CASERTA. Casertani “maccaroni”: vi spieghiamo perché il comune ha fatto il dissesto e perché Mario Pagano farà Bingo
3 Luglio 2018 - 13:47
CASERTA – (Gianluigi Guarino) In questi giorni, abbiamo tirato qualche randellata piuttosto energica verso il comune di Caserta e soprattutto verso l’assurda, incredibile gestione dei servizi sociali che, siccome questa amministrazione comunale ha imparato dalla storia di un pesantissimo processo per camorra in corso proprio in questi mesi al tribunale di Santa Maria Capua Vetere, continua a far vivere pericolosamente con fatti incredibili, come quello raccontato ieri sera sull’annullamento della gara per l’ufficio di piano (CLICCA QUI PER LEGGERLO).
Quando tiriamo randellate, quella sincera indignazione fa vivere meglio le persone per bene, quelle che ritengono che i politici, gli alti papaveri delle dirigenze e delle burocrazie non debbano rubare, ma crea anche una situazione tale da permettere a coloro i quali vengono presi di mira, di sfruttare la scarsa attitudine alla lettura dei casertani, calcando l’attenzione sui titoli e su qualche parola sopra le righe.
Ovviamente i contenuti di un articolo vengono letti da un numero di persone limitatissimo e certe responsabilità evaporano o, al massimo, si diluiscono in maniera molto evidente, facendo rimanere in evidenza addirittura ad un rango più importante le randellate politicamente scorrette.
E allora, con un’altra storia strana, molto strana, quella relativa al secondo dissesto, vogliamo fare un articolo calmo, in cui il contenuto, le contestazioni abitano una prosa composta, fredda e orientata a far leggere più righe possibili di quello che andremo a scrivere.
Più di uno, dato che la maggior parte dei cittadini, di queste cose non capisce un tubo e né si sogna di informarsi o erudirsi almeno in maniera sufficiente per poter utilizzare la propria facoltà di critica di fronte alla scaricata di tasse, frutto dei dissesti e di nient’altro, si chiede, a ranghi sparsissimi, quali siano state le motivazioni economico-finanziarie che hanno portato il Comune di Caserta a dichiarare, per la seconda volta, dissesto finanziario.
In effetti non è mai successo in Italia che un ente locale, che non abbia ancora formalmente e giuridicamente chiuso il primo dissesto, cioè quello dichiarato il 24 ottobre 2011, ne dichiari un altro in totale sovrapposizione.
In un primo momento, il Sindaco Carlo Marino che non è uno sprovveduto, tutt’altro, ha capito subito che quando non esiste competenza nell’opinione pubblica su un tale argomento, fomentare un confronto-scontro tra guelfi e ghibellini rappresenta il miglior modo per “buttarla in casino“, cioè per evitare che le tifoserie politiche possano impegnarsi ad approfondire bene il contenuto del tema, alzando il livello del confronto che è esattamente ciò che non vuole la classe politica di questa città, altrimenti col cavolo che prenderebbero tonnellate di voti gli Enzo Guida, i Nicola Garofalo, i Mario Russo, le Liliane Trovato ecc ecc.
Per cui, Carlo Marino, con un riflesso automatico, ha scaricato le responsabilità del secondo dissesto alla precedente amministrazione, quella capitanata da Pio Del Gaudio.
Ma la sfortuna ha voluto che, dall’altra parte, a rispondergli ci fosse colui il quale ha retto la delega al bilancio e alle finanze per buona parte di quel periodo, salvo poi dover rassegnare le dimissioni di fronte alla impossibilità di portare avanti la sua decisa azione di risanamento dei conti.
Nello Spirito ha risposto a Marino in una recente video intervista, rilasciata a CasertaCe. In quel caso, Spirito ha chiarito che nessun ulteriore debito è stato fatto al di la di quelli che l’amministrazione Del Gaudio ha trovato e per i quali, di fronte, in quel caso, all’impossibilità di pagare gli stipendi ai dipendenti del comune, ha dovuto alzare subito la bandiera bianca del dissesto.
