L’attore dei “Ragazzi del Muretto” Amedeo Letizia ci ha scritto un libro, ma il Tribunale considera il fratello Paolo un camorrista

13 Febbraio 2020 - 18:59

CASAL DI PRINCIPE – Qualche ora fa (QUI I DETTAGLI) abbiamo pubblicato la sentenza del Gip nel processo, con rito abbreviato, a carico del collaboratore di giustizia Francesco Della Corte, condannato a sei anni e due mesi per duplice omicidio e per la tentata uccisione di una terza persona. Leggendo le parole che il giudice delle indagini preliminari Della Ragione dispiega nella sentenza, per forza di cose dobbiamo soffermarci su ciò che viene scritto a riguardo di Guido e Paolo Letizia, rispettivamente padre e fratello dell’attore e scrittore Amedeo.

Un libro, una vita da raccontare anche attraverso un film, Nato a Casal di Principe, presentato alla sezione Cinema del Giardino, in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia e vincitore del Nastro della legalità per il cinema nell’edizione 2018 dei Nastri d’Argento, storico premio consegnato dal Sindacato nazionale giornalisti cinematografici italiani sin dal 1946. La storia scritta in maniera autobiografica ci racconta di Amedeo Letizia, giovane aspirante attore che vede nel 1989 scomparire il fratello Paolo, ritenuto vittima innocente della camorra, almeno fino ad ora.

Nel dispositivo della sentenza, il giudice riporta testualmente le parole di Francesco Della Corte: “Il padre di Paolo Letizia, di nome Guido, all’epoca, e cioè sul finire degli anni ’80, era titolare di una concessione dell’Algida con deposito a Casal di Principe. Dunque distribuiva i gelati Algida in gran parte dell’agro-aversano. Ovviamente veniva imposto a tutti gli esercenti di comprare gelati dell’Algida a preferenza delle altre marche. Ciò veniva fatto in quanto il Paolo Letizia apparteneva al clan dei Casalesi, e tutto il clan sponsorizzava il padre di Paolo Letizia. Senonché questo Pellegrino si rifiutò di sottostare all’imposizione casi come mi venne raccontato da Letizia. Riferimmo la cosa a Iavarone Francesco all’epoca capozona per i Casalesi a Carinaro a cui io Marco Caterino e Paolo Letizia facevamo riferimento, e ritenemmo opportuno, per dare un po’ l’esempio di ammazzare questo Pellegrino“.

Una dichiarazione, questa del collaboratore di giustizia appena riportata, inserita nelle motivazioni della decisione di condannare lo stesso. Queste parole, anticipate dalla sentenza della Cassazione del giugno 2018 riguardante la scomparsa e il decesso del giovane Paolo Letizia (PUOI LEGGERE QUI), fanno sì che il lavoro di recupero della figura dello stesso Paolo perda di quel valore di rivalsa elogiato e apprezzato da tanti, uno sforzo su cui Amedeo Letizia ha lavorato per tanti anni, sicuramente in buona fede. La sentenza del Gip fa sì che diventi giuridicamente vera e reale l’appartenenza di Paolo Letizia al clan dei Casalesi e il coinvolgimento del giovane alla morte del commerciante Vincenzo Pellegrino, così come sentenzia il Gip. E da oggi la sua morte perde, inevitabilmente, quell’aura di vittima inerte della lupara bianca di cui è investita dal 1989, anno in cui avvenne l’uccisione del 20enne.

LEGGI LA SENTENZA DEL GIP