Finisce la barzelletta degli imprenditori Piccolo di CASAPESENNA vittime della camorra: il Consiglio di Stato cancella la Pi.Ca. Holding e le vuole togliere anche i soldi…

5 Marzo 2019 - 13:15

CASAPESENNA (g.g.) – Si chiude definitivamente la vita societaria della Pi.Ca. Holding, un’azienda di significative proporzioni che rappresenta uno degli esempi più evidenti ed avanzati della penetrazione di capitali, fondamentalmente di origine criminale, nei mercati dei grandi appalti dell’Italia settentrionale. Il Consiglio di Stato ha, infatti, respinto, utilizzando toni anche abbastanza duri, l’ultimo ricorso presentato dagli avocati dell’azienda degli imprenditori di Casapesenna trapiantati a Modena Francesco e Luca Piccolo e del loro socio Raffaele Cantile.

Con questa iniziativa, i Piccolo, veri antesignani, seguiti da molti altri loro colleghi della finta rivolta degli imprenditori di Casapesenna contro il regime camorristico di Michele Zagaria, hanno chiesto l’annullamento di una sentenza del Tar la quale confermava la loro cancellazione dalla white list della Prefettura di Modena, a causa dei rapporti tra i piccolo e un altro imprenditore arcinoto di Casapesenna, quel Pino Fontana arrestato all’alba del 14 luglio 2015, nel corso del maxi blitz collegato all’ordinanza Medea, sulla quale lo stesso Fontana, che si trova in carcere, è stato condannato in primo grado dal tribunale di Aversa – Napoli Nord.

Per i difensori, non era sufficiente la cessione di ramo d’azienda da parte di Pino Fontana della Co. Ge. Fon. della Pi.Ca. dei fratelli Piccolo e di Cantile per dimostrare questa commistione. Nel ricorso vengono citate anche le denunce

presentate dai Piccolo già a partire dal 2008 ma che, obiettano il Consiglio di Strato, che fanno parte di quella strategia, presente in varie inchieste giudiziarie, corroborate dalle dichiarazione di pentiti, che fu lo stesso Zagaria ad avallare per allontanare i sospetti dalle aziende con cui lui stesso operava nel territorio della provincia di Caserta ma anche al di fuori della Campania e che hanno rappresentato la prima forma di finanziamento in un rapporto legato non al modello tipico dell’estorsione, ma ad una forma di mutua assistenza e collaborazione del Clan dei Casalesi.

Per questi motivi, ma anche per altri, a partire dai più che evidenti contenuti delle intercettazioni ambientali in cui, Francesco piccolo e Pino Fontana concordano l’operazione della cessione di ramo d’azienda, proprio per collegare gli affari di Fontana, a quel tempo già interdetto, a una società che, proprio in base a quelle denunce furbette e all’attività antiracket, si era costruita una reputazione utile a mettere in salvo i quattrini e gli investimenti, non più presentabili, di Fontana.

La durezza della sentenza del Consiglio di Stato, pubblicata il 20 febbraio, si esplicita soprattutto nella trasmissione degli atti di questo procedimento alle prefetture che possono verificare se la Pi.Ca. Holding abbia ricevuto soldi, in base a questo suo falso schieramento nel novero delle aziende che avevano deciso di denunciare i camorristi, dal fondo per le vittime dei clan. Una verifica funzionale, scrivono i giudici, a verificare le condizioni per la restituzione di fondi eventualmente erogati.

 

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