Il pentito Misso: “Armando Diana e Vincenzo Zagaria fratelli.” Quell’autogrill in zona MARCIANISE di Nicola e Antonio Diana e i soldi versati da Michele Zagaria ai Belforte

25 Gennaio 2019 - 13:12

CASAPESENNA(g.g.) Nelle dichiarazioni di Giuseppe Misso, che costituiscono parte integrante della recente ordinanza che ha portato all’arresto dei fratelli Antonio e Nicola Diana e dello zio Armando, ci sono degli spunti un pò diversi da quelli che connotano la narrazione dei pentiti che sono stati più vicini, proprio fisicamente, al boss Michele Zagaria.

Giuseppe Misso parla di suo padre Nicola e ne parla proprio per sottolineare quello che lui definisce un rapporto quasi fraterno che li legava a Mario Diana, padre di Nicola e Antonio, che fu ucciso nel 1985 in piena era-Bardellino.

Mario, ma non solo. Con gli altri due fratelli, Armando e Costantino, la relazione fu dello stesso tipo e ovviamente continuò dopo la morte di Mario Diana. L’interesse comune era rappresentato dalla professione esercitata nell’ambito dei trasporti. Del rapporto tra i Diana e la Scania abbiamo già scritto. Non abbiamo scritto, però, che questa grande azienda di camion aveva insediato una sua attività in quel di Cancello Arnone. Al suo capo c’era Antonio Salzillo,

detto Capacchione, ben noto nipote di Antonio Bardellino e ucciso da Francesco Schiavone e company un minuto dopo l’arrivo della telefonata, dal Brasile, dell’avvenuto omicidio di Antonio Bardellino.

Insomma, Scania aveva un capannone industriale e lo aveva affidato, in pratica, proprio ad Antonio Bardellino. La stessa Scania in cui la famiglia Diana muoveva i suoi primi passi imprenditoriali. dopo la morte di Bardellino, quello stabilimento chiuse i battenti, mentre i Diana continuarono, secondo il racconto di Misso, a portare avanti le loro attività dopo aver acquistato (PER VEDERE COME CLICCA QUI), il terreno nella zona industriale di Gricignano dove prima insediarono un deposito della Montefibre di Acerra e successivamente tutte le aziende di rifiuti, da Sri fino ad Erreplast.

Misso racconta di diversi colloqui con Armando Diana, il quale gli avrebbe detto di aver costruito un saldo rapporto con Vincenzo Zagaria. Mentre quello successivo con Michele, ugualmente solido, sarebbe stato gestito e curato, ciò sempre secondo quello che Misso dice di aver sentito da Armando Diana, proprio da Antonio e Nicola Diana.

Il legame tra i Misso e Armando Diana è testimoniato anche da un altro episodio, raccontato dal pentito, il quale avrebbe aperto per la prima volta un conto corrente a San Cipriano, grazie ad un assegno in lire datogli proprio dallo zio dei titolari di Sri.

Ultimo passaggio, quello riguardante un autogrill, in area marcianisana e che, secondo il pentito Misso, era gestito proprio dai fratelli Diana. Siccome in quel periodo si parlava anche di mancate rimesse di denaro di Michele Zagaria ai Belforte, che, scherzandoci un poco sopra, erano quelli “competenti per territorio” sulle diverse attività che Zagaria aveva aperto o controllava in zona, si discusse anche dei soldi che Michele Zagaria non aveva versato al clan dei Mazzacane proprio per quell’autogrill. Un’affermazione, quest’ultima che secondo i magistrati, innesterebbe un ulteriore, nuovo elemento sulle relazioni economiche intense, e non certo costituite dal meccanismo tra estorsori e vittime delle estorsioni, tra Michele Zagaria e i fratelli Antonio e Nicola Diana.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA