CASERTA. La scommessa (per ora vincente) del nuovo ristorante Sunrise. Il modello di Fabio Biondi e…
24 Aprile 2023 - 13:43
Raro, rarissimo assistere a Caserta, in questo tempo, ad attività economiche della ristorazione che si ingrandiscono come conseguenza di un successo ottenuto, per giunta, tra mille difficoltà.
CASERTA (g.g.) In una città afflitta da tanti problemi, che l’hanno resa sempre più sonnolenta e del tutto incapace di rappresentare sé stessa, la sua popolazione, un suo tessuto di cittadinanza attraverso qualsiasi tipo di iniziativa o quantomeno di spirito d’iniziativa, ridotto ormai al nulla assoluto, capita che un casertano di adozione, ma prima di tutto un napoletano di ingegno, non si rassegni a considerare Caserta come un’entità definitivamente vinta, battuta, dove l’investimento rappresenta un rischio più pericoloso rispetto a quello corso nei giorni scorsi da quel francese che è entrato nel guinness dei primati per aver percorso in piedi in cima al pallone della sua mongolfiera uno spazio che lo ha portato fino a 4.400 metri di altitudine.
Di Fabio Biondi, chef con l’argento vivo addosso, abbiamo scritto in più occasioni. Ma siccome questo tutto è fuorché un giornale di marchetta o di recensioni redazional-pubblicitarie, uno come Biondi ha potuto trovar posto nelle narrazioni quotidiane di Casertace in quanto, ai nostri occhi, è la personificazione di quello che servirebbe alla città capoluogo, al suo hinterland e, probabilmente, anche all’intera provincia, per attivare dei seri, reali processi di crescita. Prima di tutto, di tipo economico-produttivo, conseguentemente in grado di incidere sul reddito medio e, dunque, sui tassi di occupazione, assecondando e stimolando un riedificato impegno di mentalità, di riscoperta di un’identità, in poche parole di un modo di vivere la propria città aspirando a costruire un brand che non sia solo quello rappresentato dalla Reggia Vanvitelliana, caso unico al mondo di monumento di primo livello e di primo splendore, che produce lo stesso reddito prodotto da un museo della civiltà contadina aperto nel più sperduto dei paesini montani, ma capace di promuovere uno sviluppo produttivo reale, concreto, visibile e non solo fatto di parole, di castelli in aria, di nobili dichiarazioni di intenti, in pratica, di chiacchiere, per la città.
Provate un attimo a pensare cosa si è sviluppato attorno al Colosseo, o attorno al museo degli Uffizi, o a Santa Croce, o al Battistero, o in Via della Conciliazione a Roma. Beh, la Reggia di Caserta, considerata quasi un fatto scontato nel declino relativista, nella percezione sempre più relativista di questa città, vale questi siti, vale questi monumenti perché, effettivamente – e noi lo possiamo ben dire avendoli visitati quasi tutti – è veramente uno dei palazzi reali più belli del mondo, superiore, sia per quel che riguarda la qualità sublime dell’elaborazione architettonica, sia per quanto attiene la relazione tra questa ed i meravigliosi tesori naturali insediati al suo interno, a una Versailles, ancor di più a una Schonbrunn, alla parte museale di Buckingham Palace e, dato che ci troviamo, anche alle tante residenze ancora più antiche, o a quelle di campagna o, comunque, di diletto delle grandi dinastie reali europee, come possono essere, ad esempio, i castelli della Loira, la dimora scozzese di Balmoral, dove la Regina Elisabetta ha trascorso tantissimi mesi estivi e dove anche ha passato gli ultimissimi giorni della sua lunga e luminosa esistenza.
Fabio Biondi l’abbiamo conosciuto incrociando le sue arrabbiature, che hanno dato un senso ed hanno iniettato coraggio a tante nostre arrabbiature. Perché, qui da noi, si rischia veramente di impazzire pensando che certe cose, certe storture e certe porcherie, in pratica questa straripante invivibilità cittadina le vediamo solo noi di Casertace. Confrontare questa visione, queste valutazioni, con quelle simili a un giovane imprenditore del settore più importante dell’economia produttiva in una città che dovrebbe essere accogliente almeno la metà di quanto non lo siano le grandi capitali europee, o le grandi città d’arte, ci ha anche incoraggiati a proseguire il nostro lavoro.
Fabio Biondi ha vissuto tutta la prima parte della sua esperienza di chef e di titolare di un ristorante della gioia e della sana ambizione, in quel di Via Roma, autentico caleidoscopio di tutto il brutto che più brutto non si può, di una Caserta il cui brand del disonore ha totalmente coperto, soverchiato quello della storia del suo monumento, patrimonio dell’umanità.
Eppure, Fabio Biondi, con il suo “Sunrise”, ha resistito. Ha protestato, si è lamentato, ma non si è arreso. Perché la protesta, il lamento, sono manifestazioni tipiche del genere umano, ma hanno senso solo quelle che non diventano un alibi, che non sono finalizzate a sé stesse, per smobilitare, per imboccare la strada dell’economia sommersa. Ci si incazza e ci si deve incazzare. Ma poi, si deve rispondere alle difficoltà lavorando ancora di più. Va da sé, che uno come Fabio Biondi, sia cresciuto al punto da poter aspirare a qualcosa in più dei 49 posti della sua dimora della discrezione e della buonissima cucina quale è stata, e quale ancora in parte è, il “Sunrise” di Via Roma, che accoglie o dovrebbe accogliere, uno street food del pesce.
