Le comiche di Ferragosto. Uffici della soprintendenza come forni crematori e la Torriero mette nero su bianco di bere, di bagnarsi la faccia e di aprire le finestre all’alba

16 Agosto 2018 - 19:06

CASERTA (g.g.) – Ormai non ci stupiamo più di niente e crediamo che neppure i nostri lettori, i soli che vengono informati realmente su come vadano le cose in questa terra, si stupiscano più di alcunché. Giuseppina Torriero l’avevamo lasciata, due o tre estati fa, in una lunga inchiesta su quelle che si potevano definire “ipergarantisticamente” delle disattenzioni sulle volumetrie extralarge e ampiamente incrementate dei palazzi storici o, comunque ubicati, nel centro storico di Aversa.

Per più di dieci anni, Giuseppina Torriero, responsabile proprio per l’area di Aversa, era stata fondamentalmente in silenzio davanti a quello che è stato un vero e proprio sacco della città, orchestrato da ben precisati professionisti locali di cui, al tempo della nostra inchiesta, facemmo nomi e cognomi con tanto di casuali relazioni con ambienti ugualmente identificati della soprintendenza.

Forse anche per quel motivo, avendo CasertaCe rivelato pure certi incarichi ricevuti dalla nostra, dai mitici e più che controversi fratelli Gambardella, che la Torriero dovette battere in ritirata dalla terra normanna, diventando responsabile dell’area di Caserta capoluogo.

A qualche anno di distanza ce la ritroviamo quale braccio destro del soprintendente Buonomo sempre più disorientato e frastornato, come ha ben dimostrato nella vicenda della nuova sede dell’aeronautica. La Torriero, accudisce, amministrativamente parlando Bonomo, ma è anche diventata, lei, l’ex grande maestra del silenzio assenso, una loquace mammina premurosa per tutti i dipendenti della soprintendenza che, nelle scorse settimane, per poco, non ci hanno rimesso la pelle lavorando in stanze dove la temperatura ha raggiunto anche i 45 gradi.

Ovviamente il fatto si è trasformato in un’urgenza sanitaria. Abbiamo scoperto che la soprintendenza non è dotata di condizionatori e che solo ora li ha ordinati. Probabilmente non servivano, visto il talento della Torriero, grande prestidigitatrice delle volumetrie, ma anche, inopinatamente e sorprendentemente, capacissima nutrizionista e talentuosa operatrice sanitaria in grado di dare le giuste dritte per combattere il caldo.

Nel luogo dove il sole, ultimamente, come abbiamo pure scritto, sta facendo brutti scherzi, non solo arroventando la vita dei dipendenti ma anche bruciando qua e là qualche chip cerebrale, capita di leggere una sorta di ordine di servizio (perché, formalmente o surrettiziamente, una che scrive la frase: Precauzioni da adottare…” formula proprio un ordine di servizio) tra il surreale il comico spinto.

“Da a dot ta re”, leggete bene, quindi, non semplicemente, adottabile e consigliabile. In questo caso, il modo infinito, preceduto dalla preposizione, è assimilabile a un imperativo categorico. Il resto, come si diceva, è comicità allo stato puro.

La Torriero dice ai dipendenti che il mattino presto devono aprire le finestre per far entrare l’aria fresca (media temperature alle 8 di mattina, ad agosto, 32 gradi) e, nelle ore più calde, blindarsi all’interno, chiudendo tutti i balconi e le finestre. “Questo” – continua la Torriero, compatibilmente – “entro i limiti dell’attività d’ufficio”.

Ciò che cosa significa, allora? Per caso che i dipendenti debbano suicidarsi spalancando balconi e finestre alle due del pomeriggio, offrendo il petto ad un fascio di raggi Uva o ultravioletti, che di sì voglia?

Ma il divertente deve ancora arrivare e arriva sulla coda del documento. Qui la Torriero scrive come parlano gli allampanati medici compulsati dai tg nazionali per dire le stesse cose ogni anno quando le temperature cominciano a superare i trenta gradi. E qui è davvero Torriero show: “Indossare indumenti leggeri”. Siccome, però, non dobbiamo dimenticare che stiamo parlando di una fine conoscitrice del bello artistico, è ovvio che la genericità della raccomandazione sull’abito leggero venga esaltata da una specificazione tessile: “Cotone e lino“.

“Evitare alcolici”, e qui la Torriero ha ragione in considerazione degli usi e costumi, molto spesso filoetilici, ampiamente praticati nella soprintendenza e anche in casa dei cugini dell’ente Museo Reggia di Caserta. “Bere due litri d’acqua”,ordina la Torriero.

Ora, siccome si tratta di comportamenti da osservare e non consigliati, osservabili, ci viene da dire che l’acqua la deve mettere a disposizione l’amministrazione, cioè la soprintendenza, perché mai al mondo si è visto un ordine di servizio che impone ai dipendenti di rimetterci di tasca propria. Stesso discorso per la frutta che in questo periodo costa molto e di cui la Torriero raccomanda l’utilizzo.

Il resto lo leggerete nel documento che pubblichiamo qui sotto. Non siate increduli poiché si tratta di una disposizione realmente uscita e partorita da un ufficio amministrativo Ministero dei Beni Culturali, da cui la soprintendenza dipende in via diretta.

Una dirigente che concepisce un contenuto di questo tipo, ma anche solo l’idea che una roba del genere possa avere validità giuridica, come può assumersi responsabilità più importanti, fondamentali, come quelle riguardanti la tutela, la salvaguardia del patrimonio artistico di questa provincia, anzi di due province dato che la soprintendenza ha competenze anche su Benevento?

P.S. Ah, dimenticavamo: viene anche indicato il rimedio dell’acqua gelata sul viso. Al di là del fatto che qualcuno potrebbe anche beccarsi la polmonite, il dubbio che angoscia il mondo in questi giorni è il seguente: come cazzo si asciugano i dipendenti, se non c’è neanche un grammo di carta nei bagni della soprintendenza?

 

CLICCA QUI PER LEGGERE