CAMORRA E TANGENTI. La mazzetta per il dirigente pugliese di Rfi consegnata nei pressi di un noto bar di VILLA LITERNO. Ecco chi, dove e quando

13 Settembre 2022 - 14:13

Si tratta dell’ultimo episodio specifico contenuto nell’ordinanza che ci ha impegnati, a partire dal 3 maggio scorso, per circa 4 mesi e mezzo e che, almeno per ciò che riguarda la sua parte più rilevante, quella relativa ai rapporti tra Nicola Schiavone monaciello, già pupillo di Sandokan e finanziatore di questa famiglia, fino al momento in cui è stato arrestato, andremo a concludere entro dopodomani, giovedì, al massimo entro fine settimana, cercando poi di raccogliere tutto questo lavoro in una sorta di cofanetto che però, stavolta, dato che ci buttiamo il sangue sopra, non daremo gratis

VILLA LITERNO – (G.G.) Da quanto emerge dalle intercettazioni, soprattutto da quella in cui a parlare sono, da un lato, Carmelo Caldieri, prestanome ma comunque fiduciario ca po della TEC srl dotato anche i un minimo di autonomia gestionale di Nicola schiavone monaciello, a capo il pugliese Leonardo Loiacono ingegnere, funzionario di Rete Ferroviaria Italiana, alle dipendenze della Direzione Territoriale Produzione di Bari e spesso direttore dei lavori nei cantieri di Rfi in Puglia, il rapporto tra quest’ultimo el a TEC srl era antico e consolidato.

Il testo di questa telefonata che potrete leggere nella sua versione integrale in calce a questo articolo, racconta della preoccupazione di Caldieri rispetto all’avvento, all’entrata in servizio di un nuovo dirigente di Rfi, con piena responsabilità sui lavori di interesse e che aveva già stava già dimostrando di essere molto più duro ed intransigente rispetto a quelli che lo avevano preceduto, al punto da essere pronto anche allo scontro interpersonale con le imprese che svolgevano i lavori, dunque anche con la TEC srl, subappaltataria di un cantiere, divenuto appannaggio della Macfer

srl, la subappaltante aggiudicataria della gara e anch’essa appartenente ad un’area imprenditoriale controllata da nicola schiavone monaciello, visto e considerato che a suo capo c’era quel Crescenzo De Vito, tanto amico di Schiavone da avvertirlo, dopo aver ricevuto al soffiata dal più volte citato funzionario della banca di Torre del Greco sull’inchiesta giudiziaria in corso ai suoi danni.

La risposta di Loiacono Leonardo è chiara e perentoria, dato che al suo interlocutore dice di stare tranquillo perchè fino a quando lui sarebbe rimasto lì, non sarebbe successo nulla, nel senso che loro non avrebbe avuto alcun tipo di problema su quel lavoro. Come dire, sarò anche più basso in grado rispetto al dirigente, ma su questo cantiere comando io e lui non può far nulla.

Questa telefonata avveniva il 13 luglio 2018. 6 giorni dopo, cioè il 19 luglio 2018, Luciano Loiacono, figlio di Leonardo Loiacono, ben equipaggiato da un potente navigatore satellitare, imboccava l’autostrada Bari-Napoli e arrivava prima di mezzogiorno nei pressi Safè Cafè, in via Vittorio Emanuele III a Villa Literno. Lì veniva raggiunto dal “solito” Vincenzo Bove, autista e tuttofare di Nicola Schiavone monaciello eda Mattia Errico, persona che incontriamo per la prima volta, trattandosi di un semplice dipendente della TEC srl, figlio di Sabina Visone, a sua volta dipendente della stessa società.

Bove e Mattia Errico erano partiti dalla sede della TEC, cioè da viale Gramsci, cioè che si trova a pochi metri di distanza da Mergellina. Sul posto, Mattia Errico aveva avvicinato quello che lui chiama “signor Loiacono” consegnandogli una busta.

Il fatto che dentro in quella busta ci fosse denaro contante, lo mette in pratica nero su bianco, Vincenzo Bove che sempre nella stessa intercettazione ambientale, esclama al cospetto di Mattia Errico: “S’è preso i soldi e se ne va!”.

Come dire: non ci ha offerto nemmeno un caffè e non si è trattenuto nemmeno per qualche formale convenevole.

Dunque Mattia Errico lo chiama signor Loiacono, Vincenzo Bove svela che dentro a quella busta ci sono “i soldi“. Ciò consente ai pubblici ministeri della Dda di formulare una richiesta di riconoscimento dei gravi indizi di colpevolezza ai danni di diverse persone: Nicola e Vincenzo Schiavone, Luciano e Leonardo Loiacono, Vincenzo Bove e Mattia Enrico.