Ma allora, questi debiti, chi li ha fatti? A leggere il consuntivo 2017 approvato dalla giunta Marino e ancora in attesa della conferma del Consiglio Comunale, dopo la bocciatura dei revisori, i residui passivi (debiti) presenti in bilancio, nel periodo 2012-2014, ammonterebbero ad oltre 4 milioni di euro.
Tra le altre cose, i poco solerti e i poco capaci uffici finanziari del comune, quando devono ripulire residui inesigibili oppure non più oggetto di obbligazione, fanno più fatica di quanto farebbero se dovessero scalare l’Everest.
L’unico debito reale è il mancato pagamento dei canoni della sede che ospita i vigili urbani: circa 230 mila euro l’anno. Manel caso specifico, ciò accade perchè esiste un contenzioso aperto sulla identità e sulla titolarità della proprietà tra il comune e il privato costruttore.
A questo bisogna aggiungere i residui passivi dal 2015 al 2017, risalenti alla gestione commissariale e all’attuale amministrazione che non sono certo di entità tale da giustificare, manco lontanamente, una dichiarazione di dissesto. Poi ci sono i famosi 9 milioni di euro di fondi vincolati da reintegrare, distratti a suo tempo dall’Amministrazione Petteruti, dalla iper creativa gestione dell’allora direttrice generale Donatella Andrisani e dell’allora dirigente ai servizi finanziari Gioacchino Petrella.
Fondi che non si sono trasformati in veri e propri debiti, perché i progetti a cui quei fondi erano destinati sono rimasti in gran parte sulla carta.
Allora, una volta stabilito che l’esposizione debitoria non giustificava il dissesto e che una politica oculata, attenta, competente avrebbe potuto ricreare condizioni per un nuovo riequilibrio di bilancio, c’è da capire perché diavolo questo dissesto è stato fatto.
Partiamo dalla procedura: cosa succederà una volta che la nuova commissione liquidatrice aprirà i termini per presentare domanda di ammissione allo stato passivo? Se tutto quello che abbiamo detto è vero, è lecito aspettarsi che il 90% della massa passiva sarà formata da coloro, che non avendo accettato la proposta di transazione al 40% nel primo dissesto, ripeteranno la domanda, sperando di incassare di più.
Facciamo un esempio: il celeberrimo debito con il creditore principe, cioè la Sace di Mario Granato Pagano non è stato estinto perchè quest’ultimo non ha accettato la transazione del 40% equivalente a circa 17 milioni di euro.
La norma impone comunque all’organismo straordinario di liquidazione, di tenere accantonata una cifra, che non è pari al 40% offerto e non accettato, ma al 50%. Dunque, nel caso di Mario Pagano, siamo a circa 21 milioni di euro. Ora con il 50% accantonato e uno sforzino del comune, si potrebbe arrivare a quel 60%, sempre ipotizzato e ambito da Pagano, dunque ad una liquidazione di circa 25 milioni di euro.
Senza una seconda dichiarazione di dissesto, nessuna amministrazione comunale avrebbe avuto il coraggio di affrontare la cosa da sola. Cosi invece dovendo l’Osl lasciare nelle casse il 50% del debito, cioè 21 milioni di euro, il comune con un piccolo mutuo (lo sforzino di cui scrivevamo prima), arriva alla fatidica cifra di 25 milioni per Pagano cioè al 60%.
E finalmente, dopo tanti anni, un sorriso splenderà sul viso di Mario Pagano che rispetto alla proposta di primo dissesto, incasserà 8 milioni e mezzo in più che ovviamente usciranno dalle tasche dei casertani, tartassati all’aliquota massima, come capita in tutti i comuni che hanno dichiarato fallimento. In questo caso, doppio fallimento.