EX-MACRICO. Lunedì 2 dicembre, alle 17, assemblea pubblica aperta alla cittadinanza dello storico Comitato Macrico Verde. E’ l’ora della verità per il destino dell’area. Per non vedere svanire l’ultimo polmone verde della città, i casertani dovrebbero intervenire a frotte…o subire

27 Novembre 2024 - 18:30

Caserta (p.m.) – Come abbiamo anticipato il 14 novembre scorso (qui l’articolo), il Comitato Macrico Verde, con il comunicato che pubblichiamo, ha indetto per lunedì prossimo 2 dicembre l’assemblea pubblica aperta alla cittadinanza per illustrare lo stato delle cose dell’ex area   militare di proprietà della curia casertana, specie dopo il trasferimento oscuro del relativo dossier  amministrativo dal comune di Caserta alla  Regione e per i gravi rischi di urbanizzazione a cui essa è oggi più che mai esposta.

Com’è noto, la storica associazione cittadina  si oppone da oltre venti anni ai ripetuti tentativi di accaparramento edilizio più o meno mascherato dell’area vescovile, volendo  un parco pubblico inedificabile per il capoluogo ed il suo circondario secondo l’ispirazione  espressa dall’allora  vescovo Nogaro nella sua omelia di fine anno 2000 quando proclamò: “ non permetterò nessun tipo di speculazione”. E non a caso il presule è, ancora oggi, il presidente del sodalizio, fermo nel suo proposito per quanto gli è dato.

Chi segue le vicende dell’ex Macrico sa come negli ultimi tempi ci sia stato uno scambio di accuse sulla destinazione dell’ampia superficie tra il Comitato Macrico Verde da una parte e  la Fondazione Casa Fratelli Tutti con l’Istituto

Sostentamento del Clero dall’altra. Questi ultimi, esponenti degli interessi vescovili, ad un certo punto hanno concepito un piano di cosiddetta rigenerazione della proprietà – la quale proprietà comprende il vasto terreno di 33 ettari e manufatti  militari dismessi –  corredandolo di una successiva operazione di apparente consenso sociale.

Il piano, sviluppato attraverso un masterplan di uno studio di architettura incaricato, rivendica, a presunta dimostrazione di una nessuna volontà di affarismo edilizio,  che neppure un metro cubo in più dei volumi delle costruzioni esistenti sarà realizzato. Solo che già in base a questo criterio, discutibilissimo come subito vedremo, l’impatto costruttivo sarebbe abnorme. Per rendersene conto, basta osservare la planimetria delle opere progettate per vedere che è prevista una vera e propria cittadella antropizzata, un satellite  urbanistico a tutti gli effetti. E non importa sapere quali ne siano le finalità  –  più o meno sociali, pubbliche sovvenzionate e sussidiate o di imprenditoria innovativa – perché rappresentano la negazione in radice del parco pubblico di verde incontaminato di cui necessita la città. Parlavamo di un criterio discutibilissimo, giacché fa leva opportunisticamente e formalisticamente sul fatto che la maggior parte di magazzini, depositi, palazzine militari del periodo bellico e post bellico presenti sono sottoposti a vincolo architettonico. Il quale impedirebbe ogni intervento ed anzi obbligherebbe a salvaguardare  tali testimonianze. Ora, che tali vincoli facciano strategicamente comodo alla prospettiva diocesana non c’è dubbio. Ma che siano superabili perché inattuali, giacché apposti in altro momento storico, in una chiara prospettiva politica del tempo ed in epoca di altra sensibilità ambientale, è altrettanto e forse più vero. Per vero, quando si è trattato, anche di recente, di abbattere i palazzi storici e pregevoli della città davvero meritevoli di tutela, non si è andati tanto per il sottile. Ed il come del superamento dei vincoli è subordinato, ovviamente, alla scelta che si fa dell’uso dell’area. Non va trascurato, inoltre, che la prospettiva che anima le scelte della chiesa casertana è superata dalle tendenze urbanistiche più attuali anche in ambito internazionale. Mentre qui si vuole ancora sciaguratamente costruire, la dottrina ecologista più aggiornata vuole un consumo di suolo zero e lo sviluppo delle c.d. delle foreste urbane.

Le planimetrie del progetto della sedicente rigenerazione dell’ex-Macrico. Il rendering fotografico, in particolare, mostra bene la prevalenza, la forte presenza ed espansione dei fabbricati

Il che fa differenza, una  enorme differenza. Così nel primo quadrante dell’area dell’ex-Macrico, quello che la Regione Campania che sia avvia al rinnovo elettorale intenderebbe ora finanziare, si vorrebbe realizzare un così chiamato Parco della Biodiversità. Il quale sarebbe  costituito da zone di verde estetico  e da un Museo Sensoriale ed un Collaboratorio  per la Biodiversità (collaboratorio è neologismo per il cui significato si va ad intuito in quanto non presente nei comuni dizionari di italiano, ma che ha sentore di azzeccagarbuglismo).

Dunque, chi vorrà immergersi nella pace della natura, dovrà accontentarsi di prati rasi, di qualche filare schematico di  alberi e dell’andirivieni di gite e visitatori che necessariamente bisognerà dirottare verso quelle strutture a loro giustificazione. E non è certo immaginabile che chi voglia essere frequentatore abituale del Parco così concepito vada più di una volta al Museo Sensoriale ed al Collaboratorio, salvo a non darsi anima e corpo agli studi di botanica.

Ciò precisato, riportiamo il manifesto di convocazione dell’assemblea cittadina – alle ore 17 nei locali del Circolo Nazionale di Piazza Dante – da parte del Comitato Macrico Verde, il cui titolo emblematico “Macrico: l’ora della verità” ne segna l’importanza e ci induce ad invitare i lettori a non mancare all’appuntamento che è fondamentale ed a invitare ad intervenire la propria cerchia di conoscenti. Con la propria presenza possono determinare, anziché subire, la destinazione dell’ultimo polmone verde della città.

IL MANIFESTO CHE CONVOCA L’ASSEMBLEA