CORRUZIONE A BRUXELLES. Ecco il testo della lettera pro Huawei e 5G cinese che potrebbe inguaiare Fulvio Martusciello
15 Marzo 2025 - 19:45

Ne siamo venuti in possesso attraverso una normale consultazione della rete realizzata da un amico che ci sa fare molto di più dei tanti colleghi dei giornali, che pur dovendo scrivere un articolo al giorno, stanno aspettando le notizie ufficiali dal Belgio e non riescono a tirar fuori un ragno dal buco. L’incredibile ex pd Ferrandino che a febbraio gridava “forza Cina” sostenendo la tecnologia che per gli americani era spionaggio, e quattro mesi prima, ad ottobre 2020, aveva firmato una missiva di segno totalmente opposto. Martusciello appoggiava la Cina, ma Tajani applaudiva Mario Draghi che aveva sottolineato le minacce di certe tecnologie
CASERTA (g.g) – Siccome l’inchiesta della magistratura belga riguarda anche parlamentari campani, abbiamo atteso dopo aver pubblicato giovedì mattina la notizia in esclusiva nazionale dell’arresto di Valerio Ottati, ex assistente del teverolese Nicola Caputo quando quest’ultimo era Parlamentare a Starsburgo e a Bruxelles, che i vari giornaloni e telegiornaloni o le storiche agenzie di stampa fornissero qualche informazione in più sulla vicenda delle presunte tangenti e dei presunti regali, elargiti dalle grandi aziende cinesi della telecomunicazioni, a partire da Huawei ad alcuni parlamentari europei affinché perorassero la causa di queste aziende nella propagazione della rete 5G.
Purtroppo nelle redazioni dei giornaloni di cui sopra si batte la fiacca e solo stamattina si è letto qualcosa di più preciso. Ad esempio, La Repubblica, pur riportando la dichiarazione rilasciata dal coordinatore regionale di Forza Italia nonché europarlamentare Fulvio Martusciello (“io estraneo a tutto”) ha raccontato di una attività intensa e di sospetti molto seri che gravano su un ex assistente del citato Martusciello, il portoghese Nuno Martins. Un soggetto per il quale la magistratura belga ha chiesto l’arresto e che è in attesta di estradizione dal Portogallo. Se da un lato, al momento, la questione riguarda l’appena declinato assistente portoghese, e fino a prova contraria, non direttamente Fulvio Martusciello, il cui nome potrebbe stare, ma potrebbe anche non stare nell’elenco degli indagati, è anche vero che, se un assistente parlamentare è diventato a suo tempo elemento di azione e di ricezione di legami o di altri vantaggi, uno è portato a pensare che questi non abbia il potere e la forza personali per aprire da solo una linea di credito così intensa con quelle multinazionali.
Auguriamo a Martusciello di chiarire totalmente la sua posizione, ma il sospetto che lui c’entri qualche cosa con la vicenda resta in piedi almeno per quello che è il nostro punto di vista.
Noi che al contrario dei giornaloni, riteniamo che questo lavoro necessiti di una dedizione certosina, abbiamo scovato un articolo, pubblicato il 18 febbraio 2021 sull’autorevole periodico Formiche che da una quindicina d’anni gode di una credibilità non comune tra gli addetti ai lavori e tra quelli che vogliono approfondire temi della politica nazionale e internazionale delle economie e di altre questioni che necessitano di competenze non comuni.
Questo articolo reca la firma del giornalista Francesco Bechis, da non confondere con Franco Bechis direttore di Open. In questo articolo, Formiche entra nel dettaglio della lettera firmata da Fulvio Martusciello e che lo stesso Martusciello poi ha ri-sponsorizzato in un suo post comparso, in quei giorni, su Twitter, dall’allora europarlamentare del PD Giuseppe Ferrandino – per gli amici Giosi – e da altri deputati europei.
