CAMORRA, POLITICI E COMPARI. La tentata estorsione a Zannini ci potrebbe anche stare. Ma perché l’ha denunciata solo ora, dopo un anno? Operazione di contropiede? Un paio di cosette che non tornano…

3 Giugno 2024 - 20:52

Sono tempi complicati per tutti, in cui saltano fuori (ma su questo risponderemo stavolta nelle sedi giudiziarie) anche fantomatici incontri tra il sottoscritto e Alfredo Campoli, che francamente io faccio fatica a comprendere quando parla in un video, figuriamoci direttamente. Avrebbe detto Mughini: “Aborro”. Mai visto e mai parlato con lui. Gli orari dell’ultimo presunto incontro dell’8 maggio sera, tra Tiberio La Torre e Pasquale Campoli, così come esplicitato da quest’ultimo, è diverso da quello messo nero su bianco da Zannini nella sua denuncia del 9 maggio.

MONDRAGONE (gianluigi guarino). Le ordinanze firmate ed emesse dai Giudici per le Indagini Preliminari incubano spesso le certezze che la pubblica accusa, ossia i pubblici ministeri, trasmettono nelle loro richieste, soprattutto quando queste riguardano titoli di tipo cautelare, ossia di massima limitazione della libertà personale, giusto per intenderci, galera e domiciliari.
L’ordinanza relativa all’arresto di Tiberio La Torre risente anche della velocità supersonica con cui si è dovuto mettere insieme le informative della polizia giudiziaria, la richiesta formalizzata dai Pm della DDA di Napoli e l’ordinanza del Gip.

Per cui abbiamo dovuto spesso rileggere alcuni passi, in considerazione del fatto che c’era un po’ di confusione.

Uno di questi riguarda la concitatissima serata dell’8 maggio scorso, quando alla caserma dei carabinieri di Mondragone si presentano sia Alfredo

Campoli, l’imprenditore dei rifiuti amico e compare di nozze di Giovanni Zannini, che il figliolo Pasquale Campoli, anche lui imprenditore sulle orme di papà.

In partenza viene chiarito che Alfredo Campoli rilascia sommarie informazioni testimoniali o “sit” che dir si voglia, mentre Pasquale Campoli elabora e firma una formale denuncia.

Tre pagine dopo, però, avviene un’inversione. E così Alfredo Campoli risulta essere presentatore della denuncia e Pasquale latore di sit.
Il fatto non è irrilevante, perché proprio dalla denuncia che poi, evidentemente, leggendo l’ordinanza nella sua interezza, è proprio Pasquale Campoli a presentare e non suo padre Alfredo, che al contrario produrrà lo stesso atto il giorno 10 maggio, si apprende quale sia stata la ricostruzione precisa di alcuni fatti importanti avvenuti nella serata dell’8 maggio, prima della trasferta in caserma, a questo punto sicuramente verificatasi dopo le 22 di quella sera.

Giovanni Zannini, nella sua denuncia datata 9 maggio, afferma che dopo essersi preoccupato gravemente per le sorti della sua famiglia, quando prima di mezzogiorno Pasquale Campoli si era recato a Napoli nel palazzo del consiglio regionale per raccontargli che due ore prima La Torre gli aveva ribadito la richiesta di riferire a Zannini il messaggio che scucisse 50mila euro, rimaneva nel palazzo napoletano fino alle 19.20 di sera, macerato dalla preoccupazione. Zannini racconta di essere arrivato al cospetto di Pasquale Campoli alle 20.50 e che questi lo abbia avvertito della circostanza di una nuova visita fatta da Tiberio La Torre all’esterno dell’abitazione del consigliere regionale.

Facciamo un passetto indietro: dell’incontro mattutino tra lui e Pasquale Campoli, Zannini racconta di una voce tremante da parte del suo interlocutore, della quasi impossibilità a proferir parola, di un tremolio ancora più forte di mani e braccia di Campoli jr.

