfatta (per esempio: come dimagrire o palestrare i muscoli!); le nostre speranze sono spesso piccolo-borghesi (per esempio: come ottenere uno stipendio più alto!); sono inquietudini di gente soddisfatta, non minacciata; quindi, facciamo della speranza un tormento interiore, una tavola rotonda con studiosi di fama. Se siamo seri, dobbiamo augurarci che la crisi economica si risolva a vantaggio dei poveri. Dobbiamo imparare a ragionare non più in termini di indipendenza ma di interdipendenza! Nessuno può sentirsi veramente sazio e felice, fin quando ci sarà qualcuno che ha fame ed è infelice. Chiudere la speranza nel recinto della nostra sicurezza borghese non è cristiano! Ecco perché l’Occidente cristiano è attraversato da una stanchezza mortale. Ci contentiamo delle riforme delle riforme, ma non interveniamo in radice, e perciò aumenta l’inquietudine! Per fortuna, nel mondo ci sono tanti segni di speranza! Dobbiamo guardare con simpatia questi germi di bene, dovunque appaiano, senza chiederci se sono nati nella nostra Chiesa o in un’altra. Bisogna compromettersi, Giovanni il Battezzatore, che aspettava Gesù, chiuso in una prigione e non seduto in una cattedra di teologia!
Se Giovanni Battista ha inviato due dei suoi discepoli, a chiedere a Gesù se fosse “colui che doveva venire”, certamente questo vuol dire che persino Giovanni è rimasto sconcertato, quando si è reso conto di quello che faceva Gesù. Quello che sconcertava Giovanni non era quello che Gesù ‘diceva’, ma quello che ‘faceva’, ossia le sue “opere”, non le sue “parole”. Le “opere” si “vedono”, le “parole” si “ascoltano”. Negli ambienti ecclesiastici si parla molto, si predica molto e si dicono cose sublimi. Ma allo stesso tempo capita, frequentemente, che si fanno cose vergognose ed è meglio nasconderle. Perché c’è stato lo sconcerto di Giovanni? Perché attendeva un Messia giustiziere. Gesù, invece di fare questo, si è dedicato a curare ammalati, ad accogliere pubblicani e peccatori, a mangiare con i poveri, ad alleviare sofferenze… Non ci entra in testa che la soluzione non sta nei discorsi, negli argomenti, nelle teorie e nei dogmi! Un’opera così semplice come una buona accoglienza in alcuni momenti, un sorriso che accoglie, un silenzio opportuno, uno sguardo di tenerezza, una conversazione di ascolto e senza fretta… queste “opere” sono salvezza e speranza.
L’aspetto più innovativo, in questo Vangelo, è che Gesù termina dicendo agli inviati di Giovanni: “Beato è colui che non si scandalizza di me!”. Ma come è possibile che “rendere felici coloro che soffrono” sia una cosa che “scandalizza”? Perché ci sono teologi e catechisti che continuano a dire che la sofferenza è un dono divino (!) che la malattia ed il dolore ci avvicinano a Dio (!). Coloro che la pensano così, sono persuasi che la missione dei “rappresentanti di Dio” non è “dare felicità e vita”, ma “esigere pazienza e speranza nell’altra vita”. E così la religione continua ad essere “l’oppio dei popoli” (K. Marx). Per questo c’è gente che si scandalizza quando sente dire che Dio è presente nella gioia di vivere, nella felicità dell’affetto umano, nel piacere di sentirsi bene. Gesù ci avverte che bisogna stare in guardia di fronte agli “scandali” di questi insopportabili “bigotti”! BUONA VITA!