Un’iniziativa piuttosto plateale e a dirla tutta anche un po’ ignorante, visto che attorno al 5G cinese in quel periodo già si addensavano polemiche, per questioni di carattere internazionale, che avevano allertato tutti i servizi segreti dell’Occidente, in relazione alle posizioni assunte soprattutto dagli Stati Uniti che consideravano queste tecnologie un potenziale pericolo di spionaggio diffuso da parte di Pechino. Mentre Antonio Tajani plaudiva all’allora premier Mario Draghi che aveva evidenziato i pericoli di ingerenze cinesi negli affari dei Paesi occidentali, bollando conseguentemente di infamia la posizione filocinese di Giuseppe Conte e dei 5 stelle; Fulvio Martusciello che di Tajani è diventato una sorta di figlioccio scriveva la lettera indirizzata alla presidente della Commissione UE Ursula Von Der Leyen e ai commissari Thierry Breton (mercato interno) Margrethe Vestager (concorrenza) Valdis Dombrovskis (commercio), affermando esattamente il contrario di ciò che Draghi aveva dichiarato e che Tajani aveva approvato e plaudito. In sostanza Fulvio Martusciello, Ferrandino e gli altri sostenevano che lui avrebbe dovuto smetterla di vessare la concorrenza di Pechino, auspicando che la geopolitica rimanesse fuori dalla corsa alla rete 5G.
Nella loro missiva gli europarlamentari esortavano la commissione europea a porre fine a quelle che definivano delle “decisioni arbitrarie” per effetto delle quali “ogni giorno sono esclusi dei fornitori”. “La nostra sovranità digitale – così era scritto ancora testualmente nella missiva – inizia fornendo ai cittadini europei la migliore tecnologia possibile, non con vaghi dibattiti protezionisti”. Di qui un appello alla commissione affinché permettesse “a tutti i player dell’industria di godere dello stesso trattamento senza discriminazione basata sulle loro origini”. Insomma, aggiungiamo noi, una sorta di accusa di razzismo tecnologico. Bisognava, per Fulvio Martusciello e gli altri firmatari della lettera, far fare ai cinesi affinché questi si adeguassero ai criteri tecnici basati sui fatti.
Per quel che riguarda la sortita social dell’europarlamentare napoletano, nel 2021 Elon Musk non aveva ancora comprato Twitter trasformandolo in X e quindi sulla piattaforma del passero cinguettante Martusciello così scriveva, aggiungiamo ancora una volta noi “bell ‘e buono”; dato che quando mai Martusciello si è occupato di telecomunicazioni che non fossero quelle elementari di un fruitore frenetico, al limite del compulsivo, di telefonini e di smartphone, martoriati dalle sue dita: “Se l’Europa vuole posizionarsi tra i leader dell’era digitale deve prendere le sue decisioni in base ai suoi interessi e non quelli (sick) di terze parti”.
Conosciamo “Fulvietto” da trent’anni. Questa roba non l’ha condotta da solo, ma diciamo che si è proposto, e sarebbe da lui, come punta avanzata della stessa al punto di attaccare finache gli Stati Uniti visto che le “terze parti” sarebbero quelle rappresentate dagli americani, pur non avendo avuto ricevuto noi notizie di crisi isteriche dopo questo tweet dalle parti della Casa Bianca dove sicuramente non sanno neppure chi sia Martusciello.
Insomma, una posizione sorprendente, inopinata a favore di Huawei e Zte, i due principali fornitori di rete 5G cinese che molto avevano ed hanno puntato sul mercato europeo visto che tanti di noi – confesso anche io, a questo punto sono un lobbista – hanno per le mani un telefono cinese.
Tutto ciò, ripetiamo, succedeva mentre gli Stati Uniti avevano alzato le barriere, in quanto accusava queste aziende di spionaggio.
Da quel momento in poi l’Unione Europea, a differenza degli americani e anche degli inglesi, pur non escludendo dal mercato Huawei e Zte ha alzato l’asticella della sicurezza con l’introduzione del 5G “tool box”, in pratica la cassetta degli attrezzi con le prescrizioni e i criteri che gli stati membri sono tenuti a rispettare.
Ferrandino, ex europarlamentare del PD, stravotato alle elezioni del 2019, quattro mesi prima della lettera pro cinesi, ne aveva firmato un’altra, di segno totalmente opposto inviata agli stessi tre commissari europei citati prima: “Non c’è dubbio – così era riportato nella missiva – che Huawei e Zte siano fornitori ad alto rischio la cui tecnologia nelle reti 5G europee costituisce una minaccia alla sicurezza”.
Per il momento è tutto, ma non è detto che nei prossimi giorni non ritorneremo sull’argomento.