Siccome abbiamo deciso di adottare questo imprenditore, utilizzandolo ogni tanto come esempio di laboriosità, di un format del fare, “del prima lavori e poi parli”, riteniamo che l’apertura del suo nuovo ristorante che ha conservato il nome di “Sunrise”, al 112 di Corso Trieste, non possa e non debba rappresentare un buco nel filo del nostro racconto.
Una narrazione che riguarda una persona, ma riguarda ancor di più un metodo, un modello di azione che non prevede momenti di sospensione, di impigrimento. Della serie: chi si ferma è perduto. Il nuovo ristorante di Corso Trieste prende vita in una location diversa, in una casa che vuole offrire a molte più persone, rispetto a quelle che potevano accedere in quel di Via Roma, l’idea di cucina, ma diremmo meglio, l’idea di accoglienza, marchi di fabbrica di “Sunrise”. In parecchi hanno tentato di aprire ristoranti di un certo livello a Caserta. Non facciamo nomi, che potremmo fare benissimo, ma vi diciamo che il 90% di queste attività, messe in piedi con l’idea che bastasse un poco di arredamento lussuoso, qualche cameriere professionista, uno chef di esperienza, un po’ di gourmet sparso per avere successo e, soprattutto, per averlo senza che i proprietari e titolari delle gestioni dedicassero troppo tempo alla cura degli affari. Se Fabio Biondi esprimerà la stessa grinta, lo stesso approccio che lo ha portato sempre a rilanciare davanti alle difficoltà, ad avere sempre, giorno per giorno, un piano B, un piano C ed anche un piano D, allora il nuovo “Sunrise”, di qui ad un anno, diventerà uno dei crak, naturalmente senza c prima della k, della ristorazione regionale. Sono diverse le novità del nuovo “Sunrise” rispetto al vecchio “Sunrise”. Ci piace citare, al riguardo, l’angolo bar, un’idea resa possibile dagli spazi più ampi. L’offerta prescinde da quella del ristorante: da un aperitivo stuzzicante agli afterdinner calibrati su un ventaglio molto ampio di richieste e di gusti, anche con cocktails preparati al momento, da bartenders professionisti, specializzati e ricercati. Interessante la scelta di Fabio Biondi a cui preme, evidentemente, la causa del miglioramento della specie umana, e casertana in particolare, di mettere a disposizione dei suoi clienti una sala lettura.
Il ristorante… embè, qualche novità, qualche modifica, ma fondamentalmente, potremmo dire, parafrasando un modo di dire molto in voga nel calcio e nello sport in generale, carta, menù, che vince, non si cambia. Perché se questo imprenditore ha potuto ingrandire la propria attività, se ha potuto aumentare la cifra dei suoi investimenti, delle sue immobilizzazioni materiali ed immateriali, è perché il rapporto tra qualità e prezzo dei piatti serviti per anni in Via Roma, ha incrociato in pieno la curva della domanda di buona cucina, di buona accoglienza e anche di sorriso che quando nei pressi del tuo tavolo c’è Fabio Biondi, non manca mai.
Come è scritto nella pagina Facebook di “Sunrise” (clicca qui per entrarci), “Le creazioni originali della nostra cucina: un universo tutto da esplorare, dove il contemporaneo si unisce alla cucina di mare tradizionale.”. Anche con il vecchio “Sunrise” il moto della ricerca di un connubio armonico tra innovazione, tra contemporaneo e cucina di mare tradizionale, aggiungiamo noi monumentale, non ha mai subito battute a vuoto. Biondi ci ha sempre provato e non è mai capitato che tornando 3 mesi dopo dall’ultima volta, uno non abbia potuto confrontarsi con qualche novità, con qualche interpretazione differente di un piatto o dell’uso di un prodotto. Con ogni probabilità, gli spazi e le nuove possibilità, messe a disposizione dalla nuova sede, incentiveranno questo approccio che si trasforma in azione e dunque in prassi consolidata, a cui si può approdare solo se si lavora non solo per fare i soldi, ma anche per sfamare la propria passione, l’amore che si prova per una professione, per un’attività, altra caratteristica che in Fabio Biondi si riscontra chiaramente quando lui racconta ai suoi clienti tutto, ma proprio tutto, dalla pre-alba trascorsa al grande mercato ittico di Bacoli, in attesa dell’attracco dei pescatori, fino alla spiegazione del modo e di tutti i trucchi del mestiere che servono per valutare la freschezza del pescato o, più in generale, di un prodotto anche non ittico, in un processo dialettico che può attuare solo uno che non teme il sindacato della qualità, altrimenti non insegnerebbe ai clienti come stabilire se uno scampo, piuttosto che un cannolicchio, una cozza o un’ostrica o un gamberone, siano realmente freschi o, invece, un po’ datati, buoni lo stesso, ma scorrettamente venduti come pesce fresco.
Concludendo, una menzione merita quello che è un altro pallino che Biondi non ha potuto sviluppare al meglio in Via Roma, proprio a causa degli spazi fisici piuttosto angusti, la cantina dei grandi vini. “Uno scrigno di piacere – così viene definita nelle presentazioni social del ristorante-, per gli amanti di vino e spumante. Una selezione accurata, pensata su misura per le nostre specialità”.
Buon appetito e, soprattutto, prosit.