ESCLUSIVA CLAMOROSO: nel sequestro preventivo di 2milioni in contanti a Giuseppe Rea, Nicola Ferraro e Antonio Moraca salta fuori anche un registro degli imprenditori che pagavano mazzette degli appalti della sanità. Pizzini e la destinazione d’uso delle banconote

30 Ottobre 2023 - 08:34

Il sequestro questa volta è di tipo preventivo e implica l’iscrizione dei tre nel registro degli indagati anche per il reato di riciclaggio aggravato dal 416 bis comma 1 (soldi ai casalesi). Nel dettaglio i ruoli precisi di Giuseppe Rea e Antonio Moraca

CASERTA (g.g.) Dato che di soddisfazioni materiali ne abbiamo poche, almeno perdonateci il difetto degli auto-complimenti, non tali da rasentare la autocelebrazione che qualche volta ci facciamo. L’altro giorno, nell’articolo che abbiamo pubblicato in conseguenza della decisione del tribunale del Riesame di dissequestrare alla Pam, società riferibile a Gabriele D’Annunzio e Antonio Innocente avevamo sorriso un po’, anzi un bel po’, dopo esserci doverosamente complimentati con l’avvocato difensore di questi imprenditori per essere riuscito a far valere le sue ragioni al cospetto dei giudici della Libertà, chiedendoci se gli inquirenti avessero in qualche modo controllato se la controprestazione dichiarata per quella fattura emessa da una delle società dei fratelli Giuseppe e Luigi Rea si fosse realizzata all’interno di quella rassegna festivaliera, estiva, svoltasi in quel di Ischia e che, proprio grazie a quella fattura e a quei 55mila euro avrebbe dovuto fregiarsi anche dei marchi dei due Rea cioè nel caso specifico della Rea srl che insieme alla

Uniced srl rappresenta il patrimonio societario di famiglia.

E’ chiaro che noi alludevamo ad una possibile operazione di andata e ritorno di quei 55mila euro visto e considerato che sul conto corrente della Pam si erano verificati senza ombra di dubbio dei prelievi, naturalmente rateizzati, sminuzzati, le cui banconote conseguenti, finite in prima battuta nelle tasche di chi materialmente il prelievo aveva realizzato, non erano più ulteriormente controllabili in una loro eventuale ulteriore movimentazione

Quante volte, veramente decine e decine, abbiamo scritto e voi avete letto di autentiche truppe cammellate che munite di bancoposta o di bancomat organizzavano degli autentici turni di prelievo in modo tale da far uscire, in maniera meno sospetta possibile soldi da determinati conti correnti in modo che quelle banconote cominciassero ad essere dei valori non più tracciabili. Una pratica rispetto alla quale il clan dei casalesi si è espresso con modalità organizzative e operative assolutamente eccellenti.

Quando abbiamo appreso, dalle prime informazioni che filtrano sul sequestro preventivo arrivato subito sono il dissequestro della somma di 1.874.230 euro liberata dal tribunale del Riesame che non ha potuto fare altrimenti rispetto a quello che in prima battuta era un sequestro probatorio fatto letteralmente al buio, con un automatismo deciso prima del ritrovamento di questa enorme somma che ha stupito, evidentemente, anche il pm della Dda Maurizio Giordano e i carabinieri di una delle sezioni del nucleo investigativo, attinenti al reparto operativo del comando provinciale di Caserta. Avevamo previsto la correzione di rotta già da ieri mattina e questa è arrivata nel pomeriggio. I quattrini, i tanti quattrini trovati nella casa di Giuseppe Rea detto topolino erano nascosti dappertutto: nelle intercapedini delle parete, dietro e addirittura negli elettrodomestici, nelle buste della spesa, negli indumenti. D’altronde 1.874.230 euro fai realmente fatica a secretarli tutti. Questo decreto di sequestro preventivo che, ricordiamo, si differenzia dal sequestro probatorio, perchè, in questo caso è finalizzato a prevenire la commissione di un reato a una sua struttura molto solida in quanto è accompagnato da una contestazione penale, dunque da una iscrizione nel registro degli indagati, dello stesso Giuseppe Rea, ma anche di Nicola Ferraro, imprenditore di Casal di Principe con condanne in passato per reati di camorra, ma anche del faccendiere capuano Antonio Moraca. Per chiarire, altrimenti si rischia di far confusione, questo è un fascicolo d’indagine diverso che poi magari potrà anche riunirsi al primo. Ai tre indagati viene infatti contestato il reato di riciclaggio ai sensi dell’articolo 648 bis, a cui viene naturalmente associata l’aggravante camorristica, oggi definita nell’articolo 416 bis comma 1 un tempo articolo 7 della legge 203 del 1991. Aggravante incardinata nel ruolo di Nicola Ferraro che sarebbe stato e sarebbe oggi un vero e proprio capo camorra. Probabilmente, quello che è stato trovato, però, in una cassetta di metallo e finanche più importante, ed è tutto dire, dei quasi 2milioni di euro in contanti. Si tratta di sei sei fogli, scritti su entrambe le facciate per un totale di 11 facciate in cui sarebbero annotati tutta una seria di informazioni, di dati contabili, riguardanti l’acquisizione e al consegna di questi soldi il cui utilizzatore finale sarebbe stato proprio Nicola Ferraro.

Finita qui? Niente affatto. Ancora più serio e per noi intrigante è il ritrovamento di diversi “pizzini” allegati alla maggior parte delle mazzette di banconote. Non è improbabile allora che quei “pizzini” contenessero il nome diretto o in codice della destinazione d’uso di ognuno di quei blocchi di 100, 50 e 20 euro.

Ma il ruolo di Giuseppe Rea e di Antonio Moraca sarebbe tutt’altro che secondario. Il primo è, infatti, uno che introita probabili tangenti che arrivano dal mondo imprenditoriale che paga per aggiudicarsi gli appalti nel settore dei rifiuti e nel settore della sanificazione o anche delle pulizie di strutture sanitarie. Ecco perchè ci siamo un po’ auto complimentati all’inizio di questo articolo, perchè manco a dirlo nella casa di Giuseppe Rea cioè di colui che aveva realizzato un bonifico di 55mila euro alla Pam è stato scoperto un vero e proprio tesoro da deposito di zio paperone. La conferma di una modalità probabilissima di riciclaggio è esposta dallo stesso pubblico ministero Maurizio Giordano nel decreto di sequestro preventivo. I soldi sono trasformati in danaro contante grazie al concorso di società cartiere e attraverso fatturazioni per operazioni inesistenti. Probabilmente, i carabinieri non sono andati ad Ischia per controllare se fosse avvenuta la controprestazione dei 55mila euro, ma è ugualmente probabile che abbiano stabilito un proprio punto di visita sulla identità della Pam di D’Annunzio e Innocente in base allo studio, magari anche veloce, di una loro visura storica.

Pam, ma non solo. Il pubblico ministero indica il nome di altre 4 imprese, fatte di carta che si sarebbero rese disponibili a fatturare operazioni fittizie Row srls, la “Pubbli & management” srls, la Pam srl, la Mes srl e la Be Round Srls.

Per quanto riguarda il capuano Antonio Moraca, rappresenterebbe, secondo gli inquirenti il mediatore principale il trait d’union tra Rea e Ferraro. Ed è quello che incontra anche gli imprenditori e che probabilmente porta i soldi materialmente all’ex consigliere regionale di Casal di Principe.

Nel decreto di sequestro, viene detta anche un’altra cosa importante soprattutto secondo noi di CasertaCe che alcune tracce in questi anni le abbiamo seguite relativamente ad incontri avuti da imprenditori del settore della sanità con dirigenti dell’Asl di Caserta, alla presenza di un politico molto noto. Quando viene scritto, così come è scritto, che Giuseppe Rea, nei rapporti tra imprenditori e centrali appaltanti, tra imprenditori e Asl, aveva un ruolo centrale, a noi di CasertaCe certi conti tornano e tornano alla grande. E non dovendo, per fortuna, svolgere la professione dei magistrati, consolidiamo la nostra e ci convinciamo su come abbiamo funzionato certe relazioni tra politica e mondo della sanità negli ultimi anni.

Esiste, d’altronde, una controprova sul ruolo cruciale svolto da Giuseppe Rea il quale, ci abbiamo fatto caso, non è che compaia molto spesso nei pedinamenti e nelle intercettazioni dei carabinieri. Ma quando compare, “compare bene”; quando compare, vale doppio. E’ lui, infatti, che va ad incontrare il direttore generale dell’Asl di Benevento Gennaro Volpe, entrando nella sede dell’azienda sanitaria sannita munito di una busta dalle dimensioni cospicue, che all’uscito non tiene più tra le sue mani; è lui che incontra, ad esito di altri incontri immediatamente precedenti, Luigi Bosco , che sempre la Dda definisce legato a doppio filo ai fratelli Rea. Questo succede nell’appuntamento di cui abbiamo già scritto in un bar di Casagiove, vicino al casello di Caserta nord, dove fino a qualche secondo prima lo stesso Rea, in assenza di Bosco, si era intrattenuto con Antonio Moraca e lo stesso Nicola Ferraro (clikka e leggi). Ed è Giuseppe Rea ad incontrare ancora una volta Nicola Ferraro, che un po’ spavaldamente, si fa vedere con il predetto all’interno del bar Bakery caffè di Corso Trieste a Caserta.

Ora se questo non è assolutamente provato, non è affatto detto, che questa massa enorme di danaro che probabilmente si è materializzata in cifre nettamente superiori ai circa 2milioni di euro in contanti sequestrati nella casa di Giuseppe Rea potesse essere utilizzata in quota parte, per il finanziamento illecito della politica e delle campagne elettorali. Perchè si sa che un politico che han un ruolo o che comunque è ben ammanigliato in regione Campania suscita sempre molto rispetto da parte dei dirigenti delle nostre Asl, i quali, ricordiamo, non sono certo nominato in quanto capaci, preparati, managerialmente idonei ma in base al loro grado di affidabilità nell’accogliere e trasformare in fatti concreti quelle operazioni clientelari (e non solo) che servono ai politici di turno per “fare i voti”.

Il resto è materia prevedibile. Il pubblico ministero della Dda Maurizio Giordano ha nominato un CTU il quale ha depositato un’ampia relazione la quale dimostrerebbe il fatto che Giuseppe Rea non abbia mai avuto un reddito, nè ereditato, nè costruito che giustifichi minimamene il possesso di quella somma abnorme al contrario, Rea, ha presentato un relazione in cui sostiene in contrario e in cui si appunta la medaglia di gran risparmiatore. Gran risparmiatore e gran fesso aggiungiamo noi perchè se come lui sostiene quel 1.874.230 euro son il frutto della sua attività professionale e della sua non comune attitudine al risparmio, quella che costituirebbe un’altra attitudine, stavolta negativa, l’essere cioè un mega evasore fiscale che tiene tutti quei soldi in contanti per non pagarci le tasse, costituirebbe una sorta di malattia auto lesionista visto che con 2milioni di euro in contanti tu ci fai degli interessi con semplici e non rischiosi investimenti finanziari, arci sicuri come possono essere quelli di un Bot a breve termine o di BTP che renderebbero conveniente il rapporto tra il reddito di questo investimento e le tasse versate allo Stato.