Il gip del tribunale di Napoli Giovanna Cervo ritiene da parte sua, che poi è la parte che conta quando si firma e soprattutto si esegue un’ordinanza, che i gravi indizi di colpevolezza sussistano solo a carico di Vincenzo Bove e di Leonardo Loiacono e Carmelo Caldieri. Ciò proprio in conseguenza delle due intercettazioni citate: quella tra Caldieri e l’ingegnere pugliese e quella che racconta del passaggio di danaro, avvenuto a Villa Literno.

E qui, si verifica un fatto che andrebbe utilizzato per spiegare quale sia la differenza tra un addebito giudiziario e un addebito morale che quando riguarda uomini pubblici, investe anche le cosiddette questioni di opportunità che dovrebbero impedire a certe persone anche di presentarsi al cospetto del popolo sovrano.

Per Luciano Loiacono, infatti, il giudice non applica alcuna misura e non ritiene sussistenti gravi indizi di colpevolezza. Leggete bene la motivazione: “a parere di chi scrive, non sussistono sufficienti indizi a carico di Luciano Loiacono atteso che non vi è prova che il medesimo fosse a conoscenza della ragione della dazione di danaro.”

In poche parole, Luciano Loiacono è stato furbo, mentre Vincenzo Bove è stato fesso. Perchè Luciano Loiacono, evidentemente più scaltro del Bove, non ha proferito parola, proprio perchè, non si sa mai, le parole pronunciate in una conversazione eventualmente intercettate, avrebbero potuto provare il fatto che lui fosse consapevole che in quella busta c’era danaro da consegnare a suo padre per i servigi che questo rendeva a Caldieri e, attraverso questi, a Nicola Schiavone.

D’altronde, non è che uno parte da Bari o da Taranto, per farsi 450 km tra andata e ritorno in pochissime ore per andare a ritirare una busta di soldi per una operazione innocua, senza alcun connotato di illegalità. Ma siccome Luciano Loiacono è stato zitto e il grave indizio di colpevolezza non può, giustamente, essere fondato soprattutto nella circostanza in cui di mezzo c’è uno coinvolto in un singolo episodio, sul “non poteva non sapere“, ecco che il gip lo chiama fuori.

Naturalmente tutti capiscono che Loiacono junior sapesse bene cosa andasse a fare a Villa Literno, dunque, non in una località amena, dove si gode il panorama naturale. Ma una cosa è l’indizio, giudiziario, una cosa è la prova giudiziaria, altra cosa la responsabilità morale e civile di comportamenti che, se non implicano un’la formulazione di un’accusa penale, rimangono comunque lì, oggettivi e incontestabili, nel momento in cui la valutazione etica, morale e nel caso di personaggi pubblici, politica, diventa comunque importante, come capita ad esempio quando un partito deve scegliere un candidato a qualcosa.

Una valutazione simile viene elaborata ed esposta dal gip anche su Nicola e Vincenzo Schiavone. Diciamo che Vincenzo Bove è stato fesso, ma non al punto da fare il nome di Nicola o di suo fratello Vincenzo, commentando la dazione di quella usta a Luciano Loaicono. E nemmeno i nomi dei germani Schiavone hanno fatto capolino nella telefonata tra Carmelo Caldieri, per gli amici Leo, e Loiacono padre, cioè Leonardo Loaiacono.

Dunque, il gip pur comprendendo anche in questo caso, per tutto quella che è stata la dinamica delle azioni rilevate in queta indagine, che Nicola Schiavone è sicuramente dietro alle quinte di questa vicenda, non può riconoscere i gravi indizi di colpevolezza carico suo e di suo fratello Vincenzo, per questo specifico episodio della corruzione legata ai lavori ferroviari pugliesi e di cui avrebbe beneficiato l’ingegnere Leonardo Loiacono, perchè “la condotta non è a loro direttamente riconducibile, e pertanto, tenuto conto del potere di gestione ordinaria attribuito al Caldieri, non può escludersi che il medesimo abbia agito di sua iniziativa.

Insomma, noi, la stessa dottoressa Cervo e tutti quelli che hanno letto direttamente o attraverso noi questa ordinanza, sappiamo bene che questa operazione di corruzione era comunque pianificata da Nicola Schiavone. Lo sappiamo ma nessuno di noi, ovviamente a contare è la posizione del gip, può avere una certezza matematica, visto e considerato che qui non si ragionava su uno scenario criminale, su una somma di azioni messe insieme potevano sviluppare un evidente responsabilità del gran burattinaio Nicola Schiavone, ma di un singolo episodio, per il quale un grave indizio di colpevolezza non può essere costituito solo da una intenzione.

Amen.