CAMORRA & APPALTI. Vinceva le gare in cambio del 10% al clan dei Casalesi, sequestro milionario per noto costruttore

27 Ottobre 2023 - 09:50

Bloccato il patrimonio dell’imprenditore e della sua famiglia.

CASAL DI PRINCIPE. Il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli sta dando esecuzione in queste ore a un provvedimento di sequestro emesso dalla Sezione per l’applicazione delle Misure di Prevenzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta della Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di un imprenditore originario di Casal di Principe, titolare di aziende edili e immobiliari.
Alla base del provvedimento vi sono plurimi elementi di fatto idonei a fondare un giudizio di pericolosità sociale
qualificata dell’imprenditore casertano e a far ritenere che il suo patrimonio (e quello del suo nucleo familiare) si
sia formato e sia stato incrementato negli anni grazie ad attività illecite.
Rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione per delinquere di stampo mafioso e condannato in primo
grado per reati di corruzione e di turbativa d’asta a seguito di indagini condotte anche dall’Arma dei Carabinieri,
il soggetto è ritenuto appartenere, sin dal 2000, a un ristretto gruppo di imprenditori di fiducia delle fazioni
Schiavone e Russo del clan dei Casalesi.
In tal senso, depongono, tra l’altro, le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia che descrivono il
destinatario dell’odierno sequestro come imprenditore che, attraverso l’alterazione sistematica delle gare
d’appalto

realizzata mediante il ricorso a condotte corruttive o alla forza di intimidazione del clan, partecipava
stabilmente a un sistema volto ad assicurare ai Casalesi l’aggiudicazione dei lavori pubblici, consentendo in tal
modo uno stabile introito alle casse dell’organizzazione criminale.
I capi del clan consentivano che l’imprenditore risultasse vincitore delle gare ad evidenza pubblica non facendo
partecipare i propri impresari di fiducia alle procedure di aggiudicazione oppure facendoli partecipare al solo
scopo di simulare la regolarità della gara. Lo stesso versava poi al clan una somma pari al 10% dell’importo dei
lavori che si procurava grazie a false fatturazioni.
Gli approfondimenti di natura economico-patrimoniale nei riguardi dell’imprenditore – avvenuti anche attraverso
una procedura di controllo giudiziario, poi trasformata in amministrazione giudiziaria, della durata complessiva
di tre anni e mezzo – hanno evidenziato una condizione reddituale e finanziaria incompatibile con il patrimonio
accumulato nel tempo, ragionevolmente riferibile, a prescindere dal dato della sproporzione, al frutto del
rapporto malavitoso instaurato con i Casalesi.