LA NOTA. I compagnucci di giochi di Felicori vorrebbero che fosse prorogato. La Caserta della vera cultura si mobiliti per evitarlo. Noi lo faremo

15 Agosto 2018 - 19:29

Caserta (Pasman) – Il dossier Felicori sembrava bello che chiuso che eccoti l’ultima scia polemica, nel più classico in cauda venenum. Sull’argomento abbiamo detto così tanto, con le ottime compagnie dei tanto più sagaci e competenti di noi Tomaso Montanari, Vincenzo Trione, Manlio Lilli e da ultima Iolanda Capriglione – autentici esperti culturali e d’arte, non semplici passanti – e con sullo sfondo iniziative politiche censorie concordi di parlamentari di maggioranza e di opposizione, che pensavamo di doverci risparmiare di ritornarvi. Ma, in queste ore, all’opinione pubblica casertana sono state dette cose talmente infondate, spacciate per articoli di fede, che il grande pubblico non ha né tempo, né urgenza di verificare, le quali non possono passare in cavalleria. Ci sentiamo perciò tirati per la giacca ad intervenire.

In particolare, in questi giorni si starebbero raccogliendo adesioni – molto magre, al momento, per quanto abbiamo potuto verificare – perché l’incarico del direttore prossimo alla pensione venga prorogato, con la motivazione di impedire una vacatio gestionale della Reggia, nell’attesa che venga individuato il nuovo responsabile del museo vanvitelliano secondo la riforma Franceschini, la quale avrebbe “…dato risultati molto positivi che ha funzionato proprio perché i capi dei musei sono stati individuati da una commissione di altissimo livello…”. Ed il riferimento è alla selezione internazionale attraverso la quale nel 2015 vennero prescelti i direttori dei 20 musei italiani più importanti, tra i quali Mauro

Felicori.

Ora va subito precisato che la vacatio temuta da questi promotori non è un aspetto patologico, ma piuttosto fisiologico nella pubblica amministrazione, poiché l’avvicendamento dei dirigenti a capo degli uffici pubblici costituisce un aspetto ordinario e abituale del loro andamento, il quale ultimo è assicurato in ogni modo dall’apparato burocratico-organizzativo impersonalmente inteso. D’altro canto, lo stesso Felicori, all’atto del suo insediamento, ereditò gli imponenti lavori di rifacimento delle facciate della residenza reale, in buona parte conclusi, potendoli personalmente spendere sul piano della valorizzazione del complesso monumentale.

Poi, il commento della professoressa Capriglione, sul fatto che il contratto di scadenza quadriennale per la direzione della Reggia non abbia avventatamente tenuto conto dell’età di pensione di Felicori,caduta improrogabile un anno prima, fa già capire quale sia stato il pastrocchio combinato dall’inossidabile ex ministro del MiBACT Dario Franceschini con la sua riforma.

La nota docente dell’ateneo casertano chiosa: “…Inoltre mi sembra a dir poco ridicolo che questa cosa sia venuta fuori solo ora: il direttore aveva dimenticato la sua età quando gli fu affidato l’incarico della durata di quattro anni? …”.

Per sapere cosa realmente sia stata e cosa sia la trasformazione dei beni culturali ad opera del politico ferrarese, anche con riguardo alla selezione dei direttori museali evocata, basta leggere quello che si scrive in ambito tecnico scientifico, che è cosa diversa dalle chiacchiere una volta da bar ora da chat cheriecheggiano tra i compiaciuti gruppi social come i novax.

Vittorio Emiliani, uomo di cultura a tutto tondo, nel suo saggio Lo sfascio del Bel Paese, definisce deforma la riforma Franceschini, che sottopone ad uno stringente e motivato vaglio critico e per la quale non esita a parlare di vero e proprio sfascio.

Dando la voce a Tomaso Montanarie Vincenzo Trione, nel loro recente volume Contro le mostre sostengono condivisibilmente: “ …se almeno questi direttori fossero stati scelti in modo serio e trasparente la riforma avrebbe segnato punto sul campo. Ma così non è stato: al di là della propaganda governativa (e con il massimo rispetto delle persone dei vincitori) i risultati sono stati oggettivamente modesti. La grande levatura scientifica internazionale, sbandierata da Dario Franceschini sulla prima pagina dell’Unità, decisamente post- gramsciana, era una balla colossale. Sono stati promossi a direttori di grandi, e a volte grandissimi, musei storici dell’arte che erano curatori di sezioni di musei di secondo, o terzo, ordine: nemmeno uno dei nuovi nominati ha avuto esperienze lontanamente comparabili alle responsabilità che si è assunto in Italia. In due casi estremi – attestati entrambi in Campania: la Reggia di Caserta e il Museo Archeologico Nazionale di Napoli- sono state scelte figure dalle competenze remotissime, e francamente incomparabili alle enormi responsabilità in gioco….. quando le terme di idonei composte dalle commissioni sono state rese note… è stato evidente che …la scelta era stata ideologicamente e politicamente orientata”.

Questo è.

Infine, il direttore Mauro Felicori continua ad invocare l’incremento di pubblico come prova del rilancio del sito. Ma i numeri sono poca cosa per un luogo d’arte ( e come riporta la tabella che pubblichiamo, anche smitizzanti)  specie se non si mette mano, come lui ha scelto di non fare,  alla vera emergenza, che è quella dei servizi e dell’offerta museale.

La letteratura del marketing museale più recente ha indirizzato le sue strategie sulla qualità dei servizi, autentico indicatore nelle graduatorie stilate dall’utenza.

Peraltro va considerato che neppure la “quantità” di pubblico rappresenta un valore primario nelle progettazioni delle politiche di crescita dei siti museali; infatti sempre più spesso si legge la necessità di attrarre “qualità” di pubblico che normalmente non si lascia “accattivare” da un’offerta scontata o addirittura scadente.

Ancora una volta Caserta paga lo scotto di politiche improvvisate, ancorate a criteri obsoleti e senza un progetto articolato, vero “patto pubblico” verificabile, come pure esistono nell’esperienza italiana.

 

Dalle rilevazioni dell’Ufficio Statistiche del MIBAC sugli istituti museali italiani più visitati: la Reggia, dal settimo posto che occupava nel 2005 come museo più visitato, ora perde due posti.

 

ANNO               POSIZIONE              N. VISITATORI

Anno 2005       ”  n.7  ”                   n.657.045

Anno 2006.    ”   n.7    ”                  n.679.182

Anno 2007    ”     n.7   ”                  n.657.060

Anno 2008     ”    n.9   ”                 n.494.135

Anno 2009    ”     n.7   ”                 n.562.256

Anno 2010     ”    n.7   ”                 n.601.614

Anno 2011    ”     n.9   ”                 n.571.368

Anno 2012    ”     n.8   ”                 n.531.160

Anno 2013     ”    n.10  ”                n.439.813

Anno 2014    ”     n.11   ”               n.428.139

Anno 2015    ”     n.10   ”               n.497.197

Anno 2016    ”     n.9    ”                n.683.070

Anno 2017    ”     n.9   ”                 n.838.654

 

Nell’anno 2001 il monumento, pur in carenza di collegamenti validi, era al 6 posto con 812.811 visitatori, dato comparabile con quello registrato lo scorso anno.

Nel 1997, era al terzo posto con un milione e passa di visitatori, per l’esattezza 1.076.550, dopo che l’anno prima ne aveva registrati 1.025.1767.

 

Effetto Reggia, non effetto Felicori, come abbiamo sempre sostenuto