MARCIANISE. Anche Alessandro Cappuccio nel girone dei giostrai. Velardi come una mantide: prima lo ha amato e poi lo ha ucciso
3 Aprile 2019 - 17:25
MARCIANISE – “Forche caudine a chi?”
Velardi, dopo averlo promesso in una delle molte riunioni fatte con i consiglieri comunali del Pd e con i vertici di questo partito, non l’ha fatto.
Tre minuti dopo la conclusione di quell’incontro, questo giornale già pubblicava un articolo su cui campeggiava il titolo ispirato al celeberrimo episodio del giogo a cui il popolo sannita vincitore sottopose i romani.
“Forche caudine a chi?”
E figuriamoci se Nelloman si fa imporre una manovra di pur doveroso risparmio di spesa da quelli del Pd. È bastato tornare a casa, pensarci un attimo, collegare le proprie riflessioni all’appena citato articolo, e tutti gli staffisti, gli alti specializzati, i comandati, a partire dall’ultima arrivata Angela D’Anna, fino ad arivare al rinnovato per l’anno 2019 Alberto Negro, annunciati già con la valigia in mano, sono rimasti al loro posto, continuando così a drenare quattrini con la pala dalle casse del Comune di Marcianise.
Tutti, tranne uno.
Ovviamente, questa amministrazione comunale che ha la necessità di manifestare le proprie caratteristiche identitarie e la propria inettitudine un giorno sì e l’altro pure, ha silurato Alessandro Cappuccio, dirigente dei Servizi Sociali, con una determina di revoca del comando, naturalmente a rischio illegittimità.
Evidentemente precipitato anche lui, che da Velardi era stato fortemente voluto, nel girone dei giostrai o magari deragliato durante la mitica Coppa Cobram fantozziana nel ristorante “Il Curvone”, è stato oggetto di un benservito formalmente esplicitato attraverso “la revoca del comando”.
Ora, noi un minimo di ricerca giurisprudenziale la vogliamo fare. Ma non occorre un giurista per affermare una roba logica: l’istituto del comando è frutto di due volontà, anzi tre, convergenti verso lo stesso obiettivo.
L’ente pubblico X alle cui dipendenze lavora Y, autorizza quest’ultimo, assecondandone la richiesta, a lasciare il proprio posto, fornendo altresì formale accettazione dell’istanza proveniente dal secondo ente che quel dipendente dovrà accogliere nel proprio organico.
Insomma, si tratta di una vera e propria festa del multilateralismo, di un atto che si forma giuridicamente grazie alla riduzione ad unum di tre sotto-atti distinti l’uno dall’altro.
Scusi Velardi, è vero che lei si crede il re del mondo. Ne ha tutto il diritto.
Ma diventa un esercizio velleitario quello che si manifesta in una determina che esprime un atto unilaterale di revoca del comando, istituto composito e pluricellulare, non unicellulare.
In parole povere un Comune può aprire una procedura chiedendo all’ente di provenienza, che nel caso di Cappuccio non è rappresentato dal Comune di Caserta, nel cui organico il dirigente arrivò comandato dalla Regione Puglia, che è il suo vero datore di lavoro, di prendere in esame l’istanza di revoca del comando. In poche parole, con un percorso specularmente contrario a quello che ha portato Cappuccio a Marcianise, si può far tornare il medesimo alla base.
Naturalmente, a quanto ci dicono, la determina è sparita dall’albo pretorio, dove però più di uno l’avrebbe scaricata e conservata.
E allora tutti alla trattoria “Il Curvone”.
Alessandro Cappuccio dovrà continuare ad essere pagato dal Comune di Marcianise che lo relegherà, insieme a tutti gli altri deragliati, cioè Fulvio Tartaglione, Gennaro Spasiano, nelle stanze della decantazione, dove, rimanendo al tema fantozziano, nuoteranno per premio nell’acquario del mega sindaco Velardi.