Soldi e scarpe Gucci in cambio di favori in carcere: ARRESTATI i fratelli Mario e Sara Borrata

17 Maggio 2024 - 12:29

L’attività investigativa, prese le mosse nel 2023 e coinvolse anche Emanuela Belcuore, ex garante dei detenuti

CASAL DI PRINCIPE – Arrestati per corruzione, ricettazione e accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti. Questa l’accusa della Procura sammaritana a carico di Mario (già detenuto) e Sara Borrata, (finita ai domiciliari)rispettivamente fratello e sorella di Casal di Principe e figli di un noto esponente del clan dei Casalesi.

Soldi e scarpe Gucci all’ex garante provinciale dei detenuti, Emanuela Belcuore, per ottenere trattamenti di favore in carcere è quanto scaturito dall’indagine a carico dell’ex garante casertana accusata di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, rivelazione di segreti d’ufficio, ricettazione di una scheda sim fittiziamente intestata a un soggetto vittima di sostituzione di persona, utilizzo indebito di apparecchi elettronici in carcere.

L’attività investigativa, prese le mosse nel 2023. Per Mario Borrata, detenuto nel carcere Uccella di Santa Maria Capua Vetere, la Belcuore si sarebbe adoperata affinché questi ricevesse una relazione di servizio “positiva” al fine (senza alcun esito) di fare pressioni sulla direttrice del carcere e su un magistrato di sorveglianza. Non solo scarpe costose, ma anche 1000 euro, furono le utilità che Belcuore percepì da Sara Borrata, titolare di una boutique di lusso, nonchè sorella di Borrata.

Inoltre, l’ex garante avrebbe avvisato il fidanzato anche di una imminente perquisizione in cella in modo da consentirgli di nascondere un cellulare illecitamente detenuto.

Vicende per le quali Emanuela Belcuore ha patteggiato un anno e dieci mesi di reclusione, pena sospesa, lo scorso gennaio.

Mario Borrata è in carcere da 13 anni per l’omicidio del giovane Pietro Capone avvenuto il 14 ottobre 2010 in piazza Marconi ad Aversa dove Borrata lo colpì con alcuni fatali fendenti alla gola e per il quale, nell’ottobre del 2011, il gup del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Stefania Amodeo, lo condannò all’ergastolo ciò nonostante il fatto che quel processo si tenne con il rito abbreviato e che questo implica, il più delle volte la concessione dello sconto di un terzo della pena in caso di condanna. Ma evidentemente quel fatto di sangue fu tanto grave da indurre il gup a sancire, in accoglimento delle richieste del pubblico ministero Giorgia De Ponte, il carcere a vita per l’allora 19enne Mario Borrata, sostenute anche dalle parti civili costituite, cioè da Roberta Pizzo moglie della vittima e anche dai genitori del giovane assassinato.