Torniamo alle 20.50. Lì Zannini, stando alle dichiarazioni contenute nella sua denuncia, apprende della visita fatta da Tiberio La Torre sotto casa sua e raccomanda a Pasquale Campoli di non rispondere più al camorrista, perché, stando così le cose, lui sarebbe andato dai carabinieri a presentare denuncia e lo stesso consigliava di fare anche al padre e al figlio di quella che è la famiglia a lui più cara di Mondragone.
Due ore, due ore e mezza dopo, Pasquale Campoli firma una denuncia in cui afferma che alle 21.26 Tiberio La Torre si sarebbe presentato sotto casa sua e gli avrebbe telefonato, chiedendogli di parlare. Campoli jr gli dice che è inutile e che Zannini lo andrà a denunciare. Provvidenziale e tranquillante, però, fu una doccia evidentemente accompagnata da qualche emolliente del Tibet. Fatto sta che il tremante Pasquale Campoli, che a Mezzogiorno non riusciva nemmeno a proferir parola al cospetto di Zannini, riacquista il coraggio e apre il portone dentro al quale, dice lui, Tiberio La Torre si introduce. Insomma, sicuramente ci sarà stato qualche errore di trascrizione, ma come si può ben capire, gli orari indicati da Giovanni Zannini e quelli indicati da Pasquale Campoli non tornano assolutamente. E francamente non torna nemmeno questa raffigurazione della strizza e della paura paralizzante di Pasquale Campoli, che se avesse avuto paura realmente, col cavolo che apriva il portone, sapendo che là sotto ci fosse Tiberio La Torre.

Su alcuni contenuti, che a nostro avviso sono contraddittori, tre persone che sicuramente si sono parlate tra di loro prima di iniziare la peregrinatio nella caserma dei carabinieri di Mondragone, tra la sera dell’8 maggio e la giornata del 14 maggio, non sono riuscite a coordinarsi e a incastrare completamente le dichiarazioni dell’uno in quelle dell’altro. Ciò non vuol dire assolutamente che noi, per quel che conta, visto che in questo caso l’opinione dirimente è quella dei magistrati, compreso il tribunale del Riesame che ha confermato la misura cautelare ai danni di Tiberio La Torre, riteniamo che quest’ultimo non abbia tentato di compiere un’estorsione ai danni di Giovanni Zannini.

Anzi, a dirla tutta, siamo convinti che ci abbia provato. Però, come cambiano le cose nel tempo, tu pensi a un Tiberio La Torre, che per definizione, per cognome dovrebbe essere un camorrista scafato ed esperto e ti accorgi di trovarti di fronte a un camorrista un po’ suonato, forse troppo stagionato, visto che lui e il figlio disseminano la rete di messaggi scritti o audio affidati a whatsapp che, come si sa, è largamente intercettabile o, comunque, offre la possibilità a chi li riceve di conservarli. Per non parlare poi dei video che Tiberio La Torre fa diventare strumento delle estorsioni, secondo il denunciante riuscite, nei confronti di Alfredo Campoli, circa 20mila euro. Straordinariamente lucido e luciferino, da un punto di vista criminale, appare poi Antonio La Torre, quello da cui Zannini si sarebbe difeso, fisicamente e legittimamente, una quindicina di anni fa. Questo spedisce dei messaggi scritti utilizzando un numero sconosciuto, stando a quello che Zannini racconta, un’utenza tedesca. Però, mentre scrive i suoi messaggi, che comunque, sviluppano contenuti dentro al contesto logico del tentativo di estorsione che suo padre prova a organizzare ai danni di Zannini, riversa, giusto per non farsi mancare nulla, sempre nella chat del consigliere regionale degli audio messaggi in cui la sua voce è riconoscibilissima. Decisamente geniale.

Della serie c’erano una volta i La Torre, ora ci sono due camorristi suonati.

Finalino: Zannini sostiene, come se si trattasse di un normale cittadino o anche di un semplice avvocato, di aver ricevuto le prime richieste estorsive da Tiberio La Torre, già durante l’ultima estate e durante l’ultimo autunno, prima che il pregiudicato si facesse vivo a casa sua, a dicembre e poi a febbraio.

Ma Giovanni Zannini non è né un privato cittadino, né un semplice avvocato. Per cui, non può comportarsi come uno che dice che evita di andare a presentar denuncia ai carabinieri, sperando che la situazione decanterà, si svuoterà, sbollirà, così come ha dichiarato nella sua denuncia. Zannini è un consigliere regionale. Oggi non si chiamano più onorevoli, ma lo sono stati e in molti ce li chiamano ancora. E un onorevole o quasi, di fronte a una notizia di reato, che tra l’altro un avvocato penalista come lui sa ben distinguere, scatta immediatamente e denuncia il fatto. Non tanto per proteggere se stesso, ma perché rappresenta una istituzione che, per definizione deve essere integra, integerrima, e non può concedersi quelle piccole o grandi valutazioni di opportunità fondate su una possibile e utile dilazione dei tempi. E allora è lecito chiedersi perché Giovanni Zannini abbia aspettato un anno per denunciare Tiberio La Torre. E questa è una domanda a cui nessuno può rispondere. Ha voluto per caso utilizzare la tecnica calcistica del contropiede, di fronte ad una complessità di situazioni politiche o extrapolitiche che lo potrebbero riguardare? Chissà.

Alla prossima